Tra un paio di settimane, a novembre, parte la campagna di vaccinazioni per i neonati contro il virus respiratorio sinciziale (VRS). Lo aveva deciso il ministro della Salute Orazio Schillaci, lo ha appena confermato e sancito la ‘Conferenza Stato-Regioni’. Ecco quindi pronto a scendere in campo l’anticorpo monoclonale prodotto da una delle star di Big Pharma, il colosso francese Sanofi.
Ma c’è un campanello d’allarme suonato dall’Istituto Superiore di Sanità, che in una nota dei primi di ottobre rileva come “la somministrazione a tutti i nuovi nati, e non soltanto ai neonati fragili, dell’anticorpo potrebbe non essere opportuna e comportare dei rischi”.
Come mai nessuno ne parla?
Perché medici, ricercatori, scienziati, politici & media hanno totalmente ignorato quella indicazione, finita in modo colpevole sotto tonnellate di naftalina?
Vediamo di capire qualcosa del giallo. E per questo partiamo dalle news.
A TUTTA ANSA
Dettaglia l’ANSA in un ‘minuzioso’ comunicato. “Immunizzazione in tutta Italia per tutti i neonati, a partire da novembre, contro il virus sinciziale, causa di infezioni anche gravi come la bronchiolite. La Conferenza Stato-Regioni ha approvato l’iter che dà il via libera alla campagna mirata a proteggere tutti i piccoli che nasceranno dal 1 novembre e quelli nati nei 100 giorni precedenti, ovvero da fine luglio, utilizzando l’anticorpo monoclonale Nirsevimab che ha dimostrato di poter prevenire il 90 per cento delle ospedalizzazioni. Il piano riguarderà anche i bimbi fragili con meno di 24 mesi e poi sarà valutato un ‘eventuale allargamento progressivo – si legge nell’intesa approvata – a tutta la coorte 2024 in base all’andamento del progetto’”.
Così prosegue il dispaccio dell’agenzia: “Per la ripartizione delle dosi tra Regioni è stato stabilito un meccanismo di ‘coesione solidale’ del 20 per cento di queste ultime da parte di quelle che hanno già concluso la gara d’acquisto ‘al fine di soddisfare il fabbisogno delle Regioni sprovviste dell’anticorpo monoclonale’”.
Ancora: “Afferma Maria Rosaria Campitiello, Capo Dipartimento della Prevenzione al ministero della Salute: ‘Siamo riusciti a stanziare 50 milioni di euro per consentire un accesso equo a tutti i neonati già per questa stagione invernale. E’ un risultato che rispetta l’impegno preso dal ministro Schillaci e che abbiamo ottenuto con il contributo delle Regioni. La collaborazione e la sinergia risultano ancora una volta fattori strategici per rafforzare la salute pubblica”.
La durata iniziale prevista per il Piano è di 6 mesi, con la possibilità di una estensione in base ai risultati raggiunti e alle risorse disponibili. Secondo i dati ministeriali, nel 2023 sono stati circa 15 mila i piccoli affetti da bronchiolite, 3 mila sono finiti in terapia intensiva e 16 sono deceduti.
Si dichiara soddisfatto per il Piano il presidente della ‘Società Italiana di Neonatologia’, Luigi Orfei: “L’azienda produttrice dell’anticorpo monoclonale ha assicurato una copertura per il 75 per cento dei neonati e tale meccanismo consentirà una copertura totale”. La matematica, a questo punto, è pura opinione: visto che il 75 per cento è identico al 100 per cento. Non è mai troppo tardi.
Sicura del fatto suo e soprattutto del suo prodotto, ma non poco dura con le autorità politiche nostrane, la casa produttrice Sanofi in una nota punta l’indice: “Le dosi di Nirsevimab non ci sono per tutti. Bisognava pianificare molto meglio”. E spiega: “In un contesto di crescita della domanda globale, in cui i tempi di produzione del Nirsevimab sono cruciali, la prima procedura pubblica di acquisto è stata pubblicata a fine giugno 2024, molte altre a settembre e alcune non sono state ancora pubblicate”. Capito, coglionazzi?
Ma torniamo alla nota Ansa da cui siamo partiti, per vedere come si conclude.
“A ottobre, in una nota al Ministero della Salute, l’Istituto Superiore della Sanità ha rilevato come la somministrazione del prodotto a tutti i nuovi nati (e non soltanto ai neonati fragili), potrebbe non essere opportuna e comportare dei rischi. Una indicazione contrastata da medici, pediatri e neonatologi. Oggi la svolta, con l’intesa approvata che sancisce definitivamente che l’immunizzazione sarà ‘universale’”.
