8 MARZO / LA NEW WAVE FEMMINILE DEL CINEMA ITALIANO

Speriamo che sia femmina è il titolo di un film di successo del 1986 (7 David di Donatello e 3 Nastri d’Argento) diretto da Mario Monicelli, il maestro della “commedia all’italiana”.

Quasi trent’anni dopo, quell’augurio appare la parola d’ordine dei produttori italiani, che con sempre maggiore convinzione affidano alle registe e sceneggiatrici la mission di rilanciare l’industria cinematografica dopo la grave crisi economica e il calo degli spettatori provocati dalla recente pandemia.

Tra esordi folgoranti e graditi ritorni, si afferma in Italia una new wave di registe che sta dimostrando di possedere le idee giuste e il coraggio per riportare il cinema italiano fuori da una crisi che sembrava irreversibile, e cominciare a restituirgli quella dimensione internazionale che da molto tempo – con le parziali eccezioni di registi come Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Luca Guadagnino – è stata smarrita.

Lo straordinario e inatteso successo del film di Paola Cortellesi C’è ancora domani è l’emblema di questa inedita e positiva tendenza.

Maura Delpero. In apertura Margherita Vicario

Un successo di pubblico, di critica e sui mercati internazionali (in Francia e nelle sale inglesi è riuscito a entrare nella top ten dei film più visti) che per un prodotto italiano non si registrava da decenni. In Italia è stato campione di incassi nel 2023 e secondo nell’anno successivo, conquistando gli spettatori di tutte le generazioni e – dato più significativo – soprattutto gli studenti, che da anni disertavano le sale, ed ai film sul grande schermo tendono a preferire le serie tv programmate da piattaforme internazionali come Netflix e Sky.

Il segreto di questo exploit? È possibile scoprirlo dai tratti comuni di alcuni film delle registe italiane, a partire dal sapiente mix tra novità e tradizione.

Nuove sono alcune delle autrici, al loro esordio alla regia (la stessa Cortellesi, Maura Delpero di Vermiglio, Margherita Ferri di Il ragazzo dai pantaloni rosa, Margherita Vicario di Gloria) o quasi, e nuovo è lo stile con cui esprimono il loro impegno civile nella narrazione di storie di violenza e disagio quotidiano: declinando l’ispirazione realistica con un linguaggio cinematografico elegante e misurato, mai sopra le righe o morboso, senza rinunciare a momenti di leggerezza e ironia. Il richiamo alla tradizione migliore del cinema italiano si riflette invece nella scelta di raccontare l’attualità attraverso esemplari vicende quotidiane e familiari, nel coraggio di rileggere criticamente la storia collettiva del recente passato, nel restituire il giusto rilievo alla grammatica del film (la sceneggiatura, il montaggio, la fotografia, le musiche).

Tutto questo tuttavia non basterebbe, se a questi film mancasse un’anima, un senso chiaro e profondo in cui gli spettatori possano sentirsi partecipi e coinvolti, e quest’anima è la visione femminista, laica e solidale della società di ieri e del presente, che trova concretezza e credibilità in memorabili personaggi femminili, affidati a una nuova e promettente generazione di attrici o ad interpreti già popolari e affermate.

 

LA SORPRESA DEL 2024: IL RAGAZZO DAI PANTALONI ROSA

Secondo film italiano al box office e primo per la durata nelle sale, dove è stato proiettato per tutta la seconda metà del 2024: Il ragazzo dai pantaloni rosa, diretto da Margherita Ferri, è l’ennesima e gradita sorpresa regalata al cinema italiano dalle nuove registe. Un esordio convincente per la 40enne Ferri, anche in questo caso nel segno della realtà e dell’impegno civile, dalla storia vera – narrata nell’omonimo libro di Teresa Manes, madre del ragazzo – di un adolescente, Andrea, spinto al suicidio dal mobbing dei coetanei per le sue (presunte) inclinazioni omosessuali. Punti di forza del film sono la sincera narrazione in prima persona del protagonista, da una felice scelta del soggettista e sceneggiatore Roberto Proia, e i ruoli femminili, affidati ad un’attrice molto affermata al cinema e in tv, Claudia Pandolfi, e alla giovanissima Sara Ciocca, appena 16 anni e già 16 film all’attivo, per tutti una sicura promesse del cinema italiano.

 

VERMIGLIO, UN ESORDIO DA OSCAR

Leone d’Argento all’81° Mostra di Venezia, candidatura agli Oscar per l’Italia, un consenso unanime e convinto della critica: raramente un’opera seconda (dopo l’esordio con Maternal, candidato nel 2021 ai Nastri d’Argento) ha ottenuto un risultato così lusinghiero, a maggior ragione con un budget contenuto e con due soli attori professonisti – i bravissimi Tommaso Ragno e Sara Serraiocco – nel cast.

