Alfredo Romeo è un noto imprenditore napoletano molto attivo nel settore degli appalti pubblici con particolare riguardo a quelli che attengono alla pulizia di pubblici edifici tra i quali si annoverano diversi “palazzi di Giustizia”, ivi compresa la Corte di Cassazione.
Il nome di Romeo – cui viene attribuito anche il titolo di avvocato (per essere, evidentemente, iscritto all’albo forense, anche se non si hanno precise notizie di cause dallo stesso patrocinate) – ricorre spesso in procedimenti innanzi alla Giustizia amministrativa relativi a gare di appalto che lo hanno visto più volte vincitore innanzi al Consiglio di Stato dopo che, in alcuni casi, era stato perdente innanzi ai TAR.
Recentemente, la stampa ha dato notizia che la Procura della Repubblica di Napoli ha aperto, a carico di Romeo, una indagine per corruzione relativa ad appalti Consip (Centrale acquisti per circa 7 miliardi di servizi destinati alla Pubblica Amministrazione). L’inchiesta vede indagati, per rivelazione di segreto investigativo e favoreggiamento il comandante generale dell’arma dei Carabinieri Tullio Del Sette e il neo ministro Luca Lotti. La posizione di questi ultimi è stata stralciata e gli atti relativi inviati per competenza territoriale alla Procura di Roma che ha autorizzato, seduta stante, la presentazione spontanea dei due illustri indagati per rendere, nonostante le festività natalizie, le proprie discolpe.
È stata poi aperta, sempre dalla Procura della Repubblica di Napoli, una seconda indagine, sempre a carico del Romeo, per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo camorristico in relazione all’appalto di pulizia dell’ospedale Cardarelli di Napoli.
Tali inchieste richiamano alla mente pregresse vicende giudiziarie nelle quali Romeo è stato imputato dei reati di corruzione, turbativa d’asta, concorso in rivelazione di segreto e associazione a delinquere venendo, poi, assolto perché il fatto non sussiste.
Di particolare interesse, sia sotto il profilo giuridico che fattuale, è la decisione con la quale nel 2014 la VI Sezione Penale della Cassazione assolveva Romeo perché “Il fatto non sussiste”, annullando senza rinvio la sentenza della Corte di Appello di Napoli che lo aveva condannato a tre anni di reclusione (aumentando la pena inflitta in primo grado). Uno degli episodi di corruzione contestato a Romeo, in concorso con un ex provveditore alle opere pubbliche, (al momento dei fatti distaccato al Ministero), riguardava la compilazione abusiva da parte di quest’ultimo del prezzario applicabile nelle procedure di appalto di servizi, firmato, poi, dal funzionario dell’ufficio competente. La Corte di Appello riteneva la responsabilità dei due imputati richiamando un principio enunciato nel 2006 dalla Cassazione secondo cui “nel delitto di corruzione, che è a concorso necessario ed ha una struttura bilaterale, è ben possibile il concorso eventuale di terzi, sia nel caso in cui il contributo si realizza nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all’uno o all’altro dei concorrenti necessari, sia nell’ipotesi in cui si risolva in un’attività di intermediazione finalizzata a realizzare il collegamento tra gli autori necessari”.
La Corte ha, però, ritenuto non applicabile il principio al caso in esame rilevando che “se, secondo quanto espresso nelle sentenze di merito, l’atto era stato materialmente redatto dall’ex provveditore e reso giuridicamente rilevante con la firma apposta, quale ‘longa manus’, dal funzionario competente cui l’atto era stato veicolato da un intermediario, è più che evidente che tale modalità operativa non consentiva di identificare nell’ex provveditore il pubblico ufficiale agente nell’esercizio delle sue funzioni, come rilevato proprio dal ricorso alla firma del funzionario competente”. Ha rilevato ancora la Corte che all’autore materiale del fatto che emise il provvedimento oggetto di pattuizione illecita e all’intermediario non era stato contestato il delitto di corruzione ma “si era proceduto nei loro confronti solo per i reati di violazione di segreto d’ufficio e turbativa d’asta. In tale condizione doveva concludersi che l’azione penale per il reato di cui all’art. 319 c. p. non risultava essere mai stata esercitata nei confronti del concorrente necessario ….. sì che doveva escludersi la sussistenza del reato contestato”.
Appare così evidente che la Corte, nell’assolvere Romeo dal reato in questione con la formula “il fatto non sussiste”, ha ritenuto far riferimento al “fatto” inteso in senso giuridico. Ha stabilito, cioè, che, nel caso in esame, non fosse configurabile la fattispecie legale della corruzione che “è reato proprio funzionale, che deve essere consumato, quale concorrente necessario, dal titolare del potere ad emettere l’atto che si assume frutto dell’azione corruttiva”.
Così escluso in diritto il reato, la Corte ha ritenuto, comunque, sussistente il “fatto” inteso in senso materiale potendosi leggere nella sentenza: “I molteplici rilievi di contraddittorietà della motivazione e violazione di legge eccepiti dalle difese, tendenti a contrastare le sussistenza del fatto, inteso come favoritismo specifico riconosciuto dall’ex provveditore nei confronti di Romeo, a cui si è affiancata la richiesta di corrispettivi, risultano smentiti dalle cronologie degli eventi, per come riportati nelle due sentenze conformi di condanna. L’ex provveditore viene richiesto una prima volta di un parere, e lo espresse nel luglio del 2007 richiamando il prezzario del 1990, su cui si sarebbe dovuta operare una successiva falcidia percentuale. Successivamente è stato accertato tutto il disappunto di Romeo al riguardo, ed è stata verificata l’attivazione degli intermediari che raggiungono l’ex provveditore, il quale a sua volta è anche a diretto contatto con Romeo, fino ad arrivare nell’autunno all’emissione di un prezzario opposto, da parte di un funzionario dell’ufficio competente, che adegua i valori economici dal medesimo atto a quelli dell’anno in corso. La strumentalità del provvedimento è conclamata: dalla sequenza dei contatti; dal completo stravolgimento del contenuto dell’atto, privo di motivazione tecnica; dall’attribuzione del potere di intervenire, da parte di un organo esterno al provveditorato, quale era nelle more divenuto I’ex provveditore, ad un funzionario di quell’ufficio, diverso dall’organo di vertice che si era espresso in precedenza, e che era mutato nella sua rappresentanza fisica; dalla compilazione dell’atto da parte di tale funzionario sotto dettatura dell’ex provveditore, come è reso evidente dalle conversazioni Intercettate, di cui si è dato conto nelle sentenze, conversazioni che registrano contestualmente sia l’apprezzamento di Romeo per quanto fatto, che le correlate sollecitazioni da parte dell’ex provveditore di vari favori”.
Ma non basta: la Corte ipotizza nella specie il reato di traffico di influenza non applicabile, però, per il principio della irretroattività della legge penale.
La motivazione suddetta consente, quindi – ferma restando la decisione assolutoria – di comprendere a pieno l’effettivo svolgimento dei fatti oggetto del processo.
* già Presidente Sezione Penale Corte di Cassazione
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