Grossa attesa, in casa Unipol, per le prossime novità dalla procura di Torino: sta infatti per arrivare la decisione sull’inchiesta che coinvolge il numero uno del gruppo, Carlo Cimbri, indagato nell’affaire che portò alla fusione con il gruppo Ligresti, compresa la compagnia d’assicurazione Sai. Sarà archiviazione o rinvio a giudizio? Intanto, la corazzata Unipol procede nel suo cammino a vele spiegate, anche nel mondo bancario, in attesa di assestare il colpo: “ci facciamo una banca”, era il gingle d’incitamento griffato Fassino ai tempi delle scalate allora non andate in porto. E tra gli obiettivi dell’ambiziosa gestione Cimbri c’è proprio quella di “entrare a far parte di un gruppo creditizio più grande”, come ha preannunciato agli estasiati ‘compagni’ nel corso dell’assemblea di agosto. Intanto anche “madre Lega”, l’universo cooperativo ormai ex rosso e ora mescolato con le un tempo odiate coop bianche di nonna Dc, moltiplicano affari & legami. Ma procediamo con ordine e partiamo da Torino.
Così scrive, lo scorso19 luglio, l’Adn Kronos: “Carlo Cimbri dovrà aspettare ancora per conoscere il suo destino giudiziario: la decisione è attesa ‘non prima di settembre’. L’amministratore delegato di UnipolSai è indagato per aggiotaggio nell’inchiesta che vede al centro la fusione tra il gruppo assicurativo bolognese e la galassia legata alla famiglia Ligresti, a processo a Torino nel filone principale dell’indagine: la sentenza per Salvatore Ligresti e la figlia Jonella, oltre che per altri imputati, è attesa per il prossimo 11 ottobre. La procura del capoluogo piemontese – continua il report – non ha ancora deciso se archiviare la posizione di Cimbri oppure optare per la richiesta di rinvio a giudizio”.
CONSULENZE STRATEGICHE
Una decisione non facile, quella del pm Marco Gianoglio, basata soprattutto su alcune consulenze in grado di far luce su quel matrimonio dai risvolti non poco misteriosi, comunque capace di evitare ancor più drammatiche conseguenze per la dinasty dei Ligresti e di far compiere un indubbio salto se non di qualità almeno di quantità (per via dei pingui portafogli assicurativi gestiti da Sai) alla compagnia ex rossa, un tempo cenerentola al salotto dei capitalisti in polizza.
Spiegava il nodo consulenze il report di fine luglio: “riguardano i valori di concambio delle azioni delle società coinvolte, cioè il controvalore dell’operazione al momento della fusione. Alterazioni che avrebbero avuto effetti sul ‘peso’ degli azionisti della nuova società. L’ipotesi è che il mercato abbia ricevuto informazioni manipolate a vantaggio di Unipol, ma su questo tema centrale si attende la conclusione delle consulenze chieste dai magistrati agli esperti”.
Nel corso dell’inchiesta gli inquirenti hanno ascoltato diversi testimoni ‘eccellenti’, la crema del sistema bancario: tra gli altri l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel, grande amico di Cimbri e suo estimatore, tanto che l’avrebbe voluto sulla poltrona di numero uno di Unicredit occupata fino a qualche mese fa da Federico Ghizzoni, un altro dei testi sentiti; poi l’ex vertice di Banca Leonardo, Gerardo Braggiotti, che all’epoca era il più ascoltato tra i consulenti di casa Ligresti; e soprattutto il presidente della Consob Giuseppe Vegas. Perché proprio nel quartier generale della Consob si tenne, a gennaio2012, uno strategico summit sui destini dell’ex impero Ligresti: in quell’occasione, a quanto pare, lo stesso Vegas alla presenza di quei pezzi da novanta del credito, avrebbe svolto un ruolo di ‘moral suasion’ per evitare il lancio di un’opa su Sai & le sue sorelle, favorendo quindi l’operazione condotta dall’Unipol made in Cimbri, il successore nonché pupillo dello scalatore mancato, il ‘compagno’ Giovanni Consorte.
In casa Unipol, comunque, sono sicuri di passarla liscia. Ecco cosa racconta un analista finanziario milanese: “in occasione della presentazione dell’ultimo bilancio 2015 Cimbri ha focalizzato la sua attenzione proprio sul buon esito, a suo dire, dell’operazione Sai, con la distribuzione di laute cedole e quindi la restituzione agli azionisti di quanto anticipato sotto forma di aumento di capitale per finanziare l’acquisto della compagnia dei Ligresti. E infatti UnipolSai ha distribuito cedole, tra il 2013 e il 2015, per quasi 1 miliardo e mezzo di euro. Si è presentato agli azionisti come un ottimo navigatore anche nei mari tempestosi di un’operazione border line come quella”. Davvero un ottimo timoniere, il sardo Cimbri, anche per l’esperienza maturata a bordo del suo veliero, ormeggiato nel porto di Rimini.
Ma a quanto pare la fiducia in un buon risultato – ossia l’archiviazione – alla procura di Torino poggia su un precedente di peso: ossia il colpo di spugna di qualche mese fa nei confronti di Paolo Ligresti e non solo deciso dalla procura di Milano, a cui proprio Torino aveva trasmesso gli atti relativi al precedente affare messo a segno dal gruppo, ossia l’acquisizione di una storica compagnia, “Milano Assicurazioni”. A dicembre 2015, infatti, il gup di Milano, Andrea Ghinetti, ha assolto con rito abbreviato il rampollo della dinasty di origini siciliane, Paolo, ex consigliere Fonsai ed ex vicepresidente della Milano: “non occultò perdite”, scrisse il gup, “manca sia la prova della falsità della notizia di occultamento di una perdita sia la prova inconfutabile del concreto pericolo di alterazione del prezzo delle azioni emesse da Fonsai e da Milano Assicurazioni”. Immacolato come un giglio, Ligresti junior: i cui destini, così come quelli della sorella Jonella, stavano molto a cuore dell’ex ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che per aiutarli rischiò addirittura la poltrona.
