LA RISCOSSA DEL SUD

Sembrava una performance anomala quella straordinaria del 2023 che aveva visto il meridione crescere più della media nazionale, ma i dati di quest’anno raccontano di un trend ancora in crescita. Il meridione cresce in economia, in innovazione tecnologica e persino nella ricerca scientifica. Oltre tutto questo migliorano i dati sull’occupazione e ancor più quelli dell’export. Il PIL del meridione sale di ben oltre l’1% (a fronte dello 0,9 nazionale) e registra anche quest’anno un dato migliore della media italiana e, soprattutto, di alcune aree iper-industrializzate del nord industriale. Ciò grazie all’incremento registrato nell’ambito delle “quattro A dello sviluppo”, ossia Agroalimentare, Automotive, Aerospazio e Abbigliamento. Ma se a questi settori sommiamo i dati del Turismo e della Farmaceutica e allora il tutto diventa veramente esaltante, anche se il gap da colmare è ancora grande, ma è dato indiscutibile che il sud sta correndo e sta provando a ridurre il suo ritardo strutturale dal resto del paese.

Ma ora qui vorremmo approfondire solo il lavoro che il meridione sta facendo nell’implementazione della ricerca scientifica. Il primo dato è la moltiplicazione degli istituti di cura a carattere scientifico, delle fondazioni pubbliche e private, e delle strutture che fanno una ricerca avanzata, una volta erano di esclusiva prerogativa del nord.

In Campania la Fondazione Ebris ha presentato uno studio, OPADE, sul trattamento della depressione maggiore curato dal prof. Alessio Fasano, del Massachusetts General Hospital della Harvard University.

Ma come è nata questa fondazione diventata in pochi anni un’eccellenza nel mondo della ricerca medica? È il frutto di una collaborazione avviata nel 2012 da una prestigiosa istituzione pubblico-privata la Fondazione Scuola Medica Salernitana (SMS) e dalla Università di Salerno, con il Massachusetts General Hospital (MGS) della Harvard University.

Il tutto è iniziato quando l’Università di Salerno ha deciso di far rientrare in Italia il prof. Fasano, uno dei più brillanti ricercatori di gastroenterologia, per offrirgli di continuare a Salerno la sua ricerca. Fasano è stato un brillante “cervello in fuga” che, non trovando spazio accademico nel nostro paese, era andato a lavorare negli USA ad Harvard e lì era rapidamente diventato direttore del reparto di Pediatria, Gastroenterologia e Nutrizione. Come ricercatore aveva scoperto la Zonulina e il ruolo svolto da questa proteina nella permeabilità intestinale.

Quando alla Fondazione Ebris fu assegnato il coordinamento del Progetto OPADE, in virtù della qualità della ricerca già sviluppata sul microbioma (l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali), Fasano fu invitato a rientrare nella sua Salerno per lavorarealla progettazione di nuovi farmaci da impiegare in terapie mirate. Si trattava di approfondire il funzionamento dell’immunità in condizioni fisiologiche e patologiche, utilizzando strumenti sofisticati di analisi dei dati.

L’obiettivo del progetto era quello di individuare nuovi percorsi di cura e nuove strategie terapeutiche per combattere patologie croniche, anche psichiatriche come la Depressione grave.

Si trattava di approfondire la ricerca in modalità multidisciplinare e utilizzando l’intelligenza artificiale. Si dava l’opportunità di coinvolgere i migliori ricercatori per comprendere le basi molecolari di alcune malattie gravi per poi tradurre le scoperte di laboratorio in reali percorsi di cura, terapie e protocolli per la somministrazione farmacologica. Strategie capaci di affrontare patologie di difficile approccio e di migliorare la qualità della vita di tanti pazienti cronici.

Il Progetto OPADE ha recentemente pubblicato un primo report. Lo ha presentato nell’ambito di un congresso internazionale che ha coinvolto studiosi internazionali oltre i partner del progetto stesso.

Al centro della ricerca la Zonulina, proteina che definisce l’indice di permeabilità dell’intestino, ossia che controlla la dimensione degli spazi tra le cellule. In caso di valori anomali lo studio dimostra che si possono manifestare disturbi tali da influenzare la comparsa di numerosi sintomi, inclusi i segni precursori della Depressione. Ciò per una minore efficacia nella regolazione della barriera intestinale, con un conseguente passaggio di sostanze nocive nel sangue a causa di una iper-permeabilità intestinale o della compresenza di altre patologie, quali la sindrome da intestino irritabile, un’intolleranza al glutine o alimentare, un’infiammazione cronica.

Il progetto si propone, inoltre, di ottimizzare l’efficacia degli antidepressivi, avvalendosi sia dell’analisi multi-omica che di nuovi strumenti predittivi basati sull’Intelligenza Artificiale.

Per comprendere l’importanza di tale ricerca basti pensare che oggi al mondo ci sono circa 280 milioni di persone che soffrono di un disturbo Depressivo grave, ma che solo una piccola percentuale (tra il 6 e il 7%) trae un qualche beneficio dagli attuali trattamenti.

I ricercatori del progetto si propongono di identificare biomarcatori specifici per organizzare studi clinici condotti su coorti di adulti e di bambini allo scopo di mettere a punto cure personalizzate per prevenire la depressione.

Uno primo studio è stato già avviato e ha coinvolto sinora 350 pazienti tra i 14 e i 50 anni reclutati in 6 Paesi per 24 mesi. La Commissione europea ha molto apprezzato il lavoro fatto ed ha proposto nuovi progetti. Questo perché, nonostante il gran numero di farmaci antidepressivi oggi utilizzati, la loro efficacia rimane bassissima.

Un obiettivo della ricerca è ancora quello di ottimizzare l’efficacia dei farmaci, ma personalizzando gli interventi terapeutici. Gli studi condotti confermano la maggiore efficacia dei trattamenti personalizzati, quando partono dalla genetica del soggetto.

Questa esperienza campana prelude a un forte rilancio della ricerca scientifica nel sud e coinvolge, in modalità integrata, università e fondazioni scientifiche. Un approccio che, se avrà successo, si espanderà in tutto il paese.

In un articolo pubblicato sugli Annales of New York Academy of Sciences, il prof. Fasano e i ricercatori dell’Università di Baltimora nel Maryland, forniscono la prova di quanto sperimentato da Ebris: il collegamento tra la permeabilità intestinale Zonulina-dipendente e lo sviluppo di malattie infiammatorie.

I sintomi generati da questo tipo di alterata permeabilità intestinale sono vari e si possono riassumere in: mal di testa, difficoltà di concentrazione, dolori articolari, dolori addominali, mancanza di energia, allergie e intolleranze alimentari.

Ora altre sfide attendono questi ricercatori e le università che li supportano. Il loro lavoro costituisce una valida base di partenza per ottenere anche sviluppo economico e per dimostrare le potenzialità del meridione.

Bisogna solo investire e crederci.

 


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