“Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani” – ha detto con enfasi il vicepresidente del consiglio Matteo Salvini – “è l’ennesima azione eversiva da parte della magistratura contro il nostro governo”.
Si rappresenta come un martire e decide di far capolino dai devices degli italiani con un videomessaggio, in primo piano e inespressivo come spesso è su un inquietante sfondo nero, con un tono di voce impostato come se stesse per annunciare l’entrata in guerra, dicendo un cumulo di bugie che continua a ripetere senza pudore. È l’ultima trovata di stampo propagandistico con la quale, il nostro, annuncia agli italiani e al mondo intero di essere una sorta di “prigioniero politico”, una vittima sacrificale di una reiterata persecuzione da parte dei continuamente evocati “poteri forti”. Rappresentati naturalmente dalla confluenza criminogena della sinistra, della magistratura, della stampa di parte. Si direbbe quasi, a sentirlo, che non sia uno di quelli che governano il paese da oltre due anni, ma un pericoloso capo della più intransigente tra le opposizioni. Il tutto sarebbe tragico se non fosse ridicolo. Il suo tono solenne e impostato è tanto accurato da far pensare ad una scadente scuola di recitazione. Ma il tutto si rivela a sproposito, come accade in occasione di gran parte delle sue uscite pubbliche.
Ma qual è lo scopo di questa messinscena? Qualcuno dice che è frutto di paura, altri dicono che lo ha fatto per prendere la scena e racimolare qualche voto da sottrarre a Forza Italia, che è il suo vero competitor alla corte della Meloni. Noi pensiamo, invece, che il personaggio sia proprio così, esibizionista e autoreferenziale, timoroso ma inesorabilmente arrogante e sempre in campagna elettorale. Questa attività è quella che gli riesce meglio.
Naturalmente ha immediatamente ricevuto molte note di solidarietà politica che si sono accumulate sulla sua scrivania, da quella del ministro dell’interno fino a quella della premier, e sono immediatamente scattate le consuete pressioni, pressanti quanto illecite, sulla magistratura.
Eppure, il ministro era consapevole della illegittimità dei suoi atti. Anche quando le sue azioni contro i migranti avevano dato luogo a un vero e proprio caos istituzionale. Ma, si sa, questi sono i rischi che corre chi si reputa onnipotente e pensa per questo di presentarsi come l’uomo forte, capace di imporre la sua idea e di utilizzare impunemente una strategia liberticida per piegare le norme italiane alla “politica dei porti chiusi”. Non lo ha nemmeno sfiorato l’idea che quei 146 migranti segregati su una nave, non potevano essere considerati né invasori, né tantomeno, stupratori, ladri, assassini o delinquenti in trasferta, come continua a sostenere ancora oggi, ma che si trattava invece di donne, minori o al più di qualche disperato in cerca di una vita migliore. Tant’è che, per i PM della procura di Palermo hanno considerato Salvini come probabile responsabile del reato di sequestro di persona e per questo hanno chiesto una condanna a 6 anni di carcere. “Aveva un solo obbligo, quello di concedere un porto sicuro e non lo fece” ha detto la PM delegata nella sua requisitoria nel dibattimento sul caso Open Arms, aggiungendo durissime parole contenenti accuse di aver “violato le leggi, per esclusivi calcoli elettorali”.
L’attuale vicepremier, allora ministro dell’Interno, è stato formalmente accusato del reato di sequestro di persona in danno a minori. “Ha agito da solo contro tutti, senza la presenza di reali rischi per la sicurezza del Paese, determinando un caos istituzionale solo perché temeva il fallimento della sua politica dei porti chiusi” ha così concluso la sua requisitoria la procuratrice Marzia Sabella.
I fatti? Risalgono all’estate del 2019, quando i naufraghi trattenuti a bordo della nave di una ONG spagnola sono stati trattenuti di forza per ben 19 giorni.
“Avanti tutta, senza paura” dichiara oggi gonfiando il petto il leader della Lega sui propri social, e aggiunge “… rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto, la difesa dei confini dai clandestini non è reato”.
“Intendiamo difendere i confini dei diritti umani, perché vengono sempre prima”, ha invece risposto al ministro la procuratrice che ha richiesto la condanna, procedendo a smontare punto per punto tutti i presunti rischi per la sicurezza nazionale paventati a seguito di un eventuale sbarco dei migranti.
L’aula di Palazzo Madama aveva già dato il via libera al processo nel 2020. La storia era iniziata un anno prima quando, nel corso di tre operazioni di soccorso, la nave della ONG aveva imbarcato nel complesso 163 persone a rischio di annegamento, tra questi 32 minori di cui 28 non accompagnati. La ONG aveva avvertito dell’operazione umanitaria le autorità spagnole, libiche, italiane, e maltesi. Fu Malta il primo paese a cui Open Arms indirizzò la richiesta di un porto sicuro. Ma la risposta fu negativa. Seguì solo dopo un’analoga richiesta all’Italia. Qui entrò in campo l’allora ministro dell’interno, che rispose rifiutando l’ingresso della nave nel mare territoriale. Dalla Open Arms alcuni migranti furono trasferiti sulla terraferma per ragioni sanitarie, ma altri 147 rimasero confinati a bordo. Il diniego di sbarco perdurò anche dopo nonostante la decisione del Tar del Lazio che sospendeva il decreto con il divieto di ingresso.
All’apice della tensione molti migranti disperati si tuffarono in acqua nel tentativo di raggiungere a nuoto Lampedusa. A sbloccare tutto vi fu l’intervento della procura di Agrigento che dispose il sequestro della nave e la conseguente evacuazione di tutte le persone a bordo per ragioni di sicurezza, anche in considerazione delle pessime condizioni psicologiche di molti naufraghi.
Inutile ricordare che tutte le norme e le convenzioni internazionali impongono l’obbligo di soccorso in mare. Un dovere che si conclude solo con l’assegnazione di un porto sicuro e la Libia e la Tunisia non sono considerati tali, né tantomeno si poteva allora considerare un “luogo sicuro” una nave dove 147 persone disponevano di meno di un metro quadrato a testa, dove non ci poteva muovere, nemmeno per andare in bagno.
Quella nave di migranti era inoffensiva e il decreto di Salvini illegittimo e questo il ministro lo sapeva bene e per questo motivo non ci sentiamo in alcun modo solidali con lui.
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