Mentre va in onda la tragica sceneggiata dell’operazione da 5 miliardi di raccolta al capezzale del Monte dei Paschi di Siena, il governo corre con le scialuppe di salvataggio e un bastimento carico di 20 miliardi per alleviare le “sofferenze” (sic) non solo dell’agonizzante Mps, ma anche di altri istituti in stato comatoso, come Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Carige e quelli che sicuramente batteranno a danari.
Intanto Elio Lannutti, il presidente della battagliera Adusbef, la sigla nata a tutela dei risparmiatori, è sul piede di guerra. In prima linea al processo in corso a Milano a carico di 16 imputati coinvolti negli scandali dei derivati affibbiati dai vertici di Mps agli ignari consumatori e per il quale – incredibilmente – hanno chiesto di costituirsi parte civile Bankitalia e Consob, ossia i complici di quelle truffe o, quanto meno, coloro i quali avrebbero dovuto vigilare e sanzionare e invece hanno chiuso gli occhi. Fa di più, Adusbef, perchè in giudizio esibisce un documento “storico”, che dimostra la complicità dell’allora numero uno proprio di Bankitalia, Mario Draghi, poi passato ai fasti di Bce, e vero padre di tutte le sciagure per i risparmiatori e piccoli azionisti Mps, il folle acquisto di Antonveneta. “Ottima e abbondante”, quella operazione, per i padroni del vapore, a cominciare dall’ex vertice della banca senese, Giuseppe Mussari, che ebbe il modo di dare la scalata alla poltrona di presidente dell’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana.
Intanto, al tribunale di Siena si sta recitando il copione di un’altra sceneggiata, ancor più tragica, quella che del “suicidio” di Davide Rossi, il responsabile delle comunicazioni della più antica banca del mondo “caduto” dal sesto piano di palazzo Salimbeni – guarda caso – proprio il giorno prima della verbalizzazione bollente che avrebbe dovuto rendere davanti ai pm, il 7 marzo 2013. Pochi giorni fa una perizia – altrettanto incredibilmente – parla di “probabile suicidio” e si contraddice più volte. Il giallo nel giallo.
Ma riavvolgiamo l’intricato nastro. E partiamo dal j’accuse di Elio Lannutti, il cui focus è soprattutto sulle responsabilità di Mario Draghi, l’uomo che autorizzò il suicidio – stavolta reale – di Monte Paschi e che oggi nega venti giorni di tempo per l’aumento di capitale ed evitare bail in o salvataggi taroccati.
ASSALTO ALLE CASSE DEL MONTE, MILIARDO PER MILIARDO
Ecco il j’accuse di Lannutti, punto per punto.
“Nell’udienza al Tribunale di Milano sullo scandalo MPS, a carico di 16 imputati, tra i quali gli ex vertici della più antica banca, Deutsche Bank Ag, la sua filiale di Londra e Nomura International Pl, il legale di Adusbef Pier Filippo Centonze (che si opporrà alla richiesta di parte civile di Bankitalia e Consob, perché sapevano quando autorizzarono l’acquisto di Antonveneta, che l’operazione sarebbe stata un bagno di sangue, in aperta violazione dei criteri prudenziali nella gestione del credito e del risparmio), ha appena chiesto di acquisire l’originale della delibera numero 154 del 17 marzo 2008 depositata in copia con la quale il governatore pro tempore autorizzò l’acquisto.
La Banca Centrale Europea presieduta da Mario Draghi ha appena negato la proroga richiesta da Mps di posticipare di 20 giorni l’aumento di capitale: “Con lo slittamento, ci sono rischi di sopravvivenza della banca”, la motivazione della Bce.
Il Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca che per 544 anni aveva resistito a carestie, pestilenze, invasioni barbariche, tsunami, terremoti, non è riuscita a sopravvivere alla gestione scellerata di Giuseppe Mussari, presidente dell’ABI e del Monte, banchiere di riferimento del PD che a Siena ha sempre governato, ed alla Banca d’Italia.
Tutti i guai del Monte dei Paschi di Siena, il dramma di risparmiatori, lavoratori e di una intera città, funestata nella notte tra il 6 ed il 7 marzo 2013 dell’omicidio spacciato per ‘suicidio’ di Davide Rossi, capo della Comunicazione, risalgono ad una delibera finora inedita, la numero 154 del 17 marzo 2008, firmata dal Governatore di Bankitalia con oggetto: ‘Banca Monte dei Paschi di Siena. Acquisizione della partecipazione di controllo nella Banca Popolare Antoniana Veneta’. Una ‘pistola fumante’ di Bankitalia firmata Mario Draghi, puntata sul Monte dei Paschi di Siena, che non aveva i mezzi necessari per assecondare il delirio di onnipotenza di un modesto banchiere, promosso dalle ottime relazioni di potere politico economico del groviglio armonioso di Siena alla presidenza dell’Abi, potente associazione dei banchieri.
