Golpe bianco in Romania. Va in scena nell’assordente silenzio mediatico e politico della tanto democratica & libera Europa che – sotto il tallone di Ursula von der Leyen – pensa unicamente ad armarsi fino ai denti per sconfiggere il macellaio Vladimir Putin.
Chi la pensa in modo ‘alternativo’, a Bucarest, negli ultimi tempi viene fermato dalla polizia, interrogato da un manipolo di magistrati e gli viene pure interdetto di presentarsi alle elezioni. Una vicenda totalmente kafkiana, dove i protagonisti siedono anche l’Ufficio elettorale e addirittura ai vertici della Corte Costituzionale.
Vediamo più in dettaglio la vicenda che vede come protagonista – nei panni del mitico Josef K. de ‘Il processo’ griffato Franz Kafka – il candidato prima presidenziale e poi alle politiche romene Calin Georgescu.
Tutto nel giro di pochi mesi. A novembre, infatti, al primo turno per eleggere il nuovo presidente della repubblica, ottiene un ottimo risultato e va al ballottaggio il candidato indipendente Georgescu, appoggiato dall’Alleanza per l’Unione dei romeni (AUR) guidata da George Simion e dal Partito dei giovani (POT) capeggiato da Annamaria Gavrila.
Eccoci al primo golpe. Nonostante la valanga di suffragi Calin-K viene eliminato dalla corsa ed escluso dal ballottaggio che quindi va a farsi benedire, appunto alla faccia della più elementare democrazia.
Quale la motivazione? Ci sono state “interferenze russe”, secondo la Corte Costituzionale (sic) di Bucarest. Le prove? Nessuna. Il nostro Corsera scrive di ‘brogli’ che nessuno ha mai dimostrato. Solo una campagna sociale via TikTok finanziata con alcune migliaia di euro.
Passiamo al secondo round e, quindi, al secondo golpe di pochi giorni fa. Il 4 maggio si svolgeranno le elezioni politiche, Georgescu presenta la sua candidatura e cosa succede? Bocciato per una seconda volta, e stavolta dal ‘Biroul Electoral Central’, che non è neanche in grado di fornire lo straccio di una spiegazione minimamente plausibile. Così si arrampica sugli specchi, scivolando in modo fragoroso, l’Ufficio Elettorale che procede al “rifiuto della registrazione della candidatura indipendente del signor Calin Georgescu alle elezione del 4 maggio”. Non una sillaba di più. Ai confini della realtà.
Appena circolata la notizia, i fans del candidato mancato per due volte scendono in piazza, manifestano e protestano davanti alla sede del ‘Biroul’ e vengono caricati dalla polizia in assetto di guerra. Seguono scontri e tafferugli, diversi gli arresti.
Non è certo finita qui. Perché il feroce Georgescu viene subito fermato per strada dalla polizia, portato davanti a un mini tribunale messo su in 24 ore, accusato dalle toghe rumene di tutto e di più: attentato all’ordine costituzionale, false dichiarazioni sulla raccolta dei fondi per la campagna elettorale in vista del voto di maggio, costituzione di un’organizzazione fascista, razzista e xenofoba. Mancano solo accuse di stragi & attentati.
L’ultima parola, adesso, spetta alla Corte Costituzionale. Che già gli ha dato torto marcio a novembre e ora non potrà certo smentire se stessa. Elementare Watson.
Come l’ha presa il pluri-preso di mira Georgescu? Nonostante tutto, con calma e aplomb quasi british. Denuncia sì la “tirannia in Romania” e la “dittatura dell’Unione europea”, ma nella breve conferenza stampa indetta con Simion e Gavrila cerca in tutti i modi di gettare acqua sul fuoco e di placare gli animi: “Restiamo uniti – sottolinea – andiamo avanti insieme fino in fondo per gli stessi valori: pace, democrazia, libertà. Ringrazio il popolo romeno per tutto ciò che fa, ma vi chiedo ancora una volta: tutto deve avvenire nella calma, in pace e con piena consapevolezza della realtà, senza dar luogo a violenze. Andiamo avanti con grande fiducia per il futuro di questo Paese”.
Europa, nel frattempo, totalmente zitta e muta.
A livello internazionale Georgescu riceve solo la solidarietà del numero due della Casa Bianca, J.D. Vance e del ‘presidente’ ombra Elon Musk che posta sul suo X: “This is crazy”, è una follia. E aggiunge: “La democrazia è ufficialmente morta in Romania e nell’Unione europea”.
Da noi l’unico è denunciare il golpe romeno è il sempre ondivago, ma stavolta deciso, Matteo Renzi: “Vado ancora una volta controcorrente e magari qualcuno dei miei amici liberali o riformisti si stupiranno. Impedire a un candidato di confrontarsi alle elezioni perché filorusso è uno scandalo totale. Non c’è nulla di democratico”. E poi, “la democrazia si difende nelle urne, non dalle urne”.
Da un paese dell’est all’altro, eccoci in Polonia. Dove va in scena, o meglio in drammatica sceneggiata, il premier Donald Tusk versione che più bellicista e guerrafondaia non si può.
Ecco le sue ultime, farneticanti frasi pronunciate davanti al Parlamento di Varsavia.
“La Polonia deve perseguire l’acquisizione di armi nucleari, possibilmente attraverso la partecipazione all’iniziativa francese”. Il riferimento è alla fresca, folle ideata lanciata da Napoleone-Macron di allargare l’ombrello atomico di Parigi a tutti i partner europei, per proteggerli meglio dalla sempre più incombente e terrificante minaccia russa.
Prosegue il primo ministro carrarmato: “Il nostro Paese ha bisogno di accedere a capacità militari avanzate per rafforzare la difesa nazionale e poter godere di maggiore sicurezza”.
Per chi non ha capito la musica, incalza: “La Polonia deve perseguire le capacità più moderne e avanzate relative alle armi nucleari e alle armi non convenzionali moderne. Varsavia non si preoccupa di essere criticata per la sua volontà di rafforzamento militare e prenderà qualsiasi misura ritenga necessaria per aumentare la sua capacità di difesa”.
Ha annunciato che con Parigi, sul fronte nucleare, sono state già avviate “serie discussioni”.
Non è finita qui. Perché il più che ‘volenteroso’ Tusk preannuncia che la sua Polonia intende ritirarsi da tutti i trattati internazionali che vietano l’uso di mine antiuomo e bombe a grappolo.
Quindi esorta tutti i paesi UE ad aumentare in modo deciso e sostanzioso le spesa militare per sconfiggere sul campo Mosca e, gonfiando il petto, trionfalmente conclude: “La Russia perderà come l’Unione Sovietica 40 anni fa”.
Da un pazzo all’altro non resta che finire il tour con il numero uno, il corrotto e criminale Volodymyr Zelensky. Il quale, mentre a Riad fervono le trattative per arrivare faticosamente alla pace, pensa bene di lanciare un massiccio attacco addirittura in direzione Mosca, con droni a grappolo, la bellezza di 91, che hanno fatto 3 vittime ufficiali (il numero è di certo superiore).
Ottimo e abbondante per poi sedersi al tavolo della trattativa finale…
Per altri dettagli sulla situazione a Bucarest, ecco uno stimolante pezzo messo in rete dal sito ‘La Cruna dell’Ago’, Le ingerenze della Francia in Romania e la famiglia Rothschild disperatamente aggrappata a Macron
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