Era un 25 novembre, quella notte del 1947 in cui fu rovesciato all’improvviso il tavolo della Costituente che aveva già deciso in materia di composizione del CSM: metà togati e metà laici, come avviene in tutti i Paesi civili. Invece quella notte cambiò tutto: un manipolo di costituenti capitanati da un giovane magistrato fece passare tutt’altro scenario: due terzi togati e un solo terzo di membri laici. Da quel momento la formulazione dell’Articolo 104 della Costituzione assegna ai magistrati un potere assoluto, che non ha eguali in nessun’altra parte del mondo.
Ma questo è anche il giorno in cui il deputato Enrico Costa conta ancora per l’ennesima volta le vittime innocenti della giustizia italiana:
«Dal 1992 a oggi – scrive su X – quasi 100mila persone arrestate sono state poi assolte, ma solo 30mila hanno ottenuto il risarcimento. Le Corti hanno respinto oltre il 70% delle domande perché l’arrestato avrebbe concorso all’errore del magistrato, frequentando brutte compagnie o non rispondendo».
Un’autentica ecatombe, per la quale non pagherà nessuno, se non le vittime e le loro famiglie.
Riportiamo allora un paragrafo dal libro di Rita Pennarola “La Repubblica delle Toghe” in cui, attraverso l’esame degli Atti della Costituente, la giornalista ripercorre punto per punto cosa avvenne quella fatidica notte del 25 novembre 1947, che cambiò il destino dell’Italia e della sua democrazia.
LA NOTTE CHE CAMBIO’ L’ITALIA
In seno all’Assemblea Costituente non è mai stata né scontata né netta la scelta di assegnare con l’articolo 104 una così preponderante maggioranza numerica alla componente togata del CSM. Il progetto originario della commissione, come vi abbiamo anticipato, stabiliva la composizione paritaria fra togati e laici. Se fosse passato, l’Italia sarebbe rimasta fin dall’inizio allineata agli altri Paesi europei. Ma così non è stato.
Per la cronaca — e per la storia — se in Italia la situazione è quella attuale, lo si deve alla proposta che in seno alla Costituente fu avanzata da un gruppo di costituenti di cui faceva parte il futuro capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, magistrato, all’epoca appena ventinovenne.
Questi alcuni brani del suo intervento in aula, il 25 novembre 1947, trascritti nei verbali ufficiali dell’epoca.
«Non si avrebbe indipendenza quando il Consiglio Superiore avesse una maggioranza di non magistrati, o anche quando rimanesse quello che è scritto nel progetto, dove è previsto che la metà dei membri siano magistrati e l’atra metà eletti dall’Assemblea fuori del suo seno».
«Nel mio emendamento il pericolo viene a scomparire mutandosi quella composizione in queste diverse proporzioni, che cioè nel Consiglio Superiore vi siano sotto la presidenza del Presidente della Repubblica, due terzi di magistrati eletti dalla Magistratura ed un terzo di non magistrati eletti dall’Assemblea. Per quanto poi riguarda la scelta di questo terzo, ritengo indispensabile che si tratti di tecnici».
A seguire, il presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini, Partito Comunista Italiano, poneva in votazione le tre proposte relative alla strategica composi zione del Consiglio Superiore della Magistratura. Queste.
«Proposta dell’onorevole Albozzi: tutti magistrati. Proposta dell’onorevole Scalfaro: due terzi magistrati. Proposta della Commissione, uguale a quella degli onorevoli Targetti, Grassi, Perrone Capano: metà magistrati e metà eletti dal Parlamento».
Quella paritaria, peraltro, era la proposta originaria della Commissione interna alla Costituente che era al lavoro proprio sulla composizione del CSM: metà e metà, il giusto equilibrio, senza scavalcare la sovranità popolare.
Meuccio Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, nel suo lungo ed appassionato intervento, quello stesso giorno lo affermò senza mezzi termini: «Il Comitato mantiene poi fermo il concetto di una parità fra elementi eletti dalla Magistratura ed elementi eletti dal Parlamento; parità che è fissata nel testo del pro getto, e non vi è ragione di accedere alle proposte degli onorevoli Caccuri, Villabruna, Scalfaro, di dare due terzi alla Magistratura ed un terzo soltanto al Parlamento. Tale squilibrio altererebbe il punto di partenza, dal quale muove la concezione della struttura di questo organo».
Noto giurista, più volte ministro, poi senatore a vita, Ruini era uno dei più autorevoli padri costituenti, tanto che a lui venne affidata la presidenza della “Commissione dei 75”, incaricata di redigere il testo costituzionale. Le sue parole sulla composizione del CSM restano scolpite nell’albo d’oro della nostra repubblica. Ma purtroppo non bastarono.
In quella stessa seduta prevalse l’influenza del gruppo di cui faceva parte l’autorevole magistrato Scalfaro.
Da quel giorno in poi né il Parlamento eletto dai cittadini, né il governo, hanno più esercitato alcun controllo sull’operato di giudici e pubblici ministeri.
25 novembre 1947. Da lì è partito il sistema giudiziario tutto italiano, che non ha uguali nel mondo democratico.
Rita Pennarola
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