SECONDO ATTENTATO A TRUMP / LA PISTA CHE PORTA A KIEV

Il secondo attentato a Donald Trump nel giro di due mesi.

Casi? Follie? Raptus individuali? Cani sciolti o cosa?

Del primo, ad opera del giovanotto armato di un fucilone tranquillo a saltare da un tetto all’altro per una buona ora, non visto dai droni che pensavano ad altro, visto da un paio di poliziotti i quali se ne sono ampiamente fregati, non s’è più saputo niente. Sparito dai radar mediatici dopo qualche giorno, solo lo strascico delle scontate dimissioni della responsabile del Secret Service, la quale, però, non ha subito alcuna conseguenza per la sua totale incapacità e inaffidabilità. Circa i motivi, gli eventuali complici, né tantomeno i possibili mandati, zero assoluto, tabula rasa.

That’America, folks! Tanto ‘democratica’, ‘libera’ ed ‘efficiente’…

Il precedente attentato a Trump. Sopra, Ryan Routh

Per il secondo qualcosina ha funzionato un po’ meglio, almeno subito beccato il cecchino. Ma resta un interrogativo alto come un grattacielo: possibile mai bucare sempre, come neanche un colabrodo, le maglie della security? Ma sono 007 o giovani marmotte?

Pensate, è possibile per chiunque uscirsene di casa a bordo del proprio Suv nero, che poi non passa così inosservato, portarsi dietro un altro fucilone da sballo e da guerra (tipo ‘AK-47’), parcheggiare sereno, imbracciare l’arma, trovare una location adatta tra le siepi e bene in vista – a circa 300 metri – il campo da golf del ‘Trump International Course’ a Palm Beach – località non proprio ignota – appostarsi, posizionare tutta l’attrezzatura compreso un binocolo, una telecamera GoPro nonché due zaini zeppi di munizioni e alla fine delle articolate manovre sparare. Stavolta senza centrare l’obiettivo.

Da perfetto copione di uno dei tanti film per la regia di Don Siegel o di Clint Eastwood. Il massimo: ma fino ad oggi solo per lo schermo.

Che invece diventa realtà che più concreta non si può.

Riusciranno stavolta i nostri eroi, FBI, CIA, Secret Service, Intelligence, Dipartimento della Difesa, Pentagono e chi più ne ha più ne metta a risolvere l’arcano? Avendo per di più tra le mani il cecchino, così come è stato due mesi fa?

Oppure c’è la precisa volontà di non far sapere niente agli americani che fra un mese e mezzo vanno al voto e quindi non devono essere ‘turbati’ più di tanto? Ma siamo negli Usa – la prima potenza, il più grande produttore di armi, il paese con più conflitti aperti a livello internazionale, quasi una cinquantina sparsi in mezzo mondo – o nella repubblica delle banane, anche marce?

O forse esiste, connaturata, una voglia matta di depistaggio, di insabbiamento, di copertura, come del resto è avvenuto per l’omicidio – per fare un solo esempio a livello presidenziale – di John Fitzgerald Kennedy, un caso i cui documenti bollenti sono ancora oggi ‘classificati’, cioè ‘secretati’, incredibile ma vero?

Perché in realtà, in questo secondo caso, delle piste che portano da qualche parte, ci sono, eccome. E portano in direzione Kiev. Tutto da dimostrare, of course. Tutto da provare, fatti e non chiacchiere alla mano.

Partiamo, in modo asettico, con la ricostruzione effettuata da ‘RaiNews.it’, per poi passare alla ‘ciliegina’, ossia un reportage messo in rete dall’eccellente sito di contro-informazione americano ‘The GreyZone’, che dettaglia la pista ucraina.

Ecco alcuni stralci da RaiNews, per un profilo dell’attentatore, Ryan Routh, originario del North Carolina e da un paio d’anni – beato lui – residente nelle Hawaii.

L’ultimo post è del 23 dicembre scorso. Diceva di avere migliaia di soldati afgani desiderosi di arruolarsi nella polizia nazionale di Haiti. ‘Mille con il passaporto – scriveva – sono pronti a volare’. Il messaggio seguiva con un numero di telefono e una mail per inviare aiuti in Ucraina. E proprio l’Ucraina appare la sua ossessione. Routh aveva scritto di essere pronto a partire per Kiev e a dare la sua vita per gli ucraini. Dal momento dell’invasione da parte della Russia, l’uomo ha scritto una serie di post in cui dichiarava di voler partire e chiedeva un aiuto e l’impegno di altri volontari. Un video lo mostra intervistato a Kiev da Newsweek Romania: sostiene di essere nel Paese appunto per reclutare volontari disposti a combattere ‘dalla parte del bene contro il male’”.

Mamuka Mamilashvili

Eccoci, ora, ad alcuni passaggi salienti tratti dall’inchiesta firmata da Max Blumenthal, fondatore quasi dieci anni fa, nel 2015, di ‘The GreyZone’, il sito investigativo al quale ha dato vita “per gettare una luce giornalistica sulla stato di guerra perpetua dell’America e delle sue pericolose ripercussioni interne”.

Secondo The Times, Routh progettava di ‘trasferire volontari, in alcuni casi illegalmente, dal Pakistan e dall’Iran all’Ucraina’. Ha detto che ‘decine di persone hanno espresso interesse. Probabilmente possiamo acquistare dei passaporti attraverso il Pakistan visto che è un paese così corrotto’”.

“‘Semafor’ ha descritto Routh come il capo del Centro internazionale di reclutamento volontario per l’Ucraina. Si è lamentato con l’agenzia che il governo ucraino non è entusiasta delle frotte di volontari che affluiscono a Kiev. ‘Ho avuto incontri con i partner del ministero della Difesa ucraino ogni settimana e non sono riuscito a convincerli a rilasciare un solo visto’”.

Così prosegue Blumenthal: “Come ha scritto Alex Rubinstein per The GreyZone, la Legione Internazionale – nota anche come Legione Georgiana – è diventata un rifugio per mercenari, attivisti fascisti e persino assassini ricercati. La Legione è guidata da Mamuka Mamilashvili, un signore della guerra georgiano implicato in numerosi crimini di guerra. NAFO, il collettivo di trollaggio on line pro-Ucraina, ha raccolto milioni per la Legione. Dopo la notizia dell’arresto di Routh, da NAFO si sono adoperati per dissociarsi dall’aspirante assassino”.

Ecco il link per poter leggere integralmente la versione originale del pezzo, pubblicato da ‘The GreyZone’ il 15 settembre e titolato  Alleged would-be Trump assassin recruited for Ukraine’s international Legion


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