HUNTER BIDEN / TORNA A GALLA IL MAXI SCANDALO ‘BURISMA’

Hunter Biden, il rampollo dell’ormai ex presidente ‘Slepy Joe’, di nuovo alla ribalta – almeno negli Stati Uniti – per i suoi dirty business.

A raccontare una story fino ad oggi inedita, e addirittura ambientata in Italia, è il ‘New York Times’ (NYT) entrato in possesso di documenti fino ad oggi top secret del Dipartimento di Stato a stelle e strisce, guidato da Tony Blinken.

Dalle carte riservate emerge che nel 2016 Hunter ha inviato una lettera all’ambasciatore Usa in Italia, John R. Philips, chiedendo “assistenza per la società Burisma”.

Si tratta del colosso energetico ucraino – l’equivalente del nostro ENI – nel cui consiglio d’amministrazione spiccava la presenza del rampollo presidenziale, ricevendo parcelle da milioni di dollari pur non capendo un accidente di energie.

Il lago di Burisma. Sopra, Hunter Biden

Stando al resoconto del NYT, i funzionari dell’ambasciata Usa a Roma sono rimasti non poco interdetti di fronte alla richiesta. E il quotidiano riporta il parere del legale di Biden junior, Abbe Lowell: “Hunter ha chiesto a varie persone, incluso l’ambasciatore in Italia John Philips, se potessero organizzare un incontro tra Burisma e il presidente della Regione Toscana, dove la società ucraina voleva portare avanti un progetto geotermico. Non si è verificato alcun incontro, nessun progetto si è materializzato e la richiesta era appropriata”. Tutto ok, per il legale di casa Biden.

Una divertente tessera del gigantesco puzzle affaristico realizzato da Hunter quando Joe era il numero due alla Casa Bianca, vice di Barack Obama. E in quei dorati anni riuscì a costruire – con la complicità del padre, perfettamente a conoscenza di quei ‘dirty business’ – maxi affari dalla Cina fino all’Ucraina, dove nel 2014 era andato in scena il golpe bianco di piazza Maidan, orchestrato da Victoria Nuland, la ‘zarina’ e falco del Dipartimento di Stato, vice di Blinken.

‘Burisma’, va ricordato, ha avuto fra i suoi fondatori maximi l’oligarca e super faccendiere ucraino Ihor Kolomoisky, il fondatore del ‘Battaglione Azov’ di chiara ispirazione nazi e sponsor numero uno per la ‘irresistibile’ ascesa al potere dell’amico Volodymyr Zelensky, al quale finanziò nel 2019 la faraonica campagna presidenziale e regalò due ville, una a Miami in Florida da 34 milioni di dollari e l’altra, da 4 e mezzo, a Forte dei Marmi, in Versilia.

A settembre prossimo negli Stati Uniti comincerà un processo a carico di Hunter. Solo per una bazzecola (che però negli Usa pesa come un macigno): evasione fiscale proprio per quei maxi profitti ucraini.

Per tutto il resto, per la montagna di affari sporchi che magistratura Usa e FBI ben conoscono e che fino ad oggi hanno insabbiato per non disturbare lorsignori? Staremo a vedere.

Li dettagliò, per filo e per segno, quasi tre anni fa un reporter investigava americana, Miranda Devine, che firmò un dirompente ‘Laptop to Hell’, ossia il ‘Computer per l’Inferno’: quello di Hunter, scoperto proprio dall’FBI che ne conteneva di tutti i colori e per tutti i gusti: ottimo e abbondante come base di un processo e invece ‘dimenticato’, lasciato nei cassetti a prender polvere…

La ‘Voce’, dal canto suo, proprio da tre anni ha puntato i suoi riflettori sulle acrobatiche imprese del rampante figliuol presidenziale, mettendo in rete montagne di reportage. Basta consultare il nostro archivio per rendersene conto. Dovete solo andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare HUNTER BIDEN per ritrovarne di tutti i colori. Anche quelli della tavolozza di pittore: visto che le sue ‘opere’ hanno raggiunto quotazioni stratosferiche! Croste comprate fino a mezzo milione di dollari da chi era in fremente attesa di favori vice presidenziali, of course…

Vi proponiamo, comunque, il link di un pezzo che mette insieme tre big. Pubblicato dalla Voce il 27 marzo 2022, si intitola

HUNTER BIDEN, ZELENSKY & IL SUPER OLIGARCA / MOLTO ATTENTI A QUEI TRE

Passiamo all’eterno rivale, Donald Trump.

Un gran can can mediatico internazionale per la ‘conversazione’ con Elon Musk.

Nessuna notizia, invece, per un ‘incidente’ al suo aereo che ha fatto rumore negli Stati Uniti – uno per tutti il servizio della CNN titolato “Mechanical issue diverts Donald Trump’s plane while on campaign trail”. E non ha meritato neanche un rigo dai nostri media, ormai del tutto cloroformizzati e in grado di sfornare solo penose fake news.

Moche bianche nel nostro deserto informativo (con un diritto dei cittadini a sapere sempre più vilipeso e calpestato in modo quotidiano) il piccolo sito ‘CiberCuba’, Marco Rizzo e l’ottimo sito di geopolitica internazionale ‘Piccole Note’.

Marco Rizzo

Ecco il breve ma significativo post di Rizzo su Facebook titolato: “Guasto all’aereo di Trump – Volete scommettere che la notizia passerà inosservata dalla dittatura mainstream?”.

“L’aereo del candidato repubblicano alle presidenziali Donald Trump ha avuto problemi tecnici durante il viaggio elettorale nello stato americano del Montana. Lo hanno riportato la CNN e il Washington Post, citando il personale dell’aeroporto e fonti vicine alla situazione. Secondo i resoconti, l’aereo è atterrato a Billings Logan. Avrebbe dovuto atterrare a Bozeman, circa 240 chilometri più avanti”.

Ha azzeccato in pieno la sua previsione e vinto la scommessa, Rizzo, perché nei due giorni seguenti da noi nessuno ha ripresa la notizia. Il ‘fatto non esiste’.

Capito a che livello siamo ormai sprofondati?

A seguire, vi proponiamo la lettura integrale del pezzo messo in rete da ‘Piccole Note’ il 10 agosto,  Sul guasto dell’aereo di Trump e di attentati vari.


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