Una realtà che mese dopo mese si ingrossa sempre di più, fino a rappresentare – oggi – circa metà della popolazione globale e oltre un terzo del PIL mondiale. Da non poco: ma i media lo ignorano totalmente, in questo contesto internazionale che ribolle sempre di più ed in cui la disinformazione regna sovrana.
Stiamo parlando dei BRICS, un’associazione nata una quindicina d’anni fa, acronimo delle nazioni che l’hanno costituita e subito animata, ossia Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
E il 2025 inizia davvero col botto, visto che dal primo gennaio entra ufficialmente a farne parte anche l’Indonesia.
Partiamo proprio dall’attuale formazione in campo.
Recenti le più significative adesioni. Come quelle di Egitto, Etiopia, Emirati Arabi e Iran. Nel 2023 doveva già entrare l’Argentina, con un ingresso firmato dall’allora presidente Alberto Fernandez: ma poi lo sbarco a Buenos Aires del nuovo capo dello Stato, il super capitalista che vede il socialismo come il fumo negli occhi, Javier Milei, ha stoppato tutto.
La lista di sbarco, ossia formata dalle nazioni che hanno bussato alla porta dei BRICS e sono in attesa di entrare nella compagine, è non poco lunga: Arabia Saudita (una presenza non poco pesante sotto il profilo economico-finanziario), Bolivia, Cuba, Tailandia, Algeria, Uganda, Vietnam, Malesia, Kazakistan, Azerbajan, Uzbekistan, Turchia. Sempre con il piede in due staffe, da perfetta nazione equilibrista, la Turchia guidata da Recep Erdogan: visto che è da anni membro della NATO, strizza l’occhiolino alla Russia, vuol esser ago della bilancia nel Medio Oriente dopo il fresco golpe siriano.
Vediamo cosa significa la fresca adesione di Giakarta.
La procedura di ingresso è partita subito dopo le elezioni presidenziali che hanno portato al potere Prabowo Subianto. Il disco verde è passato al vertice BRICS della scorsa estate che si è svolto in Sudafrica e ufficializzato ad inizio gennaio, giorni fa.
Ha un grosso significato, per il Paese, visto che tra i suoi obiettivi principali ci sono, in prima fila, la sicurezza alimentare, la indipendenza energetica, la riduzione dei livelli di povertà, lo sviluppo del capitale umano e la valorizzazione delle grandi risorse.
Sotto quest’ultimo profilo, si tratta di immense risorse naturali e di materiali rari, in pole position il nichel, di cui il paese abbonda ed è strategico per tante produzioni.
L’Indonesia, con il suo ingresso nei BRICS, ha deciso di abbandonare la politica di non allineamento fino ad oggi seguita, per cominciare un percorso di ‘multi-allineamento’, sul versante economico e commerciale: il Paese, infatti, intende aderire anche alla OCSE.
Quella indonesiana, comunque, è la principale economia del Sud-est asiatico, in cui hanno messo radici da tempo diversi colossi internazionali. Solo per fare un paio di esempi freschi e non poco attuali, la star Usa Elon Musk sta già realizzando un mega impianto per la produzione di batterie per i suoi veicoli griffati TESLA; mentre sono alla svolta finale le trattative del governo di Giakarta con Apple finalizzate alla messa in campo di un piano investimenti di ampio respiro.
Riveste un ruolo geopolitico non da poco, l’Indonesia, visto che è sede della ASEAN, vale a dire la Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico, che in questi anni ha giocato un ruolo non da poco per assicurare gli equilibri nella vasta area del Mar cinese meridionale. Ed è anche la sola nazione rappresentante della ASEAN in seno al G20.
Torniamo al ruolo dei BRICS nel contesto internazionale.
Un ruolo politico giocato soprattutto sul fronte dei rapporti economici, commerciali, della cooperazione fra tutti gli stati aderenti: tutti a livello paritario, come sottolineano sempre i promotori.
E questo ha sottolineato il presidente indonesiano pochi giorni fa per celebrare la ufficializzazione: “Giakarta è molto soddisfatta del suo ingresso nei Brics perché ciò conferma il nostro ruolo più attivo nelle questioni globali e il nostro impegno a rafforzare la cooperazione multilaterale per creare un mondo più inclusivo e più equo”.
Uno degli strumenti più efficaci, ormai in vita da diversi anni, è la New Development Bank, ossia la banca che supporta e sostiene tutte le iniziative economiche e commerciali intraprese. Da tre anni è guidata, come numero uno, da Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile e storico braccio destro del presidente carioca Ignacio Lula da Silva. Una Roussef a tutto campo, negli ultimi mesi, impegnata soprattutto sul fronte della de-dollarizzazione, come ha sostenuto con vigore fin dal suo insediamento: affinché, cioè, sia data vita ad un sistema economico e commerciale indipendente e autonomo rispetto ai diktat imposti dal dio dollaro Usa.
Era ora.
Ecco un paio di link che vi faranno leggere gli ultimi pezzi messi in rete dalla voce sui BRICS.
Del 23 ottobre 2024
BRICS / L’ALTRA META’ DEL MONDO
Del 7 settembre 2024
TURCHIA / CHIEDE DI ENTRARE NEI BRICS CON RUSSIA E CINA. E ORA?
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