Si è appena celebrato l’ennesimo funerale della giustizia italiana. Con ogni probabilità uno dei più solenni di sempre.
A questo punto, ‘Il Processo’ di Franz Kafka, il più grande romanzo nella storia della letteratura, viene ‘superato’ dalla realtà processuale di casa nostra: un copione che oggi sgorgherebbe spontaneo dalla penna del grande praghese, caso mai per un distopico docu-drama.
Stiamo parlando del processo (sic) tarantino per le tante morti provocate dalle polveri killer dell’Italsider, il cui esito di condanna in primo grado per la ventina e passa di responsabili (gli imprenditori Riva, l’ex numero uno della Regione Nichi Vendola, dirigenti dello stabilimento e amministratori pubblici) è stato letteralmente raso al suolo.
L’Appello, intatti, è iniziato con un vero un vero tsunami spazza tutto: quelle condanne, quei fatti incontestabili, quelle gigantesche responsabilità, i non controlli, svaniscono in un baleno.
E, soprattutto, quelle morti. Un oltraggio alla memoria delle vittime, uccise oggi per una seconda volta: e, stavolta, in guanti bianchi, da quella ‘Giustizia’ che ormai diventa né più né meno di un Giustiziere, un Carnefice, un Boia. Come neanche nelle foreste più nere del pianeta secoli fa.
Si tratta, a questo punto, di un ‘suicidio’ collettivo della popolazione tarantina? Di massa? Come è capitato per certe sette dove un bel giorno in centinaia decidono insieme metter fine ai loro giorni.
Il processo – ha deciso la Corte d’Appello di Taranto – si sposta a Potenza. Perché lì, nella città dell’Italsider, non si sarebbe mai dovuto svolgere, anche perché gli stessi giudici erano ‘parte lesa’ per il fatto di vivere a Taranto.
Allora: Kafka, Ionesco oppure Beckett? O, se preferite per rimanere nei nostri confini, Pirandello?
La follia, l’assurdità è talmente colossale che cadono le braccia e viene solo da piangere.
Una sola domanda: se ne potevano accorgere un momentino prima che Taranto non era la sede giudiziaria adatta, o no? Il processo inizia, ha il suo lunghissimo svolgimento, finisce, ci sono le ovvie condanne, poi dopo mesi e mesi, quando comincia il secondo grado, oplà, si scopre che avevamo scherzato, forse eravamo davvero su ‘Scherzi a parte’ e non ce ne siamo accorti. Ma chissenefrega, un piccolo errore può capitare a tutti.
Ma segue altrettanto spontanea un’altra domanda: qualcuno dovrà pur essere il responsabile di quella scelta, ossia di iniziare il processo e portarlo avanti fino alla fine? O è una decisione piovuta dal cielo, o più probabilmente arrivata dall’inferno?
Ci sarà, alla fine, qualcuno che paga per quella scelta che oggi si scopre ‘errata’? O no? Tutti al solito viole mammole o, se preferite, gigli candidi?
Perché quella scelta, così come oggi la decisione di azzerare tutto, pesa, eccome. Perché rende ormai praticamente scontata la Prescrizione, ossia quella mannaia ammazza processi, taumaturgica per i responsabili che vedono la prospettiva della galera svaporare e sfumare in modo miracoloso, come neanche a Lourdes. Del resto si sa, per colletti bianchi il sole a scacchi non è mai consigliato né previsto da alcun medico, neanche il più rigoroso. (Solo i maligni oppure il diavolo in persona può pensare che tutto sia stato studiato in modo scientifico: per la serie, cominciamo pur sapendo che poi tutto salta, avviamo la macchina, perdiamo anni, arriviamo pure alla ‘storica’ sentenza di primo grado e poi BOOM!).
E allora, tutti a festeggiare e stappare champagne: scordammoce ‘o passato e dei morti ammazzati chissenefotte.
