“Se in Francia ci fosse stata la libertà di portare le armi al Bataclan sono sicuro che andava diversamente”.
“Ho visto morire gente che avrebbe potuto vivere, per questo voglio che tutti abbiano accesso alle armi”.
“Non sono un paranoico, non sono un cowboy, ma voglio essere preparato”.
“Non ho mai visto soccombere uno con la pistola”.
E’ il Verbo del Vate degli “Eagles of Death Metal”, la band – di nome e di fatto – californiana che si esibì al Bataclan nella tragica notte parigina, band che torna a Parigi, stavolta ospite d’onore dell’Olimpia, in missione “terapeutica”, “per far tornare il sorriso alla gente”.
Come aperitivo, il capo band e capo branco, Jess Hughes, serve il suo appello pacifista, tanto per distendere gli animi e portare il suo ghigno, pardòn sorriso, in scena. Il nome della ciurma metallara, del resto, parla da solo: “Aquile del metallo morto”, tutto un programma.
Seguace a sua volta del Verbo di Donald Trump, sul trampolino di lancio per la scalata repubblicana alla Casa Bianca, mister Hughes non si separa mai dalla sua magnum, non il gelatino al cioccolato ma “la pistola che porto sempre con me”. Compagna inseparabile e imprescindibile per un membro tra i più attivi della “National Rifle Association”, non proprio un’adunanza di scout o giovani marmotte, ma la potente lobby pro armi made in Usa.
Manca solo una presidenza ad honorem del Ku Klux Klan. Parigini, se potete, esibitevi in una sonora pernacchia. Totò docet.
Nella foto Jess Hughes
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