EMMANUEL MACRON / IL CAOS POST VOTO & IL GIALLO TELEGRAM

Francia nel pallone.

Sia per la spaventosa crisi istituzionale dovuta alle manie di grandeur del suo presidente napoleonico, Emmanuel Macron, sia perché al centro di intrighi internazionali per via del giallo Telegram. Fino ad oggi le Olimpiadi sono state ottime e abbondanti come arma distrazione del popolo francese, ora sotto con le Paralimpiadi al nastro di partenza.

Ma fino a quando i solitamente focosi e incazzosi transalpini sopporteranno una situazione del genere? E, soprattutto, un totale vuoto di potere così lungo e soprattutto in un così bollente frangente geopolitico internazionale, oltre che di forte crisi economica interna? Boh.

Jean-Luc Melenchon. Sopra, Macron e Durov

Intanto, per il 7 settembre ‘France Insoumise’, il partito più votato alle elezioni del 30 giugno e 7 luglio, ha appena indetto una grande manifestazione anti Macron. Non basta, perché Jean-Luc Melenchon & C. hanno deciso di presentare alla neo eletta Assemblea Generale una richiesta di impeachment per il presidente, che sta negando l’esito del voto, calpestando ogni giorno che passa la Carta Costituzionale e facendo a pezzi i principi minimi di ogni democrazia parlamentare.

Ma vediamo le news.

Il primo obiettivo macroniano è quello di isolare e, soprattutto, dividere (secondo la perfetta logica imperiale del ‘divide et impera’) il ‘Fronte Popolare Nazionale’ che – sovvertendo ogni pronostico e sondaggio – ha largamente vinto al voto senza però raggiungere la maggioranza assoluta. Come ricorderete, anche se sono passati due mesi, si capovolse lo scenario che vedeva trionfare Marine Le Pen e il suo pupillo, mentre è successo esattamente il contrario, ha vinto la gauche. Macron s’è abilmente tenuto a galla, ma privo di una qualsiasi ipotesi di maggioranza.

In ogni democrazia che almeno sia formalmente tale, il presidente affida l’incarico a chi ha ottenuto il maggior numero di suffragi. Ovvio, quindi, conferire l’incarico a Melenchon: che però Macron vede come fumo negli occhi e politicamente detesta, ridetestato. Dopo una melina durato mezza estate, tutta intrighi e sottobanco presidenziali per ‘comprare’ voti a destra e a manca, la montagna non ha partorito neanche il classico il topolino.

E si è arrivati al 26 luglio quando, rotti gli indugi, il Nuovo Fronte Popolare, non potendone più di tale perdita di tempo quando il paese agonizza, ha presentato un candidato di bandiera, ossia Lucie Castets, economista dell’amministrazione municipale di Parigi e, soprattutto, vicina al Partito Socialista, un po’ l’ago della bilancia all’interno della coalizione di sinistra.

Eduard Philippe

Incredibile ma vero, Macron ha avuto il coraggio di respingere al mittente anche questa candidatura (nella primissima fase il nome era quello dello stesso Melenchon).  E quale ideona ha avuto, ‘O Presidente? Quella di convocare all’Eliseo, per il giorno dopo, i suoi fedelissimi di ‘Ensamble’, i componenti del partito di centro ‘Renaissance’ a alcuni ‘parti’ del Nuovo Fronte Popolare, tra cui i Verdi, i Socialisti e perfino il Partito Comunista, escludendo, ovviamente Melenchon, ‘Le Diable’. Sul versante di destra, lo scaltro presidente ha pensato bene di coprirsi con il leader di ‘Horizons’, l’ex premier Eduard Philippe.

Ma il giochetto non è riuscito, i pezzi del Nuovo Fronte Popolare non sono caduti nella trappola. E hanno denunciato il quasi tentato golpe bianco presidenziale. “La Repubblica è nata dal rifiuto del potere personale”, sbotta il segretario socialista Olivier Faure. “Si apre al buio una crisi di una gravità eccezionale per il Paese”, rincara il numero uno del Partito comunista Fabien Roussel. La Segretaria generale degli Ecologisti, Marine Tondelier, parla “di autentica vergogna e di totale irresponsabilità che mette in pericolo la democrazia”.

Oltre a chiedere l’impeachment e a convocare la maxi manifestazione del 7 settembre, France Insoumise fa sapere, in una nota, che “qualunque proposta di un primo ministro diverso da Lucie Castets sarà oggetto di una mozione di censura”. E sottolinea “la gravità del momento, che richiede una risposta ferma da parte della società francese contro l’incredibile abuso di potere autocratico di cui è vittima.

Insomma, un colossale putiferio.

