SIRIA / IL “TERRORISTA MODERATO” CHE FA COMODO ALL’OCCIDENTE

In dieci giorni crolla il regno di Bashar al-Assad durato un ventennio, dopo un altro ventennio nelle mani del padre. Quasi mezzo secolo di potere che si sfascia come un castello di carta per l’attacco dei ‘ribelli’, i ‘liberatori’ secondo il mainstream occidentale.

C’è un forte odore di ‘eterodirezione’, il ‘sapore’ di quelle tante, troppe primavere arabe ma non solo che hanno portato una democrazia taroccata, instaurando regimi certo ancor peggiori dei precedenti. L’esempio di piazza Maidan, Kiev, accaduto dieci anni fa esatti, nel 2014, è sotto gli occhi di tutti, con il golpe bianco orchestrato dalla zarina Victoria Nuland, all’epoca numero due al Dipartimento di Stato Usa. Mentre ben prima la Libia inaugurò la stagione di quelle primavere (sic) insanguinate.

Bashar al-Assad. In apertura, Abu Mohammad al-Jolani

Oggi il ‘puparo’ – sul devastato scenario siriano che fatto mezzo milione dei morti nell’ultimo quindicennio di guerra civile – è l’inossidabile presidente turco Recep Erdogan, la più riuscita banderuola negli ultimi decenni, un autentico equilibrista, capace di tenere il piede in due staffe con grande abilità e, soprattutto, uno smisurato cinismo.

Un breve cenno, quindi, all’ultimo, clamoroso voltafaccia di Ankara.

Solo pochi mesi fa l’ineffabile Erdogan inneggiava all’annientamento di Israele e invocava l’unità del mondo islamico contro la sempre più pressante minaccia dell’esecutivo Netanyahu: è essenziale, sosteneva con vigore, che “Russia, Iran e Siria prendano tutte le contromisure efficaci per fermare l’escalation del governo israeliano”.

Un doppio gioco esemplificato dal ruolo sempre ambiguo sul bollente scacchiere politico internazionale: come tutti sanno la Turchia è un membro della NATO, il bastione alleato in terra mediorientale. E sono altrettanto alla luce del sole gli ottimi rapporti con Mosca: attestati, per fare un solo esempio, dall’intenzione manifestata dal governo di Ankara di fare il suo ingresso nei BRICS (acronimo di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), la sempre più affollata organizzazione economico-commerciale nata una quindicina d’anni fa e in forte sviluppo.

Erdogan

A cosa punta adesso Erdogan con il fondamentale appoggio dato ai ‘ribelli’ per rovesciare, in soli 10 giorni – incredibile ma vero – un Assad ormai alla frutta e abbandonato al suo destino dai sempre alleati Iran e Russia?

Non pochi, secondo alcuni analisti politici. Espandere la propria influenza nell’area in un momento cruciale come l’attuale; consolidare uno spazio geostrategico attraverso il territorio dell’Iraq; contare su un governo più che amico a Damasco.

Ma le vere priorità sono due e da cogliere come la più classica palla al balzo. La prima riguarda l’enorme massa di rifugiati siriani – oltre 3 milioni – sul suo territorio: da scaricare al più presto in direzione Damasco. E, ancor più, cominciare a disinnescare la minaccia curda, una vera ossessione, da anni, per Erdogan. Questa può essere la volta buona. Ecco cosa precisa una nota del ‘Council of Foreign Relations’: “Il gran timore è che i curdi siriani possano stringere accordi con qualsiasi governo centrale a Damasco per ottenere uno status autonomo, proprio come anno fatto i curdi iracheni dopo la guerra in Irak”.

Proprio per questo, per sventare la minaccia e far terra bruciata intorno ai curdi, Erdogan fa di tutto per appoggiare i ‘ribelli’ e garantirsi un governo ben più che amico.

Molto dipende dal ruolo che svolgerà il numero uno delle forze in rivolta, il sempre più emergente (e ambiguo) Abu Mohammad al-Jolani, 42 anni e una lunga storia di ‘terrore’ alle spalle. Il capo che ha guidato le truppe jihadiste alla conquista di Aleppo, Oman e ora Damasco, il nuovo super eroe, il Salvatore della patria (quale?), viene ora coccolato dai media occidentali. In poche ore sta diventando una star mediatica. Se fino a ieri era braccato dall’FBI e sul suo capo pendeva (e pende) una taglia da 10 milioni di dollari, ora è braccato dai reporter, che fanno a gara per intervistarlo.

Milizie siriane ribelli

La sua ‘carriera’ decolla sulle ali di AL QAEDA. E non ci stancheremo mai di ribadire quel che abbiamo documentato per anni: i movimenti del terrore, dalle nostre BR ad Al Qaeda, passando per ISIS e la stessa HAMAS (in questo caso i super finanziamenti ottenuti dal governo di Tel Aviv in funzione anti OLP prima e l’Autorità Palestinese di Abu Mazen poi) sono stati a lungo eterodiretti dalla CIA.

Proprio sul fronte di Al Qaeda gli esempi più lampanti.

Primo: come mai CIA ed FBI (quindi la Casa Bianca) sono stati a guardare per 10 mesi i movimenti negli USA, a scorrazzare libero tra uno stato e l’altro per organizzare il massacro, di Mohamed Atta, il capo commando nell’assalto alle Torri Gemelle?

Ma c’è il caso Osama bin Laden che sembra uscito da un riuscitissimo fanta-thriller. Ricordate il mitico pranzo (descritto tante volte dalla’ Voce’) nella fattoria dei Bush, ospiti d’onore la star del tennis Bjorn Borg, la sua compagna dell’epoca Loredana Bertè e nientemeno che la (poi) primula rossa del terrorismo internazionale?

Torniamo agli esordi del capo dei ‘ribelli’ liberatori osannato dall’Occidente.

 

Per tracciarne un preciso identikit vi proponiamo la lettura di alcuni pezzi non poco stimolanti.

Pubblicato il 7 dicembre da ‘InsideOver’, firmato da Andrea Muratore,  Abu al-Jolani, il jihadista dalle mille vite che mira a guidare la Siria

Ecco poi il pezzo messo in rete da ‘Piccole Note’ sempre il 7 dicembre, Siria: non si arresta lo tsunami jihadista

Quindi ‘Renovatio 21’ con l’articolo dell’8 dicembre,  La CNN riesce a intervistare un capo ‘terrorista moderato’

 

P.S. Tutti apprezzano e condividono la vita e il coraggio della senatrice Liliana Segre. Ieri sera ha preso il posto, sul palco della Scala, del presidente Sergio Mattarella impegnato a Notre Dame. La sovraesposizione della signora Segre, che nega il genocidio perpetrato dal governo di Tel Aviv e parla del diritto d’Israele all’autodifesa, è nei fatti un insulto a tutte le vittime innocenti palestinesi, oltre 45 mila fino ad oggi. Ci sembra doveroso rammentarlo.


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