Sprecare: consumare senza discernimento (Devoto & Oli, dizionario della lingua italiana). Qua e là tra le righe di cronaca, o con più esplicita esecrazione di testate d’assalto, i giornalisti italiani antagonisti dello sciupio nazionale riesumano, ma invano, il paradosso di confezioni di siringhe per uso ospedaliero che costano ics a Bologna e ics più ipsilon a Catania, questione forse minima ma esemplare per riflettere sugli sprechi denunciati e mai sottratti al drammatico capitolo generale delle risorse gestite in modo dissennato. Non è malizioso il sospetto che la magagna nasconda episodi diffusi di mani fameliche che affondano nella marmellata del profitto illecito. Come tsunami, inchieste esplosive sommergono il buco nero degli sprechi a ondate possenti, purtroppo solo fino al successivo oblio. L’ultima, di Repubblica, elenca gli innumerevoli titoli della cattiva spesa addebitata agli enti pubblici: personal computer pagati più del dovuto, punti luce a prezzi maggiorati senza giustificazione di settanta euro, stampati per ufficio a prezzi tre volte più alti, idem materiali di cancelleria. I “cattivi” sono gli enti locali, le università, le Asl. Spendono ogni anno 87 miliardi di euro.
Affidandosi alla Consip, attesta il rapporto Mef-Istat, lo Stato risparmierebbe venti miliardi, corrispettivo di un’intera manovra economica. Un caso eclatante denuncia la sostanziale differenza di acquisto di un’auto di piccola cilindrata se affidata alla Consip o contrattata in prima persona: settemila novecento euro contro novemila e settecento. Lo spreco cresce se si comprano auto dii cilindrata superiore. Sprechi anche in tema di energia, costi in più del 35% al di fuori di convenzioni personalizzate con la Consip E questa non sembri questione minimale: le amministrazioni locali pagano una copia eseguita da fotocopiatrici noleggiate 0,1158 euro, con il servizio in convenzione costerebbe solo 0,0658 euro, il 43% in meno. Quanti milioni di copie in un anno? Un semplice calcolo aritmetico dimostra che un computer su quattro sarebbe gratuito se si adottasse il criterio del risparmio.
Il ragionamento potrebbe essere esteso a decine di oggetti da ufficio: carta e toner per le stampanti, spillatrici, cartelline e raccoglitori, penne e matite, clip, cd rom, buste. L’era che ha preceduto la Consip potrebbe essere assolta per mancanza d’alternative, l’attualità non ha scuse. Le amministrazioni locali devono motivare con giustificazioni accettabili il rifiuto a servirsi della società di acquisti, spiegare perché si ostinano a spendere risorse pubbliche rinunciando a risparmi miliardari. Prossima tappa le patologie incancrenite della sanità e dei suoi sprechi. La Consip annuncia interventi risanatori (costi di siringhe e non solo, manutenzione ospedaliera, appalti, apparecchiature per Tac e Risonanza magnetica, altre macchine per le diagnosi) e ancora interventi per le reti fognarie, la manutenzione delle strade, spinoso tema per grandi città come Roma e Napoli, il trasporto pubblico. Per gestire queste complesse progettazioni la Consip è in via di formare diecimila dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Utopia? Se rimane in gioco l’ostilità generale per le innovazioni che migliorano qualità e costi del pubblico, ma a prezzo di una vera rivoluzione culturale, le previsioni stentano a tingersi di ottimismo. Piangersi addosso anzitempo? Porta male.
Nella foto Francesca Minerva, Consip
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