E forse per Macron arriva proprio come il cacio sui maccheroni il caso-Telegram. O se preferite, anche il modo come acchiappare due piccioni con una sola fava e regolare certi conti in sospeso.

Soprattutto dopo le clamorose rivelazioni del ‘Washington Post’ che ne racconta delle belle sui trascorsi fra il Capo dell’Eliseo e il miliardario/proprietario del social da quasi 1 milione di utenti, Pavel Durov. Al quale, fra l’altro, alcuni anni fa venne concessa la cittadinanza onoraria francese per ‘meriti speciali’. Già all’epoca si sussurrava di un feeling  con i Servizi transalpini e di una ‘collaborazione’ su alcuni campi operativi. Voci, si disse. Ma non fu certo una voce, né un brusio, la richiesta ufficiale rivolta da Macron a Durov di spostare la sede legale del suo ‘gioiello’ a Parigi: per la precisione dello scrigno denominato ‘Purple Music’. Porte spalancate per l’enfant prodige di origine russa, dunque.

Ma cosa fece il ribelle Durov? Osò rifiutare la allettante proposta presidenziale: “Preferisco essere libero che prendere ordini da qualcuno”.

Spirito totalmente indipendente oppure di volta in volta con un ‘committente’ di lusso diverso, per non dipendere da nessuno? Resta un mistero.

 

Non è un mistero, invece, l’ispezione dei Servizi segreti francesi (una vendetta per lesa maestà?) negli uffici e soprattutto negli archivi parigini di Telegram, organizzata in collaborazione con i Servizi degli Emirati Arabi Uniti. L’Obiettivo? Trovare le tracce di operazioni sospette d’alto livello: condotte da Telegram – secondo gli 007 francesi e arabi – in combutta nientemeno che con l’ISIS, che avrebbe fatto spesso e volentieri ricorso alla piattaforma per reclutare nuovi militanti, nonchè per trafficare armi e droga. Un bel mix!

 

E arriviamo ad oggi. Con il fresco arresto di Durov appena sbarcato all’aeroporto di Parigi. Come mai una simile leggerezza? Lo storico foglio di satira politica, ‘Le Canard Enchainè’ racconta che ai poliziotti ha fornito questa versione: “ho un appuntamento a cena con il presidente Macron”. Una barzelletta come quella del Papa al telefono o una mezza verità?

Resta il fatto che è finito in gattabuia, uscito poche ore fa in libertà condizionata solo per aver pagato una super cauzione da 5 milioni di euro ed in attesa delle ulteriori decisioni del procuratore di Parigi che indaga sul giallo, Laure Baccau. Da novanta i capi d’accusa: aver compiuto atti criminali con la sua app di messaggistica, e addirittura violenza carnale sullo stesso figlio di 6 anni. Ha l’obbligo di firma 2 volta la settimana e non può lasciare la Francia.

In una nota della sua società, diramata via X, si sottolinea che “Telegram rispetta le leggi UE, incluso il Digital Service Act del settore, la sua attività è conforme agli standard ed è in continuo miglioramento. Il Ceo, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia spesso in Europa. E’ assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di taluni. Quasi 1 miliardo di utenti di tutto il mondo usa Telegram come mezzo di comunicazione e come fonte vitale di informazione”.

Mentre Macron continua a sostenere che non è stato commesso alcun illecito nei confronti di Durov e che “non è stata in alcun modo una decisione politica”, a livello internazionale si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà a favore del fondatore di Telegram e contro il capo dell’Eliseo.

Tempi pericolosi – Free Pavel”, twitta Elon Musk.

Commenta Edward Snowden, fuggito in Russia per aver ‘svelato’ le dirty wars statunitensi: “L’arresto di Duran è un attacco ai diritti fondamentali di parola e di associazione. Sono sorpreso e profondamente rattristato che Macron sia sceso al livello della presa di ostaggi come mezzo per ottenere l’accesso alle comunicazioni private. Abbassa non solo la Francia ma il mondo”.

Edward Snowden

Sostiene Nassim Talib, economista e autore del best seller ‘Il cigno nero’: “Ogni parola scritta da Macron deve essere interpretata al contrario. Aspettarsi che uno stato hegheliano salvaguardi la libertà è come affidarsi al proprietario di un bordello perchè promuova la castità”.

Da rammentare un’intervista dello scorso aprile rilasciata da Pavel Duran all’anchorman americano Tucker Carlson: “Non viaggio in paesi come la Cina, la Russia e neppure gli Stati Uniti. Potrei, ma c’è troppa attenzione da parte dell’FBI e di altre agenzie”. Chiaro?

 

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