Eccezione o regola? Si chiama San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. E’ l’azienda ospedaliera di Salerno, nata nell’immediata vigilia del milleduecento. Ospita il policlinico del vicino ateneo di Fisciano, è osservato speciale dei media (praticamente di tutti i giornali) e alimenta la quotidianità degli scandali all’italiana. Nientemeno che il primario di neurochirurgia, Luciano Brigante, avellinese, è accusato di aver intascato soldi per operare in tempi rapidi pazienti che altrimenti avrebbero dovuto sopportare lunghe attese. E’ solo un caso isolato, l’eccezione di una pecora nera che ha occultato profitti illeciti profittando dell’emergenza di pazienti bisognosi di interventi? Negli archivi della cronaca giudiziaria c’è la memoria di numerosi episodi analoghi, attribuiti a rinomati oncologi, ortopedici, cardiologi, divisi, occultamente o in modo palese, tra sanità pubblica e privata. Il ricatto sempre uguale a se stesso, ai parenti di pazienti in gravi condizione di salute: “In ospedale c’è un’attesa di…tot mesi, consiglio il ricovero nella mia clinica privata…” Il sospetto, lecito, è che gran parte della mancata disponibilità di sale operatorie e di operatori sia corresponsabilità di primari che non affrontano l’inadeguatezza della sanità pubblica per lucrare nel privato. La sterzata moralizzatrice in corso nell’ospedale salernitano coincide con l’insediamento del commissario Nicola Cantone, sponsorizzato dal presidente della Campania De Luca che ha già sospeso alcuni dipendenti coinvolti nella vicenda, oggetto di provvedimenti disciplinari e cioè il primario, la caposala Iannicelli e il direttore del dipartimento di neuroradiologia Saponiero (abuso d’ufficio). Cantone ha istituito una commissione di vigilanza sulle attese, presieduta da un magistrato in pensione. Dovrà confrontarsi anche con il fenomeno dei furbetti, assenteisti di fatto, presenti formalmente, grazie alla complicità di colleghi compiacenti. Sta di fatto che sette assenteisti cronici, ingiustificati, sono stati licenziati (una caposala, quattro infermieri, due tecnici, dei reparti di oncologia, medicina nucleare e cardiologia), ma sono ottocento gli indagati.
I sindacati protestano e provano a ridimensionare la truffa, indicano in poco più dello zero per cento i casi denunciati Il San Giovanni di Dio conta su quasi tremila dipendenti, cinquecento sono medici, e la gestione costa oltre sette milioni di euro all’anno. Cantone dovrà anche capire se è possibile invertire la tendenza dei salernitani a emigrare per farsi assistere: sono sessantamila le persone che si ricoverano in città lontane dall’ospedale Ruggi ogni anno: una metà in altre province campane, l’altra metà in regioni diverse o all’estero, soprattutto per terapie antitumorali, oculistiche o per partorire. Lo scandalo dl San Giovanni di Dio si tinge di giallo, come il colorito del neurochirurgo Takanori Fukushima, apparso in un fotomontaggio accanto a papa Francesco che avrebbe curato per un male grave. La notizia, pubblicata da un giornale scandalistico, forse imbeccato da nemici interni al Vaticano, è stata poi smentita. Fukushima è uno dei quattro destinatari di provvedimenti cautelari (concussione), insieme a Gaetano Liberti suo allievo neurochirurgo dell’’Università di Pisa. Fukushima operava al Ruggi senza averne diritto, lautamente ricompensato. Come si accelerava l’iter di interventi urgenti? Semplice, versando somme variabili da 1.500 a 60.000 euro, così da trasformare l’ospedale in una clinica privata. I casi di emergenze vittime del “ricatto” sanitario: forme tumorali del cervello, estese, meningioma, neoplasie celebrali. Gli episodi contestati, secondo le prime indagini, sono almeno nove. C’è scandalo e scandalo: questo che specula sulla disperazione di malati gravi, da operare con urgenza, è uno dei peggiori. L’aggravante è infatti la condizione di estrema vulnerabilità delle “vittime”.
Nella foto Takanori Fukushima
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