Fatta la tara all’attendibilità dei sondaggi sul consenso popolare per partiti e uomini politici, è comunque indicativo seguirne l’andamento, i più e i meno da un periodo all’altro delle rilevazioni. Nelle tre città più importanti d’Italia ecco i dati: a Milano svetta Giuseppe Sala con il 37% e lo tallona Stefano Parisi (36%). A grande distanza Gianluca Corrado, M5Stelle. Nella capitale è in testa la grillina Virginia Raggi, ex collaboratrice per tre anni dello studio legale Previti, berlusconiano di ferro e pluricondannato, interdetto per sempre ai pubblici uffici, in aggiunta sorpreso al ristorante a intonare canti fascisti. La candidata pentastellata si difende:“Ho votato sempre a sinistra” e con il 27,4% sopravanza Roberto Giachetti (24,5%) e la Meloni (17,6) ma bisogna aspettare probabili variazioni dopo il forfeit coatto di Bertolaso (era all’8,2) e l’investitura berlusconiana di Marchini. Stefano Fassina e al 6,8%, Francesco Storace al 3,2. Giorgia Meloni prova a prendere le distanze dalle sue origini politiche (destra neofascista). Sabina Guzzanti, regina della satira politica l’imita alla perfezione e le attribuisce la frase “Roma non è fascista. E chi lo dice? Noi fasci”. A Napoli due punti in più per il sindaco uscente: De Magistris 30%, Lettieri 28%. Grazie ai pasticciacci del Pd Valeria Valente è ferma al 24%. Non c’è il dato relativo alla candidatura del “lumbard” puro sangue Brambilla, scelto con un colpo di genio come competitore dal direttorio 5Stelle. Sullo sfondo i guai giudiziari del Pd sembrano infiniti. Tale Tony Buonafede, consigliere comunale dem di Siracusa è stato arrestato dalla polizia mentre si stava imbarcando alla volta di Malta. Il giovanotto era in possesso di 16 chili di marijuana e 3,5 di hashish. Il Pd se la cava con la dichiarazione “Ci dissociamo” e meno male che non aggiunge il rituale “piena fiducia alla magistratura”.
Mera difesa elogiativa?
A proposito di fascismo i labili confini tra “mera difesa elogiativa” e “esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista”. Il punto di partenza: “Quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”: la legge Scelba, del 1952, sanziona che chiunque promuova o organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche… Ogni tipo di apologia è punibile con un arresto dai 18 mesi ai 4 anni. La norma prevede sanzioni detentive per i colpevoli del reato di apologia, più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso con il mezzo della stampa. La pena detentiva è accompagnata da quella accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Sulla legge si è espressa la Corte Costituzionale e ha stabilito che non ha rango di legge costituzionale e che quindi non comporta revisione, né contrasto con la norma dedotta. La Corte non ha ravvisato alcuna violazione delle disposizioni contenute nell’art. 21 della Costituzione. Rimane nel vago la definizione di comportamenti punibili del neofascismo: è necessario che l’apologia scantoni in atti tesi al ripristino del regime o è sufficiente manifestare contro la democrazia, usare violenza (tipica della destra eversiva) per esaltare il ventennio e il suo capo? I confini labili tra l’una e l’altra interpretazione sono presi a pretesto per non applicare legge Scelba e il neofascismo se ne avvale per oltrepassare impunemente i limiti della “mera difesa elogiativa”. Ieri un nuovo appuntamento dei fascisti a Milano per commemorare Sergio Ramelli, ucciso quarant’anni fa da elementi della sinistra extraparlamentare. Saluto romano, “viva il duce”, la città tinta di nero.
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