Le evidenti responsabilità sul crac MPS discendono da questa lettera firmata il 17.3.2008 da Draghi, con Giuseppe Mussari (dirigente e referente del PD), potente presidente Abi ed MPS, che autorizzava l’acquisto di Antonveneta a debito per 9 miliardi di euro, da Banca Santander di Emil Botin, acquisita qualche mese prima per la somma di circa 6,6 miliardi di euro.
Mario Draghi autorizzò l’acquisto a debito, con: ‘aumento di capitale di 6 miliardi di euro e l’emissione di strumenti ibridi e subordinati per complessivi 2 miliardi di euro ed un finanziamento ponte per 1,95 miliardi da rimborsare anche mediante la cessione di assets non strategici’, nonostante sapesse che l’intera operazione fosse ad altissimo rischio, dopo lo scoppio della bolla dei sub prime nell’agosto 2007 negli Stati Uniti, che aveva contagiato i mercati globalizzati.
Perché Bankitalia e Draghi favorirono quella rischiosa operazione, nonostante conoscessero dalle ispezioni che MPS non aveva i conti in ordine dopo l’acquisto di Banca 121 (ex Banca del Salento) ad un prezzo proibitivo, lo scandalo di May Way e For You, prodotti finanziari a rischio spacciati per piani previdenziali con iscrizione nella centrale rischi di Bankitalia a 160.000 famiglie, ed il vento di crisi finanziaria che dagli Stati Uniti soffiava sull’Italia provocando il 14 settembre 2008 una delle più gravi crisi sistemiche della storia con il fallimento della banca americana Lehman Brothers le cui obbligazioni tossiche, vendute per sicure, erano ricomprese nel paniere ‘basso rischio – basso rendimento’ del consorzio Abi ‘Patti Chiari’ ?”. Continua il minuzioso atto d’accusa di Lannutti.
“Draghi, l’ex direttore generale del Tesoro ed ex responsabile per l’Europa di Goldman Sachs, la potente banca dalle porte
girevoli con i capi di governo e ministri economici di mezzo mondo, non era uno sprovveduto, ma oltre che Governatore di Bankitalia, un costoso carrozzone con 7.000 dipendenti, che avrebbe il compito di studiare i cicli economici per prevenire crisi e collasso finanziario sistemico, iniziato nell’agosto del 2007 con la crisi dei sub-prime, era presidente del Financial Stability Forum, un organismo internazionale nato nel 1999 su iniziativa dei Ministri finanziari e dei Governatori delle Banche centrali del G7, per promuovere la stabilità finanziaria internazionale e ridurre i rischi del sistema finanziario grazie allo scambio di informazioni e alla cooperazione tra le istituzioni finanziarie mondiali. Draghi autorizzò quella rischiosissima operazione con Antonveneta, forse per non pregiudicare gli appoggi politici del PD e di ambienti di Forza Italia (allora al governo) tutti legati al Monte Paschi nel groviglio armonioso del ‘sistema Siena’, che avrebbero potuto ostacolare le proprie ambizioni alla presidenza della BCE ?
Non è dato saperlo. Ciò che è invece una certezza, è il disastro di quella fusione scellerata, che ha destabilizzato la banca, il futuro del risparmio e di centinaia di migliaia di famiglie, espropriate e saccheggiate con il concorso di Bankitalia, guidate da noti banchieri di affari che hanno addirittura agitato il ricatto del Referendum Costituzionale, qualora avesse prevalso il no alla riforma JP-Renzi.
Come Marco Morelli, il rappresentante di JPMorgan, nominato a capo della più antica banca dopo che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva destituito con una telefonata Fabrizio Viola. Un Morelli che continua a giocare sulla pelle di correntisti, risparmiatori e lavoratori, evocando: ‘il cambiamento del quadro politico istituzionale post 4 dicembre, che ha di fatto reso impossibile rendere vincolanti le manifestazioni di interesse che avevamo ricevuto’, riferendosi agli investitori che si erano detti interessati a partecipare all’operazione da 5 miliardi per il rafforzamento patrimoniale della banca.
Il governo aveva finora assecondato le illusioni di JPMorgan e di Marco Morelli, per evitare la nazionalizzazione dell’istituto, sull’idea della riapertura dell’offerta di scambio tra bond subordinati e azioni per quei sottoscrittori che a novembre erano stati esclusi dalla Consob per incompatibilità del profilo di rischio, in deroga alle normative Mifid per addossare ancora una volta al ‘parco buoi’ rischi inaccettabili.
