Doppio scandalo

Da che mondo è mondo, cioè da sempre, la strategia di chi indaga sul malaffare, o vuole impadronirsi di segreti industriali, o spiare il nemico, consiste nell’infiltrare una “quinta colonna”. L’inedito si deve alle menti scaltre della mafia, un classico, quello di potenti uomini di partito ingaggiati per ottenere coperture omertose. Funziona così: l’“infiltrato” dichiara pubblicamente guerra alla criminalità organizzata e per essere più credibile presenta in Parlamento un disegno di legge genericamente antimafia, con scarsa o nulla efficacia pratica. Nei fatti diventa cinghia di trasmissione tra i boss e la politica. Il caso del giorno si deve a un imprenditore siciliano, dominus nel comparto remunerativo del calcestruzzo. Vincenzo Artale si candidò a paladino della lotta alle tangenti e si autodefinì un eroe, per aver denunciato i suoi estorsori. A compensare la sua scelta coraggiosa, esemplare, ci pensò il ministro dell’Interno con un rimborso di un quarto di milione. Contemporaneamente i boss di Castellammare del Golfo imponevano ai costruttori di lavori pubblici di acquistare il calcestruzzo Artale, fondatore dell’associazione antiracket di Alcamo. Lo hanno rivelato le intercettazioni telefoniche e il re del calcestruzzo è finito in carcere. L’intreccio di patti scellerati è fitto e coinvolge altre ambiguità. Mariano Saracino, neo capintesta della mafia di Castellammare del Golfo, in manette con tre complici, dal ruolo di imprenditore del calcestruzzo ha offerto un alibi al capomafia Calabrò, durante il processo per l’omicidio del giudice Carlo Palermo, poi si è consociato con Artale. Questi, denunciato da imprenditori sotto ricatto, ha di nuovo provato a ergersi paladino dell’antiracket, ma con credibilità zero. Il caso Artale rivela il disegno dei clan di coprire i loro affari sporchi mascherando le collusioni con imprenditori compiacenti che fingono di combatterli. I mali non si fermano qui. Il peggio è il pericolo che infrastrutture come strade e ponti, ospedali, viadotti, crollino per la pessima qualità del calcestruzzo e per la quantità inferiore impiegata che si manifesta clamorosamente con crolli e frane. Ne sanno qualcosa le grandi imprese, nessuna esclusa.

Nella foto un viadotto crollato

 

L’auspicato addio alla castità

Uno al giorno. Non si contano più gli ignobili casi di pedofilia che vedono come protagonisti preti e cardinali, questi ultimi personalmente colpevoli di abusi sui minori e spesso complici di sacerdoti delle loro diocesi non denunciati per identici reati. Quasi non c’è angolo del mondo clericale esente da episodi di pedofilia e casi estremi, recenti, hanno riguardato i cardinali Low, di Boston e Pell, australiano. Tocca ora alla Francia, all’arcivescovo di Lione e al cardinale Philippe Barbarin, indagato per non aver denunciato padre Bernard Preynat, prete accusato di numerosi abusi sessuali in danno di boy scout che a distanza di molti anni lo hanno denunciato. Il coinvolgimento del cardinale Barbarin crea non pochi disagi alla Chiesa e in particolare a papa Francesco, di cui è uomo di fiducia. Come in altre circostanze anche l’alto prelato si dice estraneo alla vicenda e, buon per lui, non c’è in atto un’inchiesta analoga a quella dei giornalisti americani del giornale Boston, di spotlight, che hanno inchiodato alle proprie responsabilità il cardinale Low per aver coperto oltre duecento episodi di pedofilia. La domanda per Bergoglio: ha le mani libere per stroncare il fenomeno con azioni repressive definitive e poi, non è forse il momento di affrancare i preti dal voto di castità, responsabile di turbe mentali per astinenza da una normale attività sessuale? E ancora, come mai la pedofilia è fenomeno dei sacerdoti cattolici e non tocca altri ordini religiosi che ammettono il matrimonio?

 

 

 


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