RAPPORTO CARITAS / LE GUERRE OSCURATE DAI MEDIA

La spesa militare è in crescita esponenziale in tutti i paesi, con un incremento di quasi il 7 per cento dal 2022 al 2023.

La special hit è largamente capeggiata dagli Stati Uniti, che investono nella sempre più trainante industria delle armi il triplo della Cina e addirittura 9 volte di più della Russia.

Aumenta il numero delle guerre, soprattutto quelle dimenticate dal mainstream. E un posto d’onore nella ‘disinformazione’ spetta di diritto ai TG di casa nostra, sempre più omologati e cloroformizzati.

Sono solo alcune delle news da non poco contenute nel fresco rapporto redatto dalla Caritas Italiana, “Il ritorno delle armi – Guerre del nostro tempo”, autori Paolo Beccegato e Walter Nanni che riescono a mettere insieme, uno dopo l’altro, numeri da brividi, percentuali da far tremar le vene ai polsi. Sulla scia delle sempre più attuali, sempre più forti ma anche sempre più inascoltate parole di Papa Francesco ogni domenica da piazza San Pietro e in ogni occasione pubblica.

Eccoci alle crude cifre.

Sono attualmente 52 i paesi del mondo massacrati da guerre e conflitti.

Aumenta il numero delle guerre ‘ad altissima intensità’ (da 3 a 4) e ad ‘alta intensità’ (da 17 a 20), così come il numero dei morti nel corso dei conflitti, superando nel 2023 quota 170 mila, il più alto dal 2019.

Tragici i numeri sul fronte dei bambini uccisi da bombe & missili, e/o dalla fame, dalla mancanza di medicine, e via morendo di questo passo: quasi 12 mila nel 2023, con un aumento del 3,5 per cento rispetto all’anno precedente. Cifre mai raggiunte anche per quel che riguarda i minori rapiti: oltre 4.356 nel 2023.

300 milioni di persone dipendono esclusivamente dagli aiuti umanitari, mentre il numero dei rifugiati, a livello mondiale, è addirittura raddoppiato dal 2022 al 2023.

Ai confini della realtà.

Entriamo più nei dettagli.

Le guerre ad altissima intensità sono quattro: oltre ai ben noti conflitti in Ucraina e nella martoriata Striscia di Gaza, da sottolineare quelli sempre accesi in Myanmar (la ex Birmania) e in Sudan. Ne sentite mai parlare a livello mediatico? Solo Bergoglio, per fare un solo esempio, spesso cita le vittime del Myanmar, una voce nel deserto, la sua.

Sono venti le guerre ad alta intensità, con un numero compreso tra i 1.000 e i 10.000 morti all’anno.

Il Rapporto passa ai raggi x le spese militari.

Il massimo di sempre è stato toccato nel 2023 (si tratta dell’ultimo anno disponibile, visto che il 2024 deve ancora terminare), con la cifra record da 2.443 miliardi di dollari, il bilancio annuo di una nazione di dimensioni medio-grandi.

Per la prima volta l’aumento si è registrato in tutti i continenti, attestandosi ad un livello medio del + 6,8 per cento. Si tratta del 2,3 per cento del PIL globale: motivo per cui il tanto invocato – dai vertici NATO – incremento della spesa militare nei paesi alleati oltre il 2 per cento è già stato abbondantemente, e tragicamente, raggiunto.

Ecco la graduatoria della ‘morte’. Al top, of course, gli Stati Uniti, che nel 2023 hanno sganciato per produrre armi 820 milioni di dollari, con un 2,3 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Molto alle spalle la Cina, che non raggiunge il tetto dei 300 miliardi (è attestata a 296), ma fa segnare il più sensibile incremento sul 2022, pari al 6 per cento.

E di gran lunga distanziata la Russia, che a malapena supera quota 100 (arriva per la precisione a 109 miliardi di dollari).

Secondo gli autori, l’80 per cento degli italiani considera le guerre “evitabili”. Ma c’è un altro dato eclatante; la scarsissima conoscenza sia delle vere cause dei grossi conflitti, che la totale non conoscenza di moltissime guerre in atto in vari paesi martoriati.

Il Rapporto Caritas riporta alcuni precisi dati elaborati dall’Osservatorio di Pavia, che monitora il livello d’informazione dei TG di casa nostra.

Nel 2022 le news sulle guerre sono state 4.695, l’11,7 per cento del totale (oltre 43 mila). Il 96,5 per cento era dedicato all’Ucraina, il 3.5 per cento ad Afghanistan e Siria.

Nel 2023 il numero è sceso a 3.808, l’8,9 per cento del totale (42.976). Stavolta il 59 per cento sul conflitto israelo-palestinese nella Striscia di Gaza, il 46 per cento dedicato all’Ucraina, il 3,4 per cento suddiviso tra una quindicina di paesi belligeranti.

Da sottolineare che nel corso del 2023 sei paesi, pur teatro di conflitti, ossia Bangladesh, Etiopia, Guatemala, Honduras, Iraq e Kenya, “non hanno avuto alcuna copertura mediatica”.

Naturalmente il Rapporto non entra nel merito della ‘qualità’ dei reportage giornalistici, circa la loro ‘attendibilità’, soprattutto quelli forniti dal servizio pubblico. Altrimenti sarebbe stato profondo buio, con una totale dis-informazione a farla da padrone e con mandrie di ‘bufale’ a pascolare e moltiplicarsi a livello esponenziale. Ma questa è un’altra storia.

Un esempio lampante? La fresca guerra dei 10 giorni in Siria. Con i ‘ribelli’ o, se preferite, i ‘terroristi moderati’ coccolati dai media occidentali, nuove star della nascente democrazia dopo anni di macelleria griffata Assad.

Per evitare le fake news del mainstream e le corbellerie a iosa dei nostri TG, ecco un paio di pezzi che possono dare una mano a chiarire un po’ le idee.

Messo in rete da ‘Piccole Note’ il 9 dicembre,  Cade Damasco. Vince il caos costruttivo neocon

E firmato l’8 dicembre da Gianandrea Gaiani, animatore di ‘Analisi Difesa’,  Damasco come Kabul. La fuga di Assad e il ‘capolavoro’ di Hakan


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