Il risanamento privato, ostinatamente perseguito dai vertici Mps, nominati dal governo Renzi in ossequio ai desiderata di JP Morgan, non sembra dovuto alla salvaguardia di correntisti, risparmiatori, lavoratori che corrono gravissimi rischi, ma alla notevole commissione deliberata per l’operazione, pari a 448 milioni di euro, per una banca che in borsa vale poco più di 500 milioni di euro dopo essere stata spolpata e saccheggiata con aumenti di capitale e distruzione di valore pari a circa 32 miliardi di euro negli ultimi 10 anni”.
Fornisce una serie di cifre e dati da brivido, Lannutti. “Al 31 dicembre 2005, infatti, la capitalizzazione in borsa di MPS era pari a 12 miliardi di euro, contro poco più di 500 milioni di oggi, dopo aver rastrellato risorse, compreso il pubblico risparmio, tramite aumenti di capitale per oltre 20,5 miliardi di euro e finanziare la disastrosa acquisizione di Banca Antonveneta, costata 9 miliardi di euro nominali (17,1 miliardi il conto finale), autorizzata dall’ex governatore di Bankitalia Mario Draghi, oggi presidente Bce, con operazioni tutte a debito anche tramite strumenti ibridi e bond subordinati, da appioppare al pubblico indistinto.
Aumenti di capitale MPS: 5,0 miliardi di euro nel 2008; 3,0 miliardi di euro nel 2009; 2,0 miliardi di euro nel 2011; 2,5 miliardi di euro nel 2012; 5,0 miliardi di euro nel 2014; 3,0 miliardi di euro nel 2015. Totale 20,5 miliardi di euro.
Se sommiamo 12 miliardi di euro (la capitalizzazione di borsa al 31.12.2005) e 0,500 milioni di euro circa, la odierna capitalizzazione, arriviamo ad una distruzione di valore per circa 32 miliardi di euro nel decennio”.
Conclude Lannutti. “Non è più consentibile che i manager MPS ed i nuovi ‘banchieri’, come Marco Morelli, coadiuvato da Vittorio Grilli, ex direttore generale del Tesoro ed ex ministro dell’Economia (Governo Monti), fiduciario per l’Europa di JPMorgan, con il concorso esterno di Bankitalia e Consob, possano continuare a distruggere il risparmio degli italiani e la più antica banca, che aveva resistito a carestie, guerre, pestilenze ed invasioni per 544 di vita, utilizzando i risparmiatori come cavie del bail-in, un esproprio criminale del risparmio, che ha già ridotto sul lastrico 130.000 famiglie di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, CariFerrara, con oltre 19,7 miliardi azzerati a 210 mila famiglie di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, addossando loro la direttiva europee del BRRD e del burden sharing.
Quasi 20 milioni di italiani, con il NO al referendum del 4 dicembre 2016, oltre a difendere la Costituzione, hanno riaffermato che il risparmio difeso dall’articolo 47 è sacro ed inviolabile. Adusbef continuerà a difenderlo, in tutte le sedi consentite dalla legge prevista da uno Stato di diritto.
QUELL’UOMO NON DOVEVA PARLARE
Così Lannutti. Passiamo ora al delitto perfetto. O quasi. Quello di Davide Rossi, l’uomo che con le sue verbalizzazioni avrebbe potuto far saltare il banco e alzare il sipario su quel “Groviglio armonioso” che ormai dettava legge nell’istituto più antico del mondo, una miscela esplosiva di politica, massoneria & affari. Ci manca solo la presenza delle mafie: ma non è mai troppo tardi, con la massa di danari gestiti e riciclati sui quali sarà bene che la magistratura si decida a far luce.
E partiamo dalle ultime, ossia dai risultati della perizia ordinata dalla procura di Siena e noti solo da pochi giorni. Così sintetizza un sito: “Un suicidio, probabilmente. Eppure in quelle duecento pagine scritte dai periti della procura affiorano molte incertezze che in alcuni punti sembrano addirittura contraddizioni, almeno secondo le prime indiscrezioni. Perchè se è vero che nella conclusione della perizia si parla di probabile ‘uscita volontaria dalla finestra’ della vittima (forse intenzionata a prendere una boccata d’aria, ndr) e dunque di suicidio, in altre pagine si descrivono alcune ferite trovate sul corpo di Rossi non compatibili con una colluttazione avvenuta prima della caduta mortale”.
