SANGUE INFETTO / ORA L’ESPRESSO SI ACCORGE DELLA STRAGE. MA DIMENTICA I RENZI BOYS

“Vergogna infetta” titola cubitale l’Espresso natalizio. Vergogna mediatica, per la granitica cortina di silenzio & omertà di giornali e tivvù sulla strage per il sangue infetto, con un processo letteralmente ignorato dai mezzi di disinformazione di casa nostra, vere lupare bianche contro i cittadini privati di fatti e notizie.

Rompono il silenzio, adesso, le cinque pagine del settimanale. Alla camomilla. Tanto per cloroformizzare meglio il popolo bue che caso mai – a conoscenza di nomi e responsabili di quella mattanza che ha fatto quasi 3000 vittime innocenti – potrebbe incazzarsi. Meglio, invece, scordarsi ‘o passato o far finta di ricordarlo.

L'articolo dell'Espresso. In apertura Andrea Marcucci

L’articolo dell’Espresso. In apertura Andrea Marcucci

Al centro della storia la strage per il sangue infetto che ha seminato e semina ancora morte oggi, quegli emoderivati killer allegramente iniettati nelle vene di ignari pazienti senza alcun controllo, almeno fino al 1991, dalle industrie che hanno costruito le loro fortune su quel sangue e quelle morti. Una storia che la Voce ha raccontato, fin da quel lontano, remotissimo nel tempo, 1977, e la prima inchiesta sui traffici di sangue, al centro le aziende del gruppo Marcucci, sempre più leader, nel corso degli anni, della commercializzazione di emoderivati. E con un Andrea Marcucci sempre più leader tra gli scranni parlamentari: nel 1991 sotto i vessilli del Pli del grande amico di una vita, Sua Sanità Francesco De Lorenzo, e oggi sotto quelli del PD targato Renzi a palazzo Madama: inventore del “canguro” per la Cirinnà, Marcucci è presidente della commissione Cultura. Povera Italia…

E soprattutto povericristi tutti quelli che, nel Belpaese ormai sprofondato negli abissi del renzismo berlusconiano (e negli odierni cascami della Poletti & Minnitti band, per fare solo due nomi) sperano ancora in uno straccio di giustizia. Come i tanti familiari e parenti dei morti per sangue infetto. Uccisi due volte: per il massacro prima e la mancata giustizia poi, compreso il calvario dei risarcimenti negati oppure mai pagati, o le via crucis per il costo proibitivo dei farmaci nel caso dei superstiti.

L’ultimo barlume di speranza è affidato adesso ad un’aula del tribunale di Napoli, dove a metà aprile è cominciato il processo, dopo oltre quindici anni dalla prima udienza di Trento. Anni di spostamenti, smistamenti, rinvii, lungaggini, tutto fa brodo per andare versa la solita prescrizione killer. E – vero drappello di anime perse firmate Gogol o se preferite sagome disperse nel deserti di Buzzati – ora sono appena in nove all’appello: tante, infatti, le parti civili rappresentate al palazzo di giustizia (sic) partenopeo.

Pensate che un giornalista, uno solo, abbia mai assistito ad un’udienza del processo? Niente. Silenzio. Tutti allineati e coperti nell’omertà informativa. Ora l’Espresso fa una cronistoria della mattanza, cifre e numeri di quell’epidemia che passa da dolosa a colposa, poi a omicidio plurimo doloso e poi colposo.

Ma pensate che emerga qualche nome? Qualche responsabile? La traccia che porta al perchè? Niente. E nessun cenno all’andamento “reale” del processo. Alla testimonianza base, fino ad ora, quella del super ematologo Piermannuccio Mannucci, in palese conflitto d’interessi perchè già consulente di Kedrion – l’odierna corazzata di casa Marcucci – e super gettonato relatore ai simposi nazionali e internazionali organizzati dalla stessa azienda leader nel trade degli emoderivati.

Facile sbattere, come fa l’Espresso, un Duilio Poggiolini, il novantaduenne ex Mida della Sanità, in apertura d’inchiesta (sic), con tanto di occhialoni da boss: e non far cenno al suo allora “datore di lavoro” De Lorenzo, e agli amici per la pelle, appunto i Marcucci. Che mesi fa hanno sottoscritto un accordo arci milionario con il colosso della farmaceutica di Stato russa: con un abbraccio finale tra zar Putin e re (per ora rispedito al mittente dagli italiani) Matteo.

A metà gennaio la prossima udienza per il processo di Napoli. Si riuscirà mai a dimostrare – come auspicano i legali della parti civili – il “nesso causale” tra infusioni di emoderivati killer e insorgenza delle patologie letali? E a scoprire – nelle vecchie cartelle cliniche – il nome delle aziende che avevano messo sul mercato quel prodotto assassino? Staremo a vedere.


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