Ai confini della realtà, l’articolo messo in rete dalla prima agenzia di stampa a livello nazionale da sempre.
Sorgono subito spontanee alcune domande.
Come è possibile minimizzare e addirittura ridicolizzare una nota dell’Istituto Superiore di Sanità, che non è l’ultimo pollaio del quartiere, con tutto il rispetto per i polli?
Come si fa a scrivere che quella considerazione è stata contestata da ‘medici’ (quali?), ‘pediatri’ (quali??), ‘neonatologi’ (quali???).
Come si fa ad usare una tale leggerezza, superficialità e ignoranza in un articolo così delicato, perché riguarda la salute di tutti i nascituri e di molti ‘neonati’, come viene accuratamente dettagliato nel pezzo che alla fine implode?
E sorgono altri inquietanti interrogativi, di ben maggior peso.
Come ha potuto il Ministero della Salute ignorare e bypassare quella preoccupata nota diramata dall’Istituto Superiore della Sanità?
Come fa l’AIFA, ossia l’Agenzia Italiana del Farmaco, a fottersene di tutta la story?
Come fa l’EMA, ossia l’European Medicines Agency, vale a dire l’agenzia europea del farmaco, a lavarsene le mani in modo criminale?
A seguire il branco di ricercatori & scienziati, di tutta evidenza genuflessi davanti ai colossi di Big Pharma; e i politici, ugualmente asserviti e prezzolati dalle big (pig) del sempre più ricco settore farmaceutico.
Passiamo a SANOFI, che ha brevettato, prodotto e messo in commercio il ‘miracoloso’ (per adesso, vedremo poi ‘l’effetto che fa’) NIRSEVIMAB, il taumaturgico anticorpo monoclonale che sconfigge il terribile virus sinciziale. Subito una micro-considerazione: anche solo a calcolare la tabella ‘costi-benefici’, rammentiamo che – a fronte di rischi per ora non calcolati, ma comunque certo da non prendere sottogamba, come invece in modo criminale è stato fatto con i prodotti ‘anticovid’ – il virus avrebbe causato nel 2023 16 decessi. Non proprio una pandemia.
DENTRO IL COLOSSO SANOFI
Ecco un breve identikit della star che produce Nirsevimab.
Si tratta della transalpina ‘SANOFI’, fino a qualche anno fa più nota come ‘Sanofi-Aventis’, sbocciata vent’anni fa esatti (ma una lunga storia alle spalle con altri nomi), nel 2004, oggi presente con sedi e uffici in 100 città al mondo, oltre 100 mila dipendenti, leader nei 5 continenti e, soprattutto, nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. In Italia ha il suo quartier generale a Milano, accorsati uffici a Roma e Modena, stabilimenti a Origgio, Anagni, Brindisi e Scoppito.
Sono in corso, secondo le ultime analisi stilate da ‘Bloomberg’, intense trattative, giunte quasi alla svolta finale, per la vendita di uno dei suoi più rigogliosi rami d’azienda, ‘Opella’, ad un fondo di private equity (i soliti maxi hedge fund, che ormai dominano la scena finanziaria internazionale) a stelle e strisce, ‘CD&R’, per la bella cifra di 15 miliardi di euro. Opella produce e vende soprattutto vitamine: e l’operazione consente a ‘mamma’ Sanofi di tuffarsi con maggior lena sui segmenti più innovativi e fonte di inesauribili profitti, come le nuove terapie per il cancro e le malattie rare. Lo stesse percorso – dettaglia Bloomberg – intrapreso dalle altre big del farmaco, come Novartis, GSK e soprattutto Pfizer, la regina dei vaccini anti covid a bordo del suo gettonatissimo e compratissimo ‘Comirnaty’: soprattutto dalla UE. Da 71 miliardi di euro i primi contratti 2021 siglati da Ursula von der Leyen, oggi sotto processo per corruzione davanti al tribunale di Liegi, con il compagno di merende, il Ceo di Pfizer Albert Bourla, anche lui imputato nell’udienza del 6 dicembre.
Pfizer, continua Bloomberg, sta vendendo a care fette le quote societarie di una sua creatura, ‘HALEON’, costituita proprio con GSK e produttrice del famoso dentifricio ‘Sensodyne’: tutto ciò per concentrarsi sempre di più sulla gallina dalle uova di platino: i vaccini, of course.
