Mi sono chiesto, ma l’America e per via non completamente indiretta il mondo, meritano l’impresentabile Trump o una chiacchierata Hillary per la successione a Barak Obama? Mi sono risposto. Proprio no, non lo meritano. Ad aprire i rispettivi armadi, salterebbero fuori mucchi di ragioni per la loro ineleggibilità alla guida del Paese che domina l’economia, cioè la vita, di miliardi di uomini dei cinque continenti. Solo l’ingenua e in parte interessata ignoranza politica degli Stati Uniti, monopolizzata dal dio denaro che occupa la maggior quota di attenzione del suo popolo, può affidare al truce repubblicano o alla incompiuta Clinton le redini dell’America. Il racconto del duello in corso che ha contagiato in enfasi il sistema dei media, è unanime: confronto teso, insulti reciproci, senza esclusione di colpi, hanno movimentato il faccia a faccia televisivo, seguito (ma con quale profitto?) dalla cifra record di 17 milioni di spettatori. “Menti”, ha urlato Trump alla rivale “Hai coperto gli scandali sessuali di tuo marito”. “E’ ignobile sessismo il tuo disprezzo per le donne” replica Hillary e si avanti così, fino al duello propriamente politico che gli osservatori ritengono vinto dalla Clinton, per ignoranza del rivale. L’incredibile, di questa strana America, è nel seguito che il disgustoso tycoon continua a detenere, mentre lo stesso establisment repubblicano prende le distanze, anzi sancisce l’abiura del proprio candidato alle presidenziali. Viva l’America.
Sindaco e senatore, questo il dilemma
Sono aperte le votazioni per l’elezione del sindaco della città metropolitana e forse ha ragione Zagrebelski, se vincesse il sì al referendum sulle riforme costituzionali, non sarebbe verosimile che i primi cittadini designati possano soddisfare completamente il mandato primario e di esponente del neo senato. Immortalata dai fotografi ai quali mostra sempre un volto sorridente (che avrà mai per essere lieta?) la sindaca di Roma ha fatto il suo dovere di elettrice, ma come? Abbigliata con una maglietta che in petto ha il logo del Movimento 5Stelle. Come tutti sanno, nei seggi è vietato fare propaganda elettorale: come la mettiamo signora sindaca?
I perché del “Sì” e del “No”
Senza entrare nel merito del referendum, chi sono i paladini politici del “no” e del “sì”? Presto detto. Lo condannano senza attenuanti i defenestrati del Pd, l’ex segretario Bersani, l’invelenito D’Alema, aspirante deluso al ruolo europeo assegnato alla Mogherini, il governatore della Puglia Emiliano, emulo di Vendola, leader di Sel contrario alle riforne. A favore delle i fedelissimi di Renzi, in pole position la ministra Boschi, Matteo Orfini, portavoce dell’attacco all’ex sindaco Ignazio Marino, ora assolto, e Zingaretti, governatore in quota premier. La verità? Nel gioco al massacro tra fazioni dem il ruolo del referendum è del tutto marginale. In palio, per ora sommersa o appena con la testa fuori dell’acqua, c’è la lotta al potere nel Pd, la doppia poltrona di Renzi, (Nazzareno e prossima presidenza del consiglio). Nel merito della riforma? Poche, scarne, per nulla convincenti perorazioni, fragili sostegni al sì e al no, quasi un invito a disertare il voto. In scena anche la farsesca battaglia a colpi di Nobel e Oscar tar comici di professione e intellettuali su opposte sponde. Anatemi della destra per la dichiarazione d’intenti manifestata da Benigni (sì”) e a rimorchio il fermo no di Dario Fo. Che sia la stagione dei comici, Beppe Grillo in testa? Quasi lo merita questa Italia del gossip, dei pomeriggi televisivi di Ra1 che assume la dimensione di aula del tribunale, il ruolo di pubblico ministero, di succursale del serale “Chi l’ha visto?”, l’Italia di corrotti e corruttori, dei mestieranti della politica, della capitale nelle mani di una sprovveduta sindaca, di equilibristi che barcollano sul filo sospeso della crisi (c’è? non c’è?), degli avvitati alle poltrone di andreottiana memoria, dei pubblici ministeri che condannano, smentiti dalle sentenze, di un papa inviso alla casta cardinalizia, del megalomane Ponte sullo Stretto e dei treni ancora a gasolio, di un vertice della destra leghista alla Trump (leggi Salvini), di paesi che il terremoto sgretola, rivelando la fragilità di muri di sabbia?
Nella foto Dario Fo e Roberto Benigni. In apertura Hillary Clinton e Donald Trump
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