L’inchiesta, avviata dalla procura di Torino, si basava sull’ipotesi di una ‘sottostima’ della riserva sinistri delle due compagnie, pari ad oltre mezzo mezzo miliardo di euro, cifra considerata dai primi inquirenti piemontesi “rilevante in termini di variazione dei valori riportati sia nello stato patrimoniale che nel conto economico, con valutazione estimativa superiore al 10 per cento rispetto al valore corretto”. La comunicazione al mercato di marzo 2011, quindi, sarebbe stata taroccata e capace di causare un’alterazione dei titoli in borsa: una sorta di aggiotaggio, proprio come adesso sta succedendo nella Cimbri story.
QUEL 10 PER CENTO ‘NON SIGNIFICATIVO’…
Quell’ipotesi torinese, però, non è stata condivisa nel rito “ambrosiano”, tanto che l’ex pm meneghino e poi procuratore generale della Cassazione, Luigi Orsi, chiese per Ligresti junior l’assoluzione, poi accolta dal gup. E anche in quel caso tutto ruotò su alcune consulenze tecniche pro Ligresti (e così oggi spera Cimbri per se stesso e la sua Unipol). Consulenti scelti dal pm Orsi che hanno considerato risibile una variazione del 10 per cento! Così infatti ha poi motivato Ghinetti: “il superamento della soglia di punibilità del 10 per cento è esiguo siccome pari al 10,21 per cento e non può considerarsi significativo. Ciò impedisce di ritenere la sussistenza della concreta responsabilità degli odierni imputati”. Champagne, tutti in gloria, perché del 10 virgola per cento (oltre mezzo miliardo di euro) ce ne si può ampiamente fregare. “E se l’ha fatta franca Ligresti – commenta un avvocato torinese – figuriamoci cosa può temere Cimbri, che siede nel super salotto della finanza e parla di miliardi come noccioline…”.
Da un bilancio all’altro in casa Unipol, passiamo alla prima semestrale 2016, per la quale un mese e mezzo fa, ai primi di agosto, è suonata la fanfara del Corsera, nel cui azionariato – ora sotto il controllo di Urbano Cairo – fa comunque sempre bella presenza la quota Unipol, che si candida a giocare un ruolo strategico nel prossimo risiko delle supermiliardarie aggregazioni bancarie. Ecco il Verbo di Cimbri: “la strategia che intendiamo perseguire è quella di entrare a far parte di un gruppo creditizio più grande. Il settore bancario va verso una ulteriore concentrazione, dopo la fusione tra Bpm e Banco Popolare ve ne saranno altre, il mercato si evolverà in un modo ancora tutto da scrivere. E noi non staremo certo con le mani in mano ad aspettare che arrivi dal cielo una opportunità: per questo stiamo studiando diverse operazioni”.
Come antipasto, intanto, “gli investimenti su banche sistemiche, come Intesa Sanpaolo e Unicredit”, un occhio vigile sulla pentola in continua ebollizione chiamata Monte dei Paschi e per gradire anche la super mancia buttata sul tavolo di Atlante 2, 100 milioni tondi per il fondo che dovrebbe, in teoria, correre con liquidi al capezzale degli istituti in difficoltà o comunque partecipare ad operazioni atipiche. “Un contributo – così il Vate Coop ha descritto la sua generosa partecipazione – che con altri operatori italiani vogliamo dare alla stabilità e stabilizzazione del sistema. Non è un vuoto a perdere, ha obiettivi di remunerazione e redditività ed è affidato a mani capaci che gestiscono il fondo che con il giusto equilibrio saprà dosare i propri interventi in operazioni che non trovano un naturale sbocco di mercato oppure lo trovano a condizioni speculative”. In un faticoso italiano, la ricetta dello chef coop firmata Corsera.
LE PARCELLE DI EMANUELE BOSCHI
Intanto in casa Lega sono alle prese con un super lifting. Basta con il vecchio volto di mattoni e cazzuole, di falci e compagni, di equità e lavoro, è arrivato il momento di voltare pagina. E di varare la nuova mega corazzata in grado di coordinare tutte le ammiraglie. Archiviate le storiche coop di un tempo, gli ormai vetusti arnesi di una volta, i consorzi rossi made in Emilia o Romagna, la CCC di Bologna o la CMC di Ravenna, ecco il nuovo che avanza, a bordo del Consorzio Integra. Un nome, un programma. Al timone, da pochi mesi, un partenopeo doc, Vincenzo Onorato (da non confondere con il Mascalzone Latino, armatore, comunque neo renziano doc), che ricopre la carica di presidente del Consiglio di Gestione e Direttore generale. Si è fatto le ossa, Onorato, alla scuola di Atitech, l’impresa partenopea che fa capo a Gianni Lettieri, berlusconiano altrettanto doc, per due volte sindaco mancato a Napoli, sconfitto da Luigi de Magistris.
Il complesso parto di Integra è stato curato, sotto i profili societari, fiscali e amministrativi, anche dal trentatreenne Emanuele Boschi, commercialista di belle speranza e fratello della ministra per le Riforme e madrina del referendum Maria Elena: la parcella ammonta a 150 mila euro, pagati da Ccc, il Consorzio Cooperative Costruzioni. Ma questa è tutta un’altra storia….
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