Né amici, né Fratelli

“Alleanza, coesione, compattezza,  accordo, intesa, coalizione,  fusione”.
Di queste voci, estratte dal dizionario, abusa il centro destra per mettere sotto il tappeto le laceranti contrapposizioni interne, le incompatibilità Meloni-Salvini-Tajani, la guerriglia scatenata da idee e obiettivi antitetici. Di stretta attualità è lo scontro sul canone Rai. L’aspra contesa Lega-Forza Italia sfiora la rissa e aggiunge un altro capitolo alla scappatoia del rinvio per non decidere. Le posizioni in campo: Salvini vuole prolungare il taglio di 20 euro (da 90 a 70) del canone Rai, Forza Italia risponde con la minaccia di un nuovo strappo dell’alleanza di centrodestra, con il voto contrario che impedirebbe di approvare l’iniziativa della Lega. Domanda: il niet di Tajani è saggezza istituzionale, tesa a impedire che a compensare la perdita finanziaria della Rai con il finanziamento di oltre 400 milioni?  Ovvio, no.

L’ostracismo di Forza Italia anti Salvini ha radici nelle segrete stanze di Mediaset degli eredi di Silvio. I quali temono che la proposta della Lega potrebbe modificare il tetto della pubblicità per compensare i minori  introiti della Rai e che provochi la concorrenza al ribasso degli spot da parte di viale Mazzin, altra ipotesi negativa per Mediaset. Armati di pazienza, di attitudine alla ricerca, di vocazione investigativa, gli italiani non obnubilati dal tambureggiante, ossessivo spot propinato mattina e sera dalla genia affollata di  mestieranti della politica, hanno tanto e di più per dileggiare la prosopopea dei sodalizi tra partiti che spacciano egoismo, suprematismo, interessi di bottega, e con profondo disprezzo per l’intelligenza critica popolare, spacciano per appropriati gli aggettivi proposti nel sommario di questa riflessione sulla spietata guerra mediatica dichiarata nel lontano 15 dicembre del 1993, quando Berlusconi la dichiarò al servizio  pubblico della Rai. Viale Mazzini reagì con un inefficace antidoto, che nel tempo si è rivelato autolesionista (anche per effetto dell’accaparramento dei partiti di tele e radio giornali per uso privato), ovvero con la caccia permanente all’audience in concorrenza con gli spericolati avversari del potente network commerciale. Monopolio iniziale democristiano, la Rai ha messo in atto la logica del famigerato manuale Cencelli’, con la spartizione delle reti assegnate a DC, PSI, PCI (in ultimo con nascita di Rai3). Racconta la cronaca dei nostri giorni l’assoggettamento globale, centimetro per centimetro del servizio pubblico, l’indecente, univoco obiettivo di supportare la campagna elettorale permanente della destra, che sostituito lo storico logo Rai, con un appropriato Telemeloni.  In rapida progressione: pessimi palinsesti, flop di programmi assegnati con il manuale dell’‘amichettismo’, cali vistosi di ascolti, iniezioni di linfa vitale per il successo di Mediaset.
E però, la coesione del centro destra in casi particolari funziona. Per esempio con la difesa compatta del disastroso flop ‘Albania’ e ora con la proposta dell’emendamento al decreto fiscale proposto dal governo, che senza lo stop di Mattarella raddoppierebbe i contributi ai partiti (da 25 a 40 milioni).


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