E poi: “Le conclusioni dei periti (l’anatomopatologa Cristina Cattaneo e il colonnello del Ris Davide Zavattaro, ndr), come ha confermato l’avvocato Luca Goracci, legale della vedova Rossi, sposano l’ipotesi di un gesto volontario ‘perchè non c’è conferma che nell’ufficio della vittima ci fossero altre persone’. Nella relazione, inoltre, si parlerebbe di alcuni elementi (lo zoccolo di legno vicino alla finestra calpestato, deformazioni nelle molle della finestra, calcoli effettuati sulla caduta del corpo) compatibili con l’ipotesi di un atto volontario e non di un delitto. In altre pagine, però, i periti scrivono che alcune lesioni rinvenute sul cadavere non sono giustificate e potrebbero far pensare a un intervento da parte di terzi (ad esempio una colluttazione). Adesso sarà la procura che, sentite le parti, deciderà se archiviare o procedere nelle indagini”.
Ad un anno esatto dalla tragica morte di Rossi (marzo 2014) e proprio all’indomani della prima, incredibile (l’ennesimo “incredibile” in questo maxi ‘Groviglio armonioso’) richiesta di archiviazione avanzata dal pm Aldo Natalini e all’indomani, guarda caso, della ascesa a Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia di Stefano Bisi, il massone giornalista che conosceva molto bene David Rossi, la Voce scriveva una cover story (“Rossi e il Groviglio armonioso”), puntando i riflettori su errori & omissioni di quella procura. E in successivi articoli sottolineava il contenuto di ben tre perizie effettuate da esperti per conto della famiglia Rossi. Una grafologica, tesa a dimostrare la “coazione” della grafia che aveva firmato i tre messaggi lasciati dall’aspirante suicida; una medica, per evidenziare le numerose ferite che lo stesso aspirante non può essersi autoinflitto, ma evidente frutto di una colluttazione; e la terza dinamica, per dimostrare l’incompatibilità della traiettoria di caduta del corpo con un volo kamikaze, bensì frutto di una spintarella.
Ora la super perizia, che non chiarisce niente di quanto sollevato dalle tre precedenti, non fa luce sul mistero delle telefonate partite dal cellulare di un cadavere, né di quelle arrivate al cellulare del fresco defunto, né sulle presenze degli individui che, come allegri turisti, dopo qualche minuto vagavano intorno alla salma. Buio che più fitto non si può sul filmato della videosorveglianza. Per far cenno solo ad alcuni tra i cento interrogativi rimasti – sempre incredibilmente – senza risposta.
Commenta l’avvocato Paolo Pirani, che da alcuni mesi ha affianco Goracci nella difesa della famiglia Rossi: “Molti approfondimenti andavano fatti all’epoca e non dopo tre anni e mezzo. Il grande rammarico è che si sono perse per strada delle prove potenzialmente determinanti. Ma la nostra indagine continua su vari fronti e mi auguro che la stessa cosa faccia anche la procura. L’indagine non è solo tecnica ma anche fondata sull’acquisizione di informazioni di persone informate sui fatti. Mi chiedo: come è possibile che non si abbia un elenco delle persone che quella sera sono entrate e uscite dalla sede principale di Mps?”.
Una sequela di misteri che Pirani elenca, da brividi. Dal giallo dell’orologio a quello del cellulare, per fare solo due esempi. Sul primo: “la posizione dell’orologio non trova spiegazione da un punto di vista tecnico, lo capirebbe anche un profano guardando il video. Rossi lo portava al polso sinistro ma lo stesso lo troviamo al suolo ad un metro e mezzo a destra nella parte alta. Si tratta di una posizione difficilmente spiegabile da un punto di vista crimino-dinamico”. Sul secondo: “possiamo contare su dei dati che ci vengono forniti dalla Guardia di finanza sotto forma di elaborati in Excel dei tabulati telefonici. Abbiamo inoltrato una specifica richiesta per i tabulati originali per avere indicazione delle celle. Quello che emerge è che dopo le 20, quando David era già a terra, sarebbe partita in uscita una chiamata dal suo telefono. Sicuramente è importante capire verso quale numero ma mi sembra ancora più importante sottolineare il fatto che qualcuno ha usato, rispondendo per tre secondi, il cellulare di David mentre lui era a terra, e circa 40 minuti prima del primo avvistamento ufficiale del suo corpo. Inoltre, risulta anche una risposta di tre secondi sempre quando David giaceva a terra”.
Per la procura di Siena, con ogni probabilità, i fantasmi fanno uso dei cellulari.
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La lettera di Mario Draghi
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2 pensieri riguardo “MONTE PASCHI DI SIENA / QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO TRA AFFARI & DELITTI”
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Buonasera,ho fatto la traduzione in greco della prima parte vostro articolo il vostro articolo, se si vuole ho la copia da sperdirvi