La loro memoria? Bazzecole.
Il dolore dei parenti? Vuota retorica.
Il funerale appena descritto ricorda molto da vicino quello che si è svolto a Napoli alcuni anni fa per la ‘Strage del sangue infetto’. La ‘Voce’ ha seguito il processo da quando è cominciato a Trento – nel 1999 – fino ai tre anni di udienze al tribunale partenopeo, dove era approdato dopo un lungo iter passato anche via Roma.
Per farvi capire subito la sostanza: anche in quel caso, alla fine, si è trattato di un ‘suicidio collettivo’. Ossia tutte le persone uccise dagli emoderivati o dalle trasfusioni di sangue infetto effettuate soprattutto nel corso degli anni ’80, hanno cercato volontariamente la morte, come succede appunto nelle sette, un rituale.
Proprio perché, alla fine del processo, non s’è trovato alcun colpevole, nessun responsabile, nessun famigerato ‘nesso causale’, il vero nodo killer. Anche stavolta tutti viole mammole & candidi gigli. La montagna processuale ventennale non ha neanche prodotto un topolino rachitico morto. Niente di niente, zero assoluto. Perché – ha sentenziato il giudice dopo tre anni 3 di udienze – “il fatto non sussiste”.
Tutti a casa felici come la Pasqua gli imputati: da Duilio Poggiolini, il re Mida, il potente numero uno ministeriale a fine anni ’80, quando era titolare ‘Sua Sanità’ Francesco De Lorenzo (che non è neanche mai stato sfiorato da quel processo); ai numerosi dirigenti delle aziende che facevano capo al Gruppo Marcucci, dominus incontrastato nel campo della lavorazione e commercializzazione degli emoderivati in Italia e tra i primi a livello mondiale.
E di dimensioni internazionali è stato lo scandalo, che in Francia fece cadere il governo Juppè, in Gran Bretagna ha visto la costituzione di una commissione d’inchiesta ad hoc: solo da noi niente, ‘ground zero’. E i morti non sono stati pochi: quasi due Torri Gemelle, appunto, oltre 5.000 che non hanno mai avuto uno straccio di giustizia, solo per alcuni misere mance dallo Stato: di tutta evidenza complice & omertoso, e attento osservatore di tutti gli insabbiamenti, ormai consueti nella tragica catena di dirty story che popolano i nostri ‘Misteri e Depistaggi di Stato’, dall’eccidio Borsellino al duplice omicidio Alpi-Hrovatin, per far cenno solo a due fra i più clamorosi.
La Voce nel 2020, appena scoppiata la pandemia, è stata querelata dagli eredi del patriarca Guelfo Marcucci, e cioè da Andrea Marcucci (ex capogruppo del PD al Senato, renziano di ferro, trombato alle ultime politiche, per colpa – sostiene – dei nostri articoli); da Paolo Marcucci (amministratore delegato della corazzata degli anni 2000 Kedrion, che a suo parere ha subito grossi contraccolpi economici proprio a causa dei nostri articoli); e da Marilina Marcucci, ad inizio anni 2000 coeditore dell’Unità, una passione per le tivvù, da anni in sella alla Fondazione Carnevale di Viareggio; e siamo stati querelati dalla stessa ‘pesantemente danneggiata’ Kedrion, la quale secondo il suo Ceo per colpa nostra ha perso reputazione & maxi contratti! Potenza della Voce…
L’udienza finale del processo di primo grado si terrà al tribunale di Napoli il prossimo 18 settembre.
Per approfondire la tragedia del sangue infetto e rileggere articoli e inchieste della Voce (meno i 4 querelati, ‘spariti’ dal nostro sito…), basta come al solito andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare ANDREA MARCUCCI, MARILINA MARCUCCI, PAOLO MARCUCCI, DUILIO POGGIOLINI, KEDRION oppure SANGUE INFETTO. Ne ritroverete a bizzeffe.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.