Per Maura Delpero, regista e sceneggiatrice di Vermiglio, non si potrà più ricorrere alle categorie di “rivelazione” o sorpresa, semmai di esempio virtuoso per rinnovare il cinema italiano. Ne è convinto, fra gli altri, uno dei più importanti sceneggiatori italiani (Gomorra, Bella e perduta,Martin Eden, e per Abel Ferrara Pasolini e Padre Pio), Maurizio Braucci: “Non è strano – ha scritto sul quotidiano “la Repubblica” del 16 ottobre 2024 – che a Venezia un piccolo film come Vermigliodi una regista italiana (e girovaga) poco conosciuta abbia vinto il Leone d’Argento. Le giurie sono fatte di persone che vivono e osservano il mondo, e credo che il loro sia stato un messaggio molto chiaro rispetto al dibattito italiano: i film che muovono le acque internazionali per conto della cinematografia italiana non sono quelli a grosso budget e con un occhio al mercato, anzi”. La lezione di Vermiglio è che contano di più le idee giuste, la capacità di saperle narrare per immagini, l’umiltà di attingerle nel catalogo infinito della Storia, ispirandosi anche in questo caso (come per C’è ancora domani e Il treno dei bambini) alle conseguenze della guerra sull’umanità più povera e indifesa: come le tre sorelle Graziadei, cresciute in una famiglia contadina a Vermiglio, paesino rurale del Trentino, in apparenza sereno nella sua quotidianità e immobile nel tempo, che viene improvvisamente sconvolto, nell’ultimo anno di guerra, dall’arrivo di un soldato in fuga. Un’eterna vicenda di amori e tradimenti, rancori e sorprese, entusiasmi e disincanti, sul crinale di una società al bivio fra tradizioni secolari e cambiamenti irreversibili, narrata con le atmosfere e le cadenze di una comunità di montagna come tante nell’Italia (e nell’Europa) del passato recente. Un film di forte dimensione autoriale e di ricercata semplicità, che evoca naturalmente paragoni (lusinghieri) con tanta filmografia di Ermanno Olmi, premiato con la Palma d’Oro nel 1978 a Cannes per il suo film più noto, L’albero degli zoccoli.

 

NEL SEGNO DI ELVIRA NOTARI

La capacità di spaziare con disinvoltura tra generi e temi, tra diverse forme artistiche, tra fiction e documentario, e soprattutto la forte impronta autoriale che distingue le giovani autrici fa immaginare un futuro incoraggiante per la cinematografia italiana, soprattutto sul piano internazionale. Dove da oltre un decennio brilla la stella di Alice Rohrwacher, sorella minore dell’attrice Alba, protagonista di un brillante esordio nel 2011 a Cannes con Corpo celeste (Nastro d’Argento per la migliore opera prima), dove sette anni dopo ha vinto il premio per la migliore con Lazzaro felice e nel 2023 ha ottenuto la nomination all’Oscar per il miglior cortometraggio (Le pupille).

Alice ed Alba Rohrwacher

Questo respiro culturale cosmopolita accomuna le sue colleghe più apprezzate dal pubblico e dalla critica italiana ed europea. Qualche esempio? Adele Tulli, che nel suo secondo film, Real, presentato con successo nel 2024 a Locarno, ha creato un mosaico di grande impatto visivo sugli effetti della realtà virtuale. Emma Dante, tra le autrici più apprezzate nei festival e nelle sale a ogni uscita delle sue trasposizioni teatrali, ambientate in Sicilia, da Via Castellana Bandiera a Le sorelle Macalusofino al recente Misericordia. Susanna Nicchiarelli, che ha conquistato anche i mercati internazionali con i suoi brillanti biopic su interessanti figure femminili: Miss Marx, Nico, Chiara d’Assisi. Laura Bispuri, che a dieci anni dall’interessante prova di La vergine giurata (2015) ha diretto l’ultima serie di L’amica geniale, dal best seller mondiale di Elena Ferrante, la fiction più vista sulla tv pubblica italiana.

Ancora un’esordiente, Margherita Vicario, ha diretto uno dei film più sorprendenti del 2024: Gloria, applaudito al Festival di Berlino e osannato dalla stampa internazionale. Un’opera piena di ritmo e inventiva, con soluzioni coreografiche di brillante impatto visivo e scene corali con attrici promettenti dirette con padronanza assoluta, dove emerge la formazione eclettica dell’artista poco più che trentenne (cantautrice, attrice e ora regista). Una storia orgogliosamente al femminile, collettiva, rivoluzionaria.

Tutto lascia pensare che il 2025, 150° anniversario della nascita della prima regista e produttrice italiana, Elvira Coda Notari, coinciderà con la definitiva affermazione internazionale delle registe e autrici del cinema italiano.


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