Pubblichiamo un articolo di Massimo Terrile del Movimento Antispecista
Il Sole 24 ORE del 14 febbraio scorso riporta nell’inserto culturale, sotto la voce Scienza e Filosofia, un articolo di Gaetano Di Chiara nel quale si magnificano i risultati di un esperimento sui ratti a fini umani, introducendo l’argomento con le note recenti parole della senatrice Elena Cattaneo ‘Questo non è un paese per scienziati ..’, e lamentando che la legge nazionale di recepimento della direttiva 2010/63 proibirebbe di studiare sugli animali le sostanze d’abuso. L’autore forse non sa che tale divieto, inserito nell’articolo 5 comma 2 lettera e) del dlgs n. 26 del 4/3/2014 si applicherà – in base al disposto dell’articolo 42 della stessa norma – forse solo a partire dal 1 gennaio 2017, e ove esistano metodi alternativi disponibili, come chiarisce il secondo comma dell’articolo 42. In assenza dei quali, come premette l’articolo 1, non è detto che le relative autorizzazioni non possano esser date. L’autore cita poi come riferimento della trasferibilità degli studi sugli animali all’uomo uno studio ‘clinico’ italiano (Terraneo ed altri) svolto in collaborazione tra l’università di Padova e due ricercatori italiani negli U.S.A. che hanno invece utilizzato i ratti, pubblicato nel 2015, utilizzando la tecnica della ‘stimolazione magnetica transcranica’. Conclude affermando che ove il divieto ‘oscurantista’ di testare le droghe sugli animali non fosse cancellato: ‘Questo non è paese di uomini …, perché vorrà dire che questa Italia, per ragioni emotive o di basso tornaconto politico, sarà disposta a rinunciare ad un desiderio primario dell’uomo, quello di conoscere se stesso’.
Non ci meraviglia l’assenza di sensibilità dell’autore nel definire ‘oscurantista’ il divieto di utilizzare animali per i test delle sostanze stupefacenti, perché la pelle non è la sua. Siamo infatti sicuri che lo approverebbe entusiasticamente ove altre specie desiderassero fare altrettanto con gli umani, autore incluso; ovvero se l’autore fosse costretto, nel caso avesse un compagno domestico a 4 zampe, a cederlo all’università per tali esperimenti. Ci meraviglia invece che non colga neppure il senso del ridicolo della sua frase finale, dove afferma che affinché l’uomo possa ‘conoscere se stesso’ deve poter studiare gli effetti delle droghe sui ratti! Forse non ha tenuto conto del fatto che a fronte dell’esperimento citato, che parrebbe aver avuto corrispondenza nello studio clinico sull’uomo, altri milioni (!) di esperimenti su topi e ratti per le malattie o le disfunzioni umane hanno fallito con enorme spreco di tempo e di denaro, e che solo casualmente questo metodo ha avuto successo, dimostrando (per una volta) che una certa parte del cervello umano è simile (ma non certo uguale) a quello di altri animali. Bella scoperta! Da qui ad affermare la necessità e utilità dei test sui ratti o altre specie a fini umani ne passa parecchio.
L’autore taccia anche di ‘ragioni emotive‘ e ‘basso tornaconto politico’ il legislatore che ha accettato di porre il divieto dei test delle sostanze d’abuso sugli animali non umani nella versione italiana della direttiva 2010/63, dimenticando che le ‘ragioni emotive’ (da non confondere con la paura, l’eccitazione, ecc..) intese come l’espressione dei migliori sentimenti umani in assoluto sono segno di civiltà. Contrariamente alle ‘credenze’, che portano agli ‘integralismi’, o a cartesiane ‘ragioni scientifiche’ che magari in realtà nascondono interessi economici (ad esempio, come avveniva per i test generalizzati dei farmaci fatti all’insaputa delle persone, prima che esistesse la norma internazionale sul ‘consenso informato’). Se prive di sensibilità umana le ragioni puramente ‘scientifiche’ portano infatti come risultato alla vivisezione (tutt’ora ammessa, vedere l’allegato VII della suddetta direttiva) e agli esperimenti nascosti o violenti sugli umani. Perché le ‘ragioni scientifiche’ non devono conoscere confini (come affermava appunto in una sua lettera al Capo dello Stato la senatrice Cattaneo in occasione dei lavori parlamentari per il recepimento di tale direttiva). Se non ovviamente negli interessi (non sempre umanitari!) di chi opera in tal senso, con gravi rischi anche per chi le difende. Pertanto il ‘basso tornaconto politico’ forse ce l’ha chi rema, ha remato , e remerà contro tale divieto.
Massimo Terrile – Movimento Antispecista
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Un commento su “Sperimentazione animale – La toppa peggio del buco”