Roberto Saviano scopre l’America. Anzi l’Inghilterra. E proclama, davanti agli attoniti parlamentari britannici riuniti ad ascoltare il suo Verbo, invitato dall’ex ministro dell’università, il laburista David Lammy: “Il Paese più corrotto al mondo è l’Inghilterra”, malato di “una corruzione che è consustanziale al sistema economico”.
La scientifica analisi parte dal report 2015 della National Crime Agency, che spalanca davanti a noi ignoti scenari da brivido. “Ogni anno centinaia di milioni di dollari di provenienza criminale quasi sicuramente continuano ad essere riciclati attraverso le banche del Regno Unito e le loro
Filiali”. Quasi sicuramente… Nello stesso anno un’altra doccia scozzese, stavolta made in Transparency Uk e studiata con cura dallo scrupoloso Saviano, che commenta, a proposito del maxi riciclaggio nel florido mercato immobiliare londinese: ottimo rifugio per “capitali segreti e soldi sporchi”. E precisa, a proposito del documento: “non veniva mai citata la parola mafia, né mai si è parlato di organizzazioni criminali. Il motivo è semplice: tranne che per rarissimi casi, in Inghilterra la mafia non si vede e non si sente. Non ci sono cadaveri sulle strade né sparatorie. In Messico o in Italia – prosegue il Verbo – tra cadaveri, sangue e sequestri di droga non è possibile pensare che la mafia non esista. A Londra esiste ma è silenziosa, agisce nell’ombra. E soprattutto non ha l’odore acre del sangue, ma quello rassicurante dei soldi”.
Elementare Watson, semplice mister Saviano. Peccato che queste cose in Gran Bretagna le sappiano da almeno 15 anni, e non abbiano bisogno di Profeti per farsele raccontare. A inizio anni 2000 uno studioso – vero – di camorra, Amato Lamberti, fondatore del mitico “Osservatorio” dove cominciò 25 anni fa il suo impegno investigativo Giancarlo Siani, puntò i riflettori sui riciclaggi di un clan di Mondragone, quello dei La Torre, già allora in vena di piste estere. Il boss-prof Augusto La Torre (in carcere s’è laureato a quanto pare in sociologia, chissà se cum laude) aveva un pallino per la Scozia, evidentemente appassionato dei suoi mitici paesaggi o attratto dai misteri del lago di Loch Ness. Detto fatto, i La Torre decidono di puntare su alberghi, ristoranti & night made in Scotland, meta preferita la splendida Aberdeen, lungo la costa orientale.
I reporter scozzesi cominciano ad annusare qualcosa e – senza attendere lo Sbarco del Verbo dell’autore di Gomorra – arrivano a realizzare un reportage intitolato “I Don di Aberdeen”. Un amico inglese della Voce, Tomas Behan, altro studioso autentico (e raro) di camorra (autore del pluritradotto “See Naples and die” una decina d’anni fa) invia alla nostra redazione una fotocopia di quell’articolo, pubblicato dal “Daily Record”, autore James Moncur. Decidemmo di pubblicarlo integralmente (in basso la riproduzione).
Ecco qualche passaggio dell’inchiesta dedicata ai “cugini scozzesi della camorra”. I quali – descrive Moncur – “si sono fatti una nuova vita in Scozia, ad Aberdeen, dove sono stati soprannominati i ‘Dons on the Don’. Le autorità italiane questa settimana (siamo a febbraio 2003, ndr) hanno smascherato un nuovo grave crimine dei cugini, accusandoli di riciclaggio di denaro sporco attraverso pizzerie e immobili in Gran Bretagna, soprattutto Aberdeen. L’altra sera a Napoli – continuava il Daily Record – il presidente della Provincia, Amato Lamberti, ha detto: ‘La famiglia La Torre è tra le più importanti famiglie di camorra, implicata in decine di delitti’. La nostra indagine – proseguiva Moncur – ha confermato che i cugini hanno un’ampia rete di attività e interessi immobiliari. Hanno gestito non meno di sette società in Scozia negli ultimi quindici anni, sei negli ultimi nove. Quasi sempre sono stati affari di breve durata. Esperti ritengono che si tratti di attività legate al riciclaggio”.
Facendo qualche rapido calcolo della brava massaia, il Daily, nel 2003, parla di fatti risalenti a 15 anni prima, il che in soldoni significa fine anni ’80, ossia subito dopo la caduta del Muro di Berlino. Quando cosche e clan – come sanno ormai anche i bimbi delle elementari – cominciarono l’invasione non solo, of course, dei paesi dell’Est, i satelliti dell’impero sovietico in crac, ma anche dei più disparati (e accoglienti) mercati europei e mondiali. Dove il 416 bis – come scrive Moncur – era del tutto ignoto: e quindi per i Don a caccia di fortune – e di riciclaggi spinti – si aprivano sconfinate praterie.
Ma tutto questo Maestro Saviano lo Annuncia oggi davanti agli sbigottiti parlamentari britannici.
Qui l’articolo della Voce 2003
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