Sanità, la grande bellezza. Di sconfinati poteri e denari senza fine. Lo ha ben intuito, il premier Matteo Renzi, che sullo scacchiere nazionale può contare su alcune pedine strategiche, tutte made in Toscana, la sua terra: si tratta di Federico Gelli, membro della commissione Affari sociali alla Camera e responsabile Sanità del Pd, e di Andrea Marcucci, l’antenna di Matteo in Senato e fratello di Paolo, ora al vertice del gruppo Marcucci, leader assoluto nella lavorazione e commercializzazione di emoderivati. Mentre a Napoli sta per iniziare (prima udienza il 16 febbraio) il processo per la strage di sangue infetto anni ’70-80.
Procediamo con ordine a partiamo dalle “news”. 5 febbraio. Una dichiarazione di Gelli arriva come un fulmine a ciel sereno: “non ha senso chiedere di aprire una discussione su qualcosa che non è mai stato, non solo voluto, ma neanche pensato dal governo. Forse Bersani è rimasto al passato e non ha posto la dovuta attenzione al cambiamento di rotta per la sanità messo già in atto dall’esecutivo”. Dura risposta a un semplice pigolio del capo dell’opposizione interna al Pd, che ogni tanto muove la coda per segnalare la propria esistenza. Qualche giorno prima, infatti, l’ex segretario Pierluigi Bersani aveva lanciato un “allarme”, a proposito della “strisciante privatizzazione del Sistema Sanitario Nazionale”.
Incalza Gelli: “E’ vero, la sanità negli anni passati ha subito tagli per circa 30 miliardi, ma con il governo Renzi è stato avviato un piano di graduale crescita del Fondo sanitario nazionale. Per cui parlare oggi di tagli per 3 o 4 miliardi o di privatizzazioni è del tutto fuori luogo”. Non contento, aggiunge: “Stiamo portando avanti con decisione quanto programmato nel Patto per la Salute proprio per garantire la sostenibilità futura del nostro servizio sanitario. Forse a Bersani sono sfuggiti gli ultimi provvedimenti come il finanziamento di 800 milioni per l’aggiornamento dei Livelli di assistenza atteso ormai da quindici anni, l’istituzione di un fondo ad hoc per garantire il più ampio accesso possibile ai nuovi farmaci innovativi, l’individuazione di Regioni benchmark per l’acquisto di beni e servizi, fino al nuovo Albo nazionale per la nomina dei Direttori generali di Asl e ospedali che mette finalmente alla porta la politica dando spazio alla trasparenza e alla meritocrazia”.
Nota un medico partenopeo che lavora da oltre vent’anni alla Regione Campania, la più spendacciona a livello nazionale, senza che peraltro vengano garantiti adeguati livelli di assistenza. “L’ultima infornata di nomine fatta dalla giunta De Luca è di segno totalmente opposto, continua con le vecchie logiche, il manuale Cencelli seguito per anni in obbedienza al volere di Ciriaco De Mita, il grande alleato che ha permesso la vittoria del governatore renziano. Ma il premier sa bene che non deve mettere il naso sotto il Garigliano. Al massimo qualche ‘consiglio’ via Gelli, niente di più”.
Un Gelli che invece al centro nord viaggia col vento in poppa. A partire dalla Toscana, potendo contare su un possente braccio destro, l’assessore regionale per la sanità Stefania Saccardi, ora impegnata sul fronte del reperimento di 1 milione di vaccini (un totale da 30 milioni di euro) per fronteggiare l’emergenza meningite nella sua regione. Un altro medico di lungo corso dell’Asl 10 di Firenze racconta: “tre vite, tre percorsi per certi versi paralleli, quelli di Renzi, Gelli e Saccardi. Tre cuori Dc, tre dediti al volontariato cattolico, tre ex Margherita: e gli ultimi due hanno seguito passo passo, come un’ombra, l’ascesa del Capo”. Nel pedigree dell’avvocato Saccardi “Katerpillar” (così viene soprannominata dagli aficionados) ci sono anche l’incarico di ufficio stampa al ministero degli Interni e in quello della Giustizia.
