“La morte non esiste” è il provocatorio titolo di un lavoro firmato dall’ex reporter di guerra, il francese Stephen Allix, che sta per diventare il libro dell’anno, per la gioia della casa editrice, Harper & Collins.
Parla da sola la copertina che, oltre all’immagine del suo autore, ha un altrettanto eloquente, lungo sottotitolo, “Un’inchiesta scientifica – Un viaggio spirituale – Le prove della vita oltre la vita” e ancora “15 anni di indagini rivoluzionarie, un faro di speranza oltre la vita terrena”. E poi il succoso commento di un critico, “Il best seller che sfida le convinzioni sociali sulla fine dell’esistenza”.
Un mix perfetto per infondere speranze in un mondo che le sta perdendo ogni giorno che passa.
Spiegano gli editori: “L’idea nacque quando Stephen aveva 32 anni, era reporter in Afghanistan con il fratello, che morì improvvisamente in un incidente stradale. In quel momento in lui si accese una luce e cambiò del tutto vita. Smise di fare l’inviato di guerra e si dedicò solo a capire e far capire cosa c’è dopo la vita, cioè che non termina tutto lì. Ma c’è qualcosa, attraverso la coscienza, che non finisce mai e sopravvive alla morte cerebrale”.
Viene ancora chiarito: “Allix ha scoperto, analizzato, studiato una enorme mole di dati scientifici ottenuti da esperimenti nel campo delle neuroscienze, come gli effetti sull’essere umano, provati su si sé, di sostanze allucinogene quali l’Ayahuasca e la Psilocibina, per esplorare i momenti in cui il cervello si ferma per lasciare spazio alla coscienza. I risultati sono sconvolgenti”.
Passiamo in rapida carrellata i passaggi salienti di alcune fresche interviste che l’autore ha rilasciato.
“Tutti noi ci confrontiamo con la morte. Io l’ho fatto anni fa con quella di mio fratello, lo fanno milioni di persone con i loro cari defunti. Il titolo del libro propone la realtà che emerge attraverso una lunga inchiesta. Che cosa muore quando uno muore? La vera persona? O solo una maschera? Quello che muore è il corpo: e noi non siamo solo questo corpo. Siamo ben più di questo corpo. A livello spirituale e di coscienza fondamentale la morte non esiste. Quando moriamo il nostro corpo smette di funzionare ma la nostra coscienza continua a vivere, a proseguire una forma di esistenza”.
Così continua l’analisi: “L’essere umano è capace di percepire, osservare, ricordare delle cose nel momento in cui la sua coscienza funziona, anche se non collegata all’attività del cervello. E’ il caso della morte imminente (NDE – Near Death Experience, ndr), dove persone in coma o tra la vita e la morte si osservano dall’alto o vedono luci luminosissime attorno a loro. Oppure in quello della visione a distanza, dove viene dimostrato che l’essere umano è capace di percepire a lunghissima distanza. Tecnica peraltro usata nel programma di spionaggio statunitense ‘Stargate’. In pratica la nostra coscienza non è bloccata nel tempo e nello spazio. Una sua parte fondamentale è di natura spirituale e non è influenzata dalla morte del cervello”.
Ancora: “Nel mio libro spiego il modo in cui l’attività del cervello restringe, limita, blocca la nostra coscienza, in certo modo, nel tempo e nello spazio. Il conflitto, quindi, è più tra una coscienza fondamentale che ha accesso a uno spazio infinito e l’attualità del nostro cervello che la riduce alle piccole esperienze del quotidiano”.
Nello specifico: “L’Ayahuasca permette una grande apertura della coscienza. Consente di entrare in una dimensione della realtà nella quale non si accede nel tempo ordinario. Gli sciamani dell’Amazzonia dicono che questa realtà è una dimensione spirituale dove vivono gli spiriti dei morti, della natura, degli animali e delle piante. Ho raccolto testimonianze che permettono di avere la certezza che si sta parlando di un’altra dimensione della realtà alla quale la nostra coscienza può accedere”.
Infine: “L’aspetto straordinario, oggi, è che è la stessa scienza a metterci a confronto con una realtà nuova. Trovo interessante e paradossale che queste scoperte di spiritualità abbiamo controprove eminentemente scientifiche”.
Qualche breve nota sull’autore.
A 19 anni va in Afghanistan come giovanissimo reporter di guerra, un’esperienza dove ne vede di tutti i colori ed è a contatto quotidiano con la morte. Che lo tocca nell’affetto più caro, perché il fratello Simone perde la vita in un tragico incidente stradale in quell’inferno di missili e bombe. Decide di cambiare vita, smette di fare il reporter e si dedica da allora anima e corpo alle ricerche sul ‘Dopo’, proprio come si intitola il libro precedente, uscito pochi mesi fa, maggio 2024, “DOPO – La straordinaria inchiesta di un reporter sulle prove della vita oltre la vita”.
Nel 2007 dà vita all’“Institute de Recherche sur les Experiences Extraordinaires” (INREES), che si dedica alla pubblicazione di riviste e periodici sulle “esperienze umane insolite” come quelle di pre-morte.
I suoi libri vanno per la maggiore, soprattutto in Francia (da noi se ne è parlato ben poco, forse questa è la volta buona), ma ovviamente attira su di sé anche gli strali della critica. Ne è un esempio l’Express, che ne attacca “il dono di spacciare teorie confuse per concetti ‘razionali’, socialmente accettabili e di grande successo nelle librerie”.
Ecco, di seguito, alcuni dei titoli pubblicati nell’ultimo ventennio e passa.
“Afghanistan, Aux sources de la drogue” (2002); “Manuel clinique des experiences extraordinaires” (009); “La mort n’est pas un terre etrangere” (2009); “Entre ombre et lumiere” (2019); “Nos ames oubliees” (2021); “Un fantome sur le divane” (2022); “La mort n’exist pas: 15 ans d’enquete sur l’apres-vie pour gagner en serenite” (2023).
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