IN CORO: “BUONA, BRAVA!”

Angelo o diavolo, ecco il dilemma che il contrasto di opinioni non risolve, e anzi lo carica di incertezze. La signorina presidentessa del consiglio è fedele e al suo passato di pasionaria mussoliniana, o è inedita padrina di   ‘pacifico conservatorismo? A ridosso del ritorno tra noi di Cecilia Sala, sembra prevalere l’endorsement per la seconda interpretazione dell’attuale melonismo, ma identificarsi con tesi minoritarie non è poi da condannare come scelta pregiudiziale. Fine del preambolo e ‘chapeau’ al ‘Il mondo al contrario’, titolo dell’inquietante ‘opera letteraria’ di Vannacci, che per molte migliaia di lettori propone il peggio di un’onda anomala espansa, a rischio di devastante propagazione da ovest a est del mappamondo. Ben si adatta ai timori per crescenti aggressioni alla democrazia. Spaventa osservare la dimensione del tetro colore nero che si estende a sostenuta velocità su aree sempre più estese del pianeta. Nera la Cina di Xi Jinpin, l’annessa Corea di Kim Jong-un, la Russia di Putin, l’India di Modi, gli Stati Uniti di Trump e del filonazista Musk, gran parte del Sud America (Milei primus inter pares), mezza Europa, Israele del criminale di guerra Netanyhau e, con fondata preoccupazione l’Italia del neofascismo che Giorgia prova a spacciare per destra moderata. Non sorprende che le dia credito il tandem Salvini-Tajani, faticosamente in vita grazie all’ombrello protettivo dei Fratelli d’Italia, solo formalmente disgiunto dalle sfide impunite del neofascismo alla Costituzione. Sorprende, di più, sconcerta, il ‘mondo al contrario’ di tenaci oppositori della premier improvvisamente soggiogati dalla sua efficacia dialettica, dalla spavalderia aggressiva, dall’astuzia volpina che li spiazza.

Ultimo step della sua interpretazione del ‘mondo al contrario’ è la celebrazione dello “straordinario lavoro di squadra del governo coeso, compatto”, l’impresa patriottica di “donna dall’immenso potere”, eletta a regina europea dalla stampa yankee portavoce di trumpismo. Osanna per l’artefice della liberazione di Cecilia Sala, di fatto  determinata senza troppa fatica dal doppio ok di Iran e Stati Uniti alla restituzione di ostaggi, l’uno arrestato senza motivazioni attendibili e per ora detenuto (ma fino a quando?), l’altra destinataria di accuse inconsistenti, tornata in patria. Ipotesi non peregrina è che il felice risultato dell’operazione, condotta dalle diplomazie dei due Paesi, ha richiesto solo i tempi tecnici per lo scambio di garanzie sul rispetto dell’accordo. L’azzardo calcolato di queste interpretazioni nulla toglie al probabile merito della presidentessa che ha informato Trump (ma non era ancora Biden l’interlocutore degli States?) del “no” pronunciato dalla magistratura italiana all’estradizione di Abedini e dell’unica via d’uscita, con la doppia scarcerazione. Si giustifica il “mondo al contrario” della sinistra e di chi la rappresenta su carta stampata e in Tv che nel clima di euforia per la fine dell’incubo di Cecilia giudica impopolare sottrarre alla premier il complimento di abile statista? Altro dilemma.  Contagiato dal virus  pandemico “brava Giorgia”, in attesa di vaccino, un tenace oppositore, qual è il saggio Padellaro, questa mattina, ospite di La7, si è proposto come divulgatore della revisione politica di Giorgia, della sua presunta sterzata in direzione di un improbabile conservatorismo liberal-moderato. Certo, in età da capelli bianchi si patiscono vuoti momentanei di memoria. Nel caso in questione è forse sfumata nel nulla la consapevolezza delle affinità elettive della Meloni con Trump, Milei, Orban, Musk, e in Italia con Casa Pound, Forza Nuova, i raduni e le violenze sottaciute di nazifascisti, i duceschi La Russa, Donzelli, Delmastro…


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