Welfare & legalità pure nel fitto curriculum targato Gelli. Scout da ragazzo, proprio come il suo premier, quindi a tutto volontariato e associazionismo, un virgulto di mamma Dc sotto i vessilli Acli, poi dopo la laurea in medicina in rapida successione un sfilza di incarichi: vicedirettore sanitario dell’azienda ospedaliera universitaria di Pisa, “Emergency manager” all’Asl 10 di Firenze, quindi dal 2012 direttore sanitario del Presidio Ospedaliero Firenze Centro, localizzato all’ospedale di Santa Maria Nuova. A livello politico, prima l’ingresso nel consiglio regionale della Toscana con la maglietta dei “Democratici Rinnovamento Italiano” quindi nel 2013 lo sbarco a Montecitorio, eletto nella circoscrizione Toscana XII. Inizia da qui l’irresistibile ascesa del dottor Gelli, che ha dovuto sudare sette camicie e altrettanti camici bianchi per scrollarsi di dosso un cognome tanto ingombrante: che tuttavia non gli ha impedito di diventare, a fine di quel magico anno – in rapida carrellata – membro di due commissioni parlamentari, Affari Sociali e Semplificazione; di assumere la presidenza di Cesvot Toscana, ossia il Centro Servizi che nella sua regione raggruppa oltre 3.500 associazioni di volontariato, e di Enaip Toscana, organismo dedito a formazione e lavoro; nonchè membro dell’ufficio di presidenza della Fondazione Antonino Caponnetto (nel cui direttivo figura Lorenzo Diana, il parlamentare ex pci, poi Idv coinvolto nella vicenda CPL Concordia, sotto inchiesta per gli appalti metaniferi via Casalesi). Da una scuola di legalità all’altra, Gelli ha anche diretto per un paio d’anni quella dedicata ai “dirigenti e amministratori del partito”, dove si sono fatti le ossa – stando alle cronache – anche quelli coinvolti nei maxi appalti del Mose di Venezia.
SPUNTA L’ASTRO DI SUPER NOVA
Ma il fiore all’occhiello del dottor Gelli (tra i generosi finanziatori della renziana Fondazione “Open”) si chiama Nova. Una stella che spunta due anni fa, comincia a illuminare le strade per il futuro della sanità di casa nostra e poi sparisce nelle nebbie ministeriali. Superberlusconiana, poi folgorata sulla via di Angelino Alfano, la ri-confermata ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha come stella polare l’efficienza in campo sanitario: e per questo nella sua Agenda ha subito fatto capolino l’esigenza di digitalizzazione spinta, per arrivare un po’ alla volta alla creazione personalizzata di “fascicoli sanitari elettronici” per ogni singolo paziente-utente. Insomma, descrivono al ministero, il varo di un vero e proprio “ecosistema digitale” per analisi, prestazioni & pillole.
Identici gli obiettivi che guarda caso coltiva, fin dalla sua costituzione nel 2013, l’Associazione Nova, capitanata dal dottor Gelli, il quale, sul ponte di comando, è affiancato da non pochi pezzi da novanta, soprattutto nel settore delle alte tecnologie. Suo vice è Carlo Mochi Sismondi, storico vertice del Forum della Pubblica amministrazione, mentre il consiglio direttivo è animato da Stefano Orselli, district manager di Philiphs Healthcare, Stefano Cinquini, sales manager di Telecom in Toscana, Umbria e Marche, da Umberto Bessi e Patrizio Donnini, titolari rispettivamente di Axiome e Dotmedia, renziani doc. Dotmedia, dal canto suo, ha stretto legami con la Eventi 6, sigla fondata da Matteo Renzi in persona e della quale è stato socio fino al 2004: Dotmedia ha curato le campagne di comunicazione del Comune di Firenze e, ovviamente, del premier. Nell’orbita di Nova altre stelle del settore: come Dedalus spa, che fa capo al fiorentino e amico di Matteo, Giorgio Moretti, che anni fa si è aggiudicato un appalto da 4 milioni di euro (poi lievitato a 7) proprio per l’informatizzazione sanitaria della Regione Abruzzo; e addirittura la multinazionale a stelle e strisce Engineering, che ha da tempo nel mirino Ancitel, la sigla targata Anci che si occupa di informatizzazione della pubblica amministrazione. “Ma la platea dei partner che Gelli può coinvolgere nel maxi progetto – osservano al ministero della Salute – non è finita qui: fanno capolino Exprivia, NoemaLife e addirittura le stesse Poste, che non sanno più come diversificare, visto che stanno diventando sempre più banca”.