Da tener presente che l’Istituto Superiore di Sanità non ha mai gridato ‘al lupo al lupo’. Sottovalutando del tutto, ed in modo colpevole, i primi ‘effetti avversi’ causati dai prodotti anti covid soprattutto a livello cardiocircolatorio, con un aumento esponenziale, nei mesi dopo le prime campagne vaccinali, di pericarditi, miocarditi, trombosi, ictus e infarti; ma non solo, perché nello stesso periodo sono cresciute in modo molto sensibile le patologie tumorali, nonostante i ‘progressi’ (sic) scientifici nel campo. Effetti ‘ignorati’ regolarmente dall’EMA, a livello europeo, e dall’AIFA, a livello nazionale. Per non parlare del CTS (il famigerato ‘Comitato Tecnico Scientifico’) del tutto colluso con Big Pharma e il nostro ministro della Salute (sic) Roberto Speranza, che ha sulla coscienza, con il suo ‘Tachipirina e Vigile attesa, in vigore da febbraio a dicembre 2020, tante morti (sul totale dei 120 mila) di quei tragici mesi.
Quindi se oggi finalmente, una volta tanto, si accendono i riflettori dell’Istituto Superiore di Sanità, perché dargli un minimo retta?
LE MOSCHE BIANCHE
Ma vogliamo finire sottolineando l’impegno di chi ha davvero dato (e sta dando) la sua vita per accendere quei riflettori sugli effetti prodotti dai vaccini: soprattutto sulla pelle dei più indifesi, come i neonati, i bambini, i minori.
Proprio con questa finalità è nata ‘Children’s Health Defence’, l’associazione quotidianamente animata da Robert Kennedy junior che da anni e anni si batte per la tutela della salute dei più indifesi, appunto, soprattutto sul fronte dei vaccini. A cominciare da quelli tradizionali, per finire, of course, con gli anti Covid, soprattutto i più pericolosi per la salute, ossia quelli a mRNA, griffati ‘Pfizer’ e ‘Moderna’.
Sempre a livello internazionale, ha profuso tutto il suo impegno fino alla fine il premio Nobel francese Luc Montagnier: per denunciare i rischi connessi ai ‘prodotti’ anti covid, ma negli anni precedenti per mettere in guardia sull’uso dei vaccini tradizionali, da usare, come ha sempre predicato, seguendo i principi di ‘precauzione e di massima cautela’: perché non si tratta di acqua fresca da iniettare in modo sconsiderato nelle vene dei minori e perfino dei neonati!
Arrivando a casa nostra, il numero uno sul fronte della cautela e attenzione massima è stato ed è Giulio Tarro, una mosca bianca nell’arcipelago dei virologi taroccati stile Roberto Burioni, per dire un sol nome, l’allergologo-massone (a sua insaputa) che ancora imperversa sulle tivvù al seguito di Fabio Fazio, prima su Rai 3 poi via La7 ora sulle ondeDiscovery.
Allievo di Albert Sabin che scoprì l’antipolio e poi in grado di sconfiggere prima il colera e quindi il ‘Male oscuro’ che aveva ucciso decine e decine di bambini a Napoli negli anni ’70, Tarro ha firmato, nel 2018, ’10 cose da sapere sui vaccini’: un libro che è ancor più utile oggi, quando siamo alle prese con il vaccino anti sinciziale.
Poi ha firmato, a giugno 2020, appena scoppiata la pandemia, il profetico ‘Covid 19 – IL virus della paura’, in cui già svelava i meccanismi di paura-terrore attivati dai governi occidentali per ‘obbligare’ i cittadini a subire vaccini & lockdown.
Due anni dopo, giugno 2022, ‘Covid 19 – L’incubo è finito’, in cui documenta quegli effetti avversi e sostiene la necessità di effettuare un necessario test genetico, per verificare se il fisico della persona può sopportare l’impatto di quei vaccini, soprattutto a mRNA. Ovviamente le autorità (sic) politiche e scientifiche se ne sono lavate le mani.
Quante vite si sarebbero potute salvare con quei test?
N.B. Vi consigliamo, come al solito, di consultare l’archivio della Voce e di andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page. Potrete così ritrovare e rileggere articoli e inchieste sui personaggi che vi interessano, digitandone nome e cognome: da URSULA VON DER LEYEN ad ALBERT BOURLA, da GIULIO TARRO a LUC MONTAGNIER e ROBERT KENNEDY, da PFIZER a MODERNA e così via.
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