Caos ai vertici del Fisco di casa nostra.
Si dimette in modo clamoroso, dopo 10 anni di ‘Regno’, il numero uno dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. E lo fa sbattendo la porta, in aperta polemica con il governo, viste le pesanti bordate lanciate, di volta in volta, dalla stessa premier Giorgia Meloni e, soprattutto, dal capo Lega Matteo Salvini, contro “il fisco taglieggiatore che estorce soldi agli italiani”.
Parole che un pochino pur ci ‘azzeccano’, visto che il Fisco, negli ultimi anni, s’è sempre più accanito contro i contribuenti medio-piccoli, spesso e volentieri colpiti da gabelle taroccate & cartelle pazze, e non ha mai osato sfiorare i grandi evasori, i Paperoni come al solito a godersi i milioni non versati ai tropici.
Ma c’è chi vede, nell’uscita con la grancassa, un ‘progetto politico’ dietro l’angolo: da un lato Ruffini potrebbe essere il coniglio a sorpresa che esce dal cilindro per ‘federare’ i pezzi del centro sinistra; più credibilmente per dar vita a un ‘centrone’ capace di attirare da destra e da manca, tenuto contro del suo passato di stretta osservanza renziana e, per via paterna, democristiana: il padre, Attilio Ruffini, fu infatti un potente big della DC siciliana e nazionale, tanto da coprire la carica di Ministro della Difesa; mentre il fratello Paolo è stato direttore de ‘Il Mattino’ griffato Balena bianca ed è poi passato alle più ovattate stanze vaticane.
Il VERBO DEL NUOVO VATE
Partiamo, però, dalle news. In particolare da alcuni passaggi dell’intervista rilasciata al ‘Corriere della sera’ che ha dato fuoco alle polveri e svela il suo animo dedito unicamente al bene pubblico, ai diritti dei cittadini, alla salvaguardia dei beni comuni. E impartisce una bella lezione di ‘Morale’, di etica a 360 gradi.
Ecco il motivo delle dimissioni: “Perché è l’unico modo di rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce come la Costituzione e l’uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovevo tacere o lasciare l’incarico”. Mitico.
“Quello che è successo in questi giorni introno al mio nome descrive un contesto cambiato rispetto a quando ho assunto questo incarico e anche rispetto a quando ho accettato di rimanere. Ne traggo le conseguenze”. Tutto d’un pezzo.
Un possibile prossimo ruolo di ‘federatore’? “Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare. Dovremmo smetterla di considerare la politica come una partita a scacchi o un gioco di potere, perché dovrebbe essere un percorso fatto di discussioni, grandi ideali, progetti, coinvolgimento. Non un talent show per selezionare uno chef in grado di mescolare un po’ di ingredienti nella speranza che il piatto finale sia buono. Altrimenti si alimenta il distacco dei cittadini dalla politica. E si costruisce un futuro peggiore”.
Da novello San Francesco prosegue: “Per i valori in cui sono cresciuto, politica vuol dire innanzitutto avere a cura la comunità in cui si vive. Un’avventura collettiva fondata su rispetto e soprattutto partecipazione, perché ci si può impegnare anche senza avere ruoli, per semplice senso civico: non occorre diventare giardinieri per prendersi cura dell’aiuola davanti casa”.
Se comunque si occuperà di politica?: “Penso che questo sia un diritto e un dovere per ogni cittadino. Anche mio”.
“Non condivido il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette e il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte”.
E la frase ad effetto: “Non era mai capitato di vedere funzionari pubblici additati come estorsori di un pizzo di Stato. O di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore. Ho taciuto, finora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato: tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia”.
In rapida sintesi ecco le tappe del suo ultimo decennio.
Viene nominato amministratore delegato di Equitalia dall’allora premier Matteo Renzi a giugno 2015, dopo la trombatura referendaria. Resta in sella fino al 2017, per passare poi alla guida della neonata ‘Agenzia delle Entrate e delle Riscossioni’ (scelto dal primo ministro Paolo Gentiloni) fino al 2018, quando si ‘concede’ un anno abbondante di tregua, tornando a fare l’avvocato e patrocinando anche (come vedremo poi) grossi clienti che fanno causa al (suo) Fisco.
Per la più classica serie delle porte dorate sempre girevoli, torna in pompa magna alle (sue) Entrate nel 2020, con il secondo governo Conte, scelto dall’allora ministro del MEF Roberto Gualtieri, oggi sindaco di Roma. Anche il successivo premier, Mario Draghi, nel 2021, lo riconferma per quella strategica poltrona.
Non basta: perché pure l’esecutivo guidato dalla Meloni, nel 2022, gli dà carta bianca. Un ‘capo’ ottimo e abbondante per tutte le stagioni, quindi. Fino all’odierna ‘rottura’.
IL MAXI CONFLITTO
La ‘Voce’, all’epoca, ha scritto non pochi articoli sulla gestione-Ruffini delle nostre Entrate.
E ricostruito, soprattutto, la story di quell’anno ‘sabbatico’ che si concesse nel 2019, tra un’uscita e un’entrate dalle e alle dorate Entrate. Anno in cui si rimboccò le maniche per patrocinare in modo del tutto legale delle aziende che erano entrate in ‘lite’ col Fisco nostrano, tra cui una banca di medie proporzioni. Ma il conflitto d’interesse alto come un grattacielo prende corpo nel 2020, quando fa ritorno alle (sue) Entrate.
Si tutela in questo modo il tanto sbandierato ‘bene comune’?