Ma torniamo ai progetti digitali sognati da Beatrice Lorenzin. Al Festival della Salute promosso esattamente un anno fa a Viareggio da Nova venne celebrato in pompa magna il fidanzamento ufficiale. All’evento intitolato “Per un nuovo sistema sanitario universale, equo e inclusivo, volano dell’economia” fu protagonista proprio la titolare della Salute, che scendendo “dall’universale al particolare” parlò esplicitamente di “accordo finalizzato alla costruzione di un ecosistema digitale per la sanità che prevede la digitalizzazione dei processi amministrativi, di assistenza e cura, a vantaggio di una sanità più efficiente, più appropriata e che costi meno”. Gli stessi, identici obiettivi “programmatici” e societari di Nova. Due cuori, dunque, e una ricca capanna. E tutto dentro la cornice d’amore del “Patto per la Salute” sempre atteso.
Gli unici a non vederci chiaro, nella vicenda, sono i sempre rompiscatole 5 Stelle, che sentono puzza di bruciato. Ad una prima interrogazione parlamentare per chiedere lumi, nel 2014, ne fa seguito una seconda, a luglio 2015, dove viene chiesto espressamente a Lorenzin di chiarire i termini di un’intesa tra il ministero e Nova del tutto nebulosa; “quali siano i motivi per cui il progetto ‘Ecosistema digitale’ risulti ancor oggi irreperibile, se e quando verrà reso pubblico e se intenda renderne noto il contenuto agli interroganti; se non intenda doveroso illustrare con esattezza la natura e la qualifica del progetto, e con quale modalità lo stesso eventualmente interagisca con il Servizio sanitario nazionale”. Chiedevano ancora a luglio scorso i 5 Stelle di sapere “in base a quali criteri e con quale modalità selettiva ad evidenza pubblica (bando, concorso e altro) sia stata compiuta la scelta delle aziende promotrici del nuovo progetto di sanità digitale”. Infine, “se non ritenga che l’eventuale affidamento del citato progetto all’associazione Nova possa risultare gravemente inopportuno”, alla luce di non poche ombre. E di non pochi conflitti d’interesse grossi come una casa. Come è capitato, poche settimane fa, con la ventilata nomina di Stefano Carrai, testimone di nozze e amico numero uno di casa Renzi, al vertice della Ciber Security di casa nostra. Conflitti stellari che ormai passano in seconda e terza fila…
Sono trascorsi sei mesi e rotti ma lo scenario è sempre nebuloso. Ecco cosa dichiara il primo firmatario dell’interrogazione 5 Stelle, Giulia Di Vita, membro della commissione Affari sociali della Camera: “non abbiamo mai avuto alcuna risposta alle nostra interrogazioni. L’abbiamo presentata e ripresentata anche in commissione, ma niente. Abbiamo sollecitato una risposta svariate volte, il silenzio più totale. Abbiamo inviato una nota al ministero della Salute, nessun riscontro”. Insomma, un vero muro di gomma su temi di rilevanza, a quanto pare, ancora “pubblica”. Ma per il compagno Bersani la privatizzazione è solo “strisciante”…
Nova, intanto, viaggia col vento in poppa. E’ di un anno fa la firma di un accordo strategico con un grosso comune per la digitalizzazione dell’intera area metropolitana, lo start delle tanto sognate “Smart City”. A realizzarla uno dei Renzi boys, il fedelissimo Dario Nardella, primo cittadino di Firenze che ha varato il progetto MADE, ossia il “Metropolitan Area Digital Ecosystem”. “C’è bisogno di un rinascimento digitale – gonfia il petto Gelli – una politica trasversale che aiuti il Paese a ritrovare se stesso, abbiamo bisogno di idee, azioni positive, e non di una rivoluzione per le strade”. E ancora: “Occorre partire dai diritti e individuare nelle soluzioni organizzative e tecnologiche la piattaforma su cui creare un nuovo rapporto fra pubblico e privato. Imprenditori disposti ad investire nel settore ci sono, occorre solo fornire una politica e una strategia chiara”.
AFFARI ROSSO SANGUE
Ad avere le idee molto chiare, sotto il profilo imprenditoriale, è il gruppo Marcucci, da trent’anni leader nella lavorazione e distribuzione degli emoderivati in Italia e non solo. A bordo, uno dei fedelissimi del premier, Andrea Marcucci, oggi alla ribalta delle cronache per il “super canguro” che può permettere una speedy Cirinnà al Senato, in Parlamento da quando aveva appena dismesso i calzoncini corti, eletto alla Camera nel 1992 con il mitico Partito Liberale Italiano di Sua Sanità Franco De Lorenzo e dell’Altissimo (Renato).
