ALDO MASULLO / SIAMO TUTTI ANIMALI, CI ACCOMUNA IL PATHOS

Il filosofo Aldo Masullo

Il filosofo Aldo Masullo

Provano emozioni e sensazioni i cosiddetti animali? Sono sensibili e soffrono, capiscono quello che succede intorno e ci capiscono cani, gatti e C.? Tanti studi ormai l’hanno provato in modo scientifico, redatti da atenei inglesi e statunitensi, passando anche per gruppi italiani di ricerca, come la Voce ha più volte documentato (tra le ultime produzioni di casa nostra E’ sempre Treblinka, studio interdisciplinare coordinato dall’Università Cà Foscari di Venezia).

Nel corso dell’Animal Day Napoli 2017 che si è svolto a fine gennaio al centro d’arte contemporanea PAN e dedicato al rapporto “Uomo-Animale”, uno dei maggiori filosofi italiani, Aldo Masullo, ha discusso sul tema. Ecco, di seguito, alcune riflessioni.

“Sotto il profilo scientifico siamo tutti animali. Perchè siamo tutti provvisti di anima. Un concetto che non ci divide, ma ci unisce. Fin dai classici greci e latini, dall’Odissea all’Eneide, scorre questo concetto e va anche oltre: un ramoscello spezzato perdeva sangue. L’anima è tutto. E’ un concetto proprio di ogni essere vivente”.

Ma è soprattutto uno il filo rosso che ci unisce. Una la parola che ci mette insieme: pathos. “Inteso non nella comune accezione di sofferenza – spiega Masullo – ma di sentire, avvertire, provare: quindi anche la gioia, come il dolore. Cosa fa il bambino che ancora non parla? Annusa, lecca, sente, cerca. Tra il cosiddetto uomo e il cosiddetto animale c’è quindi una perfetta, totale continuità: proprio nel senso della comune animalità, nel senso di avere un’anima che prova, avverte, sente”.

Continua il filosofo: “Quello che ci accomuna tutti è proprio il pathos. Che è anche capacità di provare il senso di ciò che abbiamo davanti, e quindi di reagire agli stimoli. Il vissuto viene trasmesso non con le parole, ma con il pathos, con la nostra interiorità. E proprio qui sta l’unità inscindibile tra di noi, tra tutti gli animali”.

Il percorso, però, a questo punto si interrompe. O meglio segue un altro percorso, secondo Masullo.  Il cosiddetto uomo passa a stadi evolutivi superiori; mentre quello stesso processo evolutivo per i suoi gemelli animali – nel sentire, nel provare pathos, quindi emozioni e sensazioni – si ferma, non progredisce. Cioè resta ad uno stadio iniziale, “come i bambini di tre o quattro anni, che ancora non riescono ad articolare parole”.

Secondo il filosofo, quindi, il cammino si interrompe per via della ‘parola’, propria solo dell’uomo. “E’ quel livello di complessità che gli altri animali non possono raggiungere, è una questione di carattere evolutivo. Perchè non vengono anatomicamente sviluppati gli organi della produzione e trasmissione della parola, come la bocca”.

“Ed è questa la prigione che chiude gli altri animali non umani, il non poter comunicare. Da qui si origina quel senso di ‘pietà’ per un vivente che è prigioniero di sé, del suo senso, senza la possibilità che tutto ciò si trasformi in significato, che si può ottenere solo con la parola”.

Bruno Fedi, co-fondatore del Movimento Antispecista

Bruno Fedi, co-fondatore del Movimento Antispecista

La mancanza del linguaggio comunicativo, dunque, è l’handicap dei nostri amici a quattro zampe, secondo Masullo. L’anello mancante per completare la catena evolutiva.

Obiettano a questo proposito gli ‘animalisti’ e in particolare il Movimento Antispecista: “il ragionamento evolutivo non funziona. Non esiste una specie, quella evoluta dell’uomo e quella non sufficientemente evoluta degli altri viventi. Siamo una sola, unica specie di esseri viventi, ognuno perfetto nella sua semplice esistenza”.

E aggiungono: “quella che parla di processi evolutivi è la solita visione antropocentrica. Solo l’uomo è perfetto, perchè è fatto in questo modo e parla. Il che ovviamente gli conferisce il Potere, ovviamente di decidere il destino anche di chi non può protestare, non si può difendere e quindi può essere tranquillamente ucciso, squartato, macellato e consumato”.

La perfezione, in sostanza, non è parametrabile a quella del cosiddetto ‘uomo’, dotato (purtroppo, molto spesso) anche di parola. Ma solo all’essere, all’esistere.

Del resto, la crudeltà ‘umana’, spesso e volentieri gratuita, immotivata, o motivata solo dal profitto, dal guadagno, non è comune – fino ad oggi – agli altri viventi, che possono arrivare a ‘sbranarsi’ unicamente per necessità, come la fame.

Tra quanti secoli potremo noi uomini evoluti e parlanti colmare un così colossale gap?


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