Volete tutta la verità sul futuro della Libia? Sul prossimo scenario prossimo? Sulle bollenti geografie nordafricane? Ecco il Verbo di Paolo Scaroni, intervistato da Virus su Rai2. Uno che se ne intende, Scaroni, di equilibri & affari in quei paesi, conosciuti nei primi anni di grandi esperienze a bordo di Techint, nei ’90, e poi della corazzata di Stato Eni, nei 2000. Peccato che, su entrambi i fronti, abbia avuto qualche grattacapo. Soprattutto quando è stato al timone del nostro colosso petrolifero, per via degli appalti algerini della controllata Saipem: una storia che la Voce ha già raccontato, insieme ad altre due patate bollenti, e altrettante inchieste, anche di procure estere (soprattutto il caso del Brasile, con l’affare Petrobras; ma anche la vicenda nigeriana).
Maxi tangenti e corruzione internazionale: queste le pesanti imputazioni dei pm milanesi De Pasquale e Palma. La vicenda sembrava destinata a sgonfiarsi dopo il proscioglimento, deciso quattro mesi fa, dal gup del tribunale di Milano Alessandra Clemente. Ma i pm hanno fatto ricorso e la Cassazione a fine febbraio si è pronunciata, annullando quanto deciso e ordinando una nuova udienza, da tenersi davanti ad un nuovo gup. Una pesante tegola, dunque, per big Scaroni, in pole position per il ruolo di super presidente della Nuova Ilva che nascerà dopo il bando di aggiudicazione – in fase finale, con una ventina di offerte, anche straniere. Il pressing del premier Renzi su Scaroni, esercitato soprattutto a dicembre, sembrava aver sortito l’effetto desiderato, e a fine gennaio l’ex vertice Eni aveva praticamente sciolto la riserva, sollecitando addirittura una soluzione in tal senso con una sorta di “autocandidatura”. Un matrimonio, perciò, destinato a celebrarsi. Come un fulmine a ciel sereno, adesso, arriva la decisione della Cassazione: potrà influire, nella scelta del Risanatore Ilva, del Salvatore dell’ex colosso d’acciaio, la notizia che è di nuovo imputato di corruzione internazionale per le tangenti algerine? Le motivazioni del gip Clemente, del resto, sono parse subito piuttosto “deboli”, soprattutto se rapportate al minuzioso lavoro svolto dai pm e alla pesantezza delle ipotesi accusatorie.
Acque agitate anche durante gli ultimi anni di navigazioni a bordo di Techint, il gioiello di casa Rocca, che a sua volta controlla Tenaris, la prima azienda argentina made in Italy, stando alle recenti cronache che hanno incorniciato la visita di Renzi a Buenos Aires, suggellando l’amicizia e i legami d’affari tra i due paesi “fratelli”. Petrolio, impianti ed energia le passioni del tandem Techint-Tenaris. Negli anni ’80 e ’90 la prima coltivò non poco il mercato africano, tra le nazioni più gettonate la Somalia, dove Techint potè fruire di pingui fondi FAI, per la realizzazione di pozzi. Su tali attività – soprattutto lungo la Garoe Bosaso che conduceva alle coste somale – puntò i suoi riflettori Ilaria Alpi, a caccia di interramenti tossici, traffici miliardari di rifiuti (anche nucleari) e fondi della cooperazione.
Sono passati più di vent’anni, e si affacciano ben altri scenari. Se per Scaroni c’è un’Ilva nella hit delle preferenze, patròn Gianfelice Rocca ha solo l’imbarazzo della scelta: la scalata al Corriere della Sera, o la “regia” industriale per la futura grande gallina dalle uova d’oro e dai miliardi già assicurati, ossia l’Human Technopole meneghino che nascerà sulle aree Expo.
Ma finiamo il valzer tornando a bomba. Ossia a Saipem. Che – tangenti e inchieste a parte – deve vedersela con una Borsa in ebollizione. E un titolo in fortissima fibrillazione che rischia di travolgere i piani industriali allestiti dal vertice Stefano Cao & C. Aumento di capitale, sette banche coinvolte, progressiva indipendenza da mamma Eni dopo anni di tutoraggio, i primi passi sono stati da profondo rosso. Ma i media disegnano la scena in modo diametralmente differente: rosso 2015 da 800 e passa milioni, secondo Repubblica; ultimo trimestre in utile da 60 milioni per il Corsera, che dipinge un 2016 in rosa (dimenticando forse che il crollo dei prezzi petroliferi avrà ulteriori ripercussioni sui conti Saipem).
Ma è dall’estero che potrebbe arrivare qualche buon segnale a base di commesse. Per Saipem dall’Egitto, per Eni dal Mozambico. Ma occhio al pericolo mazzette: i casi Nigeria e Algeria (oltre che la tangente brasiliana da Guinness dei primati che sta mettendo in crisi il governo carioca) sono ancora bollenti…
In apertura Paolo Scaroni intervistato dalla cronista di Virus
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.