Dalle sponde lib a quelle lab made in Pd il passo non è poi stato così lungo, né faticoso. Il fratello Paolo, coerede della dinasty appena lasciata dal patriarca Guelfo (è passato a miglior vita lo scorso dicembre), è oggi al timone delle svariate aziende del gruppo (sul fronte off shore si può valere dei servigi di un legale del calibro di David Mills, già al servizio di Silvio Berlusconi). Un gruppo che – come ha documentato la Voce qualche mese fa – con la sua corazzata Kedrion continua nel suo trentennale monopolio del multimilionario settore degli emoderivati grazie ad un bando di appalto costruito su misura dal ministero Lorenzin per le forniture dei prodotti alle Asl di tutta la penisola. Raccontano infatti al ministero: “Hanno inscenato il solito bando internazionale, vi hanno preso parte oltre a Kedrion altre cinque grosse aziende estere. Ma il quadro era già delineato: le offerte delle altre sono ovviamente più elevate per via dei costi di trasporto, mentre Kedrion ha i suoi impianti in Italia. E poi Regioni e Asl hanno da anni rapporti consolidati con il gruppo Marcucci che non intendono a nessun costo troncare”.
Gli aiuti statali non finiscono mai: ed ecco che a casa Marucci – quartieri generali nei borghi pascoliani d’un tempo, tra il verde della Garfagnana e della Lucchesia – vengono recapitati sempre generosi cadeau. “Come già fece il governo Monti, con un finanziamento a Natale 2011 da milioni di euro. E come soprattutto ha fatto la Cassa Depositi e Prestiti, che è addirittura entrata nell’azionariato di Kedrion”. E la generosa CPD, che ora batte bandiera renziana, sul ponte di comando l’ex prodiano e banchiere d’affari Claudio Costamagna, sarà sempre ben pronta a finanziarie aziende già iperfloride.
Raccontano alla Regione toscana: “Mentre Andrea si balocca con la politica, che gli è sempre garbata, e la sorella Marilina si occupa di tivvù (ad inizio anni 2000 fu coeditore dell’Unità, ndr), è Paolo a guidare le sorti del gruppo. Che ha grossi rapporti in tutto il mondo. I rapporti internazionali e finanziari di Paolo, poi, sono molto utili a Renzi. Anche via Yoram Gutgeld, il guru economico del premier, in ottimi rapporti, per fare un solo esempio, con la potente multinazionale di consulenze McKinsey”. Da notare che McKinsey – secondo non pochi addetti ai lavori – è una presenza sempre più invasiva nei settori pubblici di svariati paesi: succede ad esempio in Gran Bretagna, dove la multinazionale condiziona pesantemente le scelte dell’inglese National Health Service. E proprio quel welfare è nei dreams di Gutgeld, autore di un volume di successo, “Più uguali, più ricchi”, dove il tema sanità è centrale. Così nota il super consigliere renziano: “i cittadini devono poter essere liberi di scegliere dove curarsi. Si possono usare modelli già esistenti in altri Paesi, ad esempio il NHS Choise della Gran Bretagna”. Sì, un esempio a caso.
Possono i cittadini italiani scegliere liberamente i loro emoderivati? O nonostante il libero mercato le opzioni sono già scritte?
E potranno i familiari delle vittime da sangue infetto ricevere mai giustizia? E non solo mance da uno Stato per decenni complice in una strage perpetrata
nel più totale silenzio dei media? E nella più totale indifferenza politica? Unici a battersi per quei diritti, anche stavolta, i 5 Stelle. “Abbiamo intenzione di fare una, dieci, cento mozioni affinchè quei diritti non vengano ancora una volta calpestati, perché vengano riconosciuti risarcimenti dignitosi a chi si ritrova con una vita a pezzi”, accusa Marialucia Lorefice, anche lei componente della commissione Affari sociali alla Camera. C’è da augurarselo. Così come c’è da sperare che non cali per l’ennesima volta una cortina di omertà sul processo che si apre a Napoli il 16 febbraio per la strage da sangue infetto: alla sbarra, tra gli altri, il novantenne Duilio Poggiolini, il re Mida della Sanità targata De Lorenzo. Parti civili, 9 familiari delle vittime. E per le altre migliaia di morti? Per tutti gli infettati? Anche per loro una Giustizia Canguro?
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