E’ questa la logica tanto cristiana di chi pensa solo agli interessi della collettività?
O siamo in presenza di uno sdoppiamento della personalità, da perfetto dottor Jekyll e mister Hyde?
Il 18 giugno 2020 due parlamentari 5 Stelle, Paola Nugnes e Valerio Romano, presentarono al Ministero dell’Economia e delle Finanze un’interrogazione parlamentare che potete leggere integralmente attraverso uno dei link in basso. Eccone l’incipit.
“Nel 2015 il dottor Ernesto Maria Ruffini è stato nominato amministratore delegato di Equitalia. Nell’anno successivo presidente della stessa e nel 2017 è stato scelto dal governo Gentiloni come direttore dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione fino al 4 dicembre 2018. Ad inizio 2020 Ruffini è stato prescelto dal governo Conte II per guidare di nuovo l’Agenzia”.
Così prosegue l’interrogazione: “Da quanto si apprende dalla testata ‘La Voce delle Voci’ in una inchiesta di Andrea Cinquegrani del 22 maggio 2020, il dottor Ruffini, nel tempo trascorso tra i due incarichi al vertice dell’Agenzia delle Entrate, ha ripreso la sua attività di difensore, patrocinando in giudizio contro l’ente da lui stesso diretto fino a poco tempo prima, gli interessi, tra gli altri, della società AMIFIN e, nell’anno successivo, della ‘Banca di Viterbo credito cooperativo’, vincendo una vertenza contro la medesima Agenzia delle Entrate’.
In cui poi fa ritorno pochi mesi dopo…
Ai confini della realtà.
Ma ovviamente seguendo il Verbo’ che porta al ‘Bene Comune’.
Per fornirvi un quadro migliore, a questo punto, vi riproponiamo la lettura di alcuni pezzi della Voce.
Messo in rete il 4 marzo 2021
AGENZIA DELLE ENTRATE / L’ALLEGRA GESTIONE DI ERNESTO MARIA RUFFINI, IL MANCATO MINISTRO DI DRAGHI
Poi, del 19 giugno 2020,
AGENZIA ENTRATE / I CLAMOROSI CONFLITTI DEL MEGA-DIRETTORE RUFFINI
Quindi, del 22 maggio 2020,
AGENZIA DELLE ENTRATE / NEL REGNO DEL SUPER RENZIANO ERNESTO MARIA RUFFINI
Infine, a seguire, una nota che ci è appena pervenuta da un sindacalista dell’Agenzia delle Entrate: una testimonianza in presa diretta sul clima che si respira in uno dei gangli del nostro Stato, ormai ridotto in… stato comatoso.
Ernesto Maria Ruffini, figura chiave della politica fiscale italiana, ha annunciato oggi le sue dimissioni dal ruolo di Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sollevando interrogativi sul futuro della lotta all’evasione fiscale in Italia. In una dichiarazione che ha fatto scalpore, Ruffini ha sottolineato la mancanza di supporto da parte del governo, affermando che questa situazione rende inefficace il lavoro dell’Agenzia e mina il morale dei dipendenti.
Le parole di Ruffini: un atto d’accusa? Nel suo discorso di addio, Ruffini ha criticato apertamente il governo, suggerendo che non ci sia una reale volontà politica di affrontare il problema dell’evasione fiscale. Questa affermazione getta un’ombra sul rapporto tra le istituzioni e il governo, sollevando domande sull’efficacia delle misure finora adottate. “Se il Direttore si dimette perché il governo non facilita la lotta all’evasione, cosa dovrebbero fare i dipendenti? Seguire il suo esempio o continuare a lavorare per obiettivi che non risolvono il problema?” si chiede retoricamente un dipendente dell’Agenzia delle Entrate.
La carriera di Ruffini è stata segnata da un alternarsi di ruoli pubblici e privati. Già Direttore dell’Agenzia delle Entrate in passato, era stato richiamato per guidare l’ente in momenti critici. Tuttavia, non sono mancate polemiche: tra un incarico e l’altro, Ruffini ha esercitato la sua professione di avvocato fiscalista, assistendo contribuenti in contenziosi tributari contro l’Agenzia che in altri momenti aveva diretto. Questo aspetto ha sollevato dubbi sull’opportunità di tali incarichi e sull’integrità del sistema.
Le dimissioni di Ruffini evidenziano una questione cruciale: la difficoltà dell’Italia nel combattere l’evasione fiscale, che ogni anno sottrae miliardi di euro alle casse dello Stato. Nonostante le misure adottate negli ultimi anni, i risultati sono stati spesso considerati insoddisfacenti. La mancanza di una strategia chiara e di un forte sostegno politico sembra ostacolare gli sforzi dell’Agenzia delle Entrate, rendendo vani i tentativi di Ruffini e del suo team.
Quale futuro per l’Agenzia delle Entrate? Le dimissioni di Ruffini pongono una sfida importante per il governo. Da un lato, è necessario nominare un nuovo Direttore in grado di gestire un sistema complesso e di riguadagnare la fiducia dei dipendenti. Dall’altro, serve una riforma strutturale che renda la lotta all’evasione fiscale una priorità concreta, sostenuta da strumenti adeguati e da un chiaro impegno politico.
I dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, chiamati in causa dalle parole di Ruffini, si trovano ora di fronte a un bivio: continuare a lavorare con le risorse a disposizione o seguire l’esempio del loro ex Direttore, denunciando inefficienze e ostacoli. Il futuro della fiscalità italiana dipenderà dalla capacità delle istituzioni di affrontare questa crisi con trasparenza e determinazione.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.