Qualcuno dovrà spiegare ai napoletani, ma anche a tutti gli altri cittadini italiani, come ha fatto a diventare presidente dell’ANCI il sindaco della città metropolitana che si piazza penultima nella classifica sulla qualità della vita pubblicata dal Sole 24 Ore: posizione 106 su 107. Peggio sta solo Reggio Calabria.
Stiamo parlando evidentemente di Gaetano Manfredi e di Napoli, della sua disastrata vita di tutti i giorni, di una macchina comunale che è fanalino di coda anche per i pagamenti ai creditori. Già perché, al sindaco che commentando la penultima posizione parla di “ritardi storici”, si contrappongono i numeri. Cominciando proprio da quelli sui creditori. I malcapitati che accettano di lavorare per Palazzo San Giacomo – si legge sul Mattino – devono aspettare se va bene una media di 173 giorni per vedere onorate le loro fatture (a fronte dei 19 giorni delle amministrazioni di Centro-Nord). Nel frattempo hanno dovuto anticipare di tasca propria i costi della manodopera, delle materie prime ed anche delle tasse. Saldi che arrivano – se arrivano – molto spesso a babbo morto, quando i piccoli imprenditori, sfiniti dalle attese, magari hanno già dovuto chiudere i battenti e trasferirsi, per lavorare, in piazze italiane ben più civili.
Senza contare le tasse comunali tra le più elevate del Paese, che si abbattono come macigni su ogni cittadino, colpendo in particolare il già stremato ceto medio, privato di molti servizi essenziali e spesso anche della dignità.
Eppure, mentre con una mano il comune stringe i cordoni della borsa verso i creditori, con l’altra continua a sperperare denaro della collettività. Qualcuno sa dire, ad esempio, perché le 14 famiglie di Rione Traiano, sfollate a luglio 2024 per piccoli danni alla scala del palazzo, restano tuttora alloggiati in una ex scuola del quartiere a spese del Comune, con pranzi, cene, prime colazioni, riscaldamento e pulizie a carico dei contribuenti, mentre i lavori per il ripristino di quella scalinata, che riporterebbero finalmente le famiglie nelle loro case, non risultano ad oggi nemmeno avviati?
Certo è che, all’indomani dell’ennesimo record negativo certificato dal quotidiano di Confindustria, molti si stanno chiedendo come mai la città più invivibile del belpaese continui a far registrare un boom turistico. Verrebbe da pensare che esista la precisa volontà di abbandonare il popolo napoletano alla leggenda folcloristica che lo vuole sempre in affanno, intento ad esercitare l’arte di arrangiarsi per sopravvivere alle inefficienze della macchina comunale, distante anni luce dalle performance positive del resto del Paese. Un popolo volutamente lasciato alla sua tradizionale, oleografica immagine di pizza e mandolino (con l’aggiunta di qualche revolver, tanto per fare ancora più “colore”…), quel popolo “pagliaccio” che tanta gente viene qui ad osservare perché – come diceva una gag di qualche anno fa – in fondo è molto, “molto pittoresco”…
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