#35 maggio. Ricordare Tian’anmen – Oggi, trentacinque anni fa, non è successo nulla

– DI CECILIA ATTANASIO GHEZZI –

 

Per gentile concessione dell’autrice, pubblichiamo una straordinaria pagina viva su Piazza Tian’anmen in occasione del trentacinquesimo anniversario del massacro

Oltre duecento studenti morti in piazza accertati, ma si pensa siano stati almeno dieci volte tanto. Silenzio e negazionismo da parte di uno Stato che non vuole aprire una ferita troppo dolorosa. Il ricordo delle madri che chiedono ogni anno giustizia e verità.

Piazza Tian’anmen rappresenta una pagina della storia cinese completamente cancellata al grido degli slogan “arricchirsi è glorioso” e “non importa se il gatto sia bianco o sia nero, l’importante è che mangi i topi”. La rete però non dimentica, e ogni anno inventa nuovi stratagemmi per ingannare la censura, fino a costringere la grande Repubblica popolare alla situazione ridicola di dover censurare una data che non esiste.

Un ragazzo; una madre; un funerale; una piazza; una sola moltitudine; un cortile; il 35 maggio. Sono questi i capitoli attraverso cui ho ricostruito come si è arrivati a questa giornata nell’ebook #35maggio. Ricordare Tian’anmen (BeccoGiallo2013). Condivido con voi, aggiornandolo, il passaggio conclusivo su cosa significa oggi la memoria in Cina.

COSA SIGNIFICA OGGI LA MEMORIA IN CINA

La prima volta che sono stata in Cina era il 2001. Pechino era appena stata accettata al tavolo dei grandi: era entrata nel Wto e si era vista assegnare le Olimpiadi del 2008. Nessuna delle persone con cui mi era capitato di parlare aveva mai visto le immagini del ragazzo che sfida i carri armati su viale Chang’an. Neanche l’unica persona che mi aveva raccontato che, seppur giovanissimo, aveva preso un treno per partecipare a quella piazza. Era figlio di insegnanti.

 

Paolo Castaldi per #35maggio, ricordare Tiananmen (BeccoGiallo, 2013)

Tian’anmen è il vero tabù della Nuova Cina. È di fatto una pagina della storia cancellata in ogni suo dettaglio. La ricchezza spesso aiuta a mettere da parte la propria dignità. Ma se il prezzo minimo per conservare la dignità è la perdita di una qualche forma di libertà, più che un compromesso sembra un ricatto. Dai fatti del 4 giugno 1989 sono passati trentacinque anni e nel frattempo la Cina è diventata la seconda economia mondiale. Ma Tian’anmen continua a tenere sotto scacco tutti. Anche se un governo fosse disposto ad aprire gli archivi e a fare mea culpa, non sarebbe in grado di prevedere l’effetto che tali segreti potrebbero avere sulle “masse”. E da sempre, il primo compito di cui si sente investito chi governa la Cina è “evitare il caos”.

Il popolo cinese nella sua storia millenaria ha rovesciato ogni dinastia. E il Partito comunista, applicando gli stilemi sovietici, non ha fatto altro che rimodellarsi su quella tradizione millenaria di governi autoritari. In qualche modo sa già come potrebbe andare a finire e sa meglio di altri che “la rivoluzione non è un pranzo di gala”. La sfida che sembra proporre è quella di trasformare il popolo in consumatori prima che questo reclami i diritti di cittadinanza. Ma l’avvento di internet accorcia sempre più le distanze. I cinesi che accedono alla rete sono ormai più di un miliardo. In rete si conosce gente, si scambiano informazioni e si raccontano le proprie esperienze. Lo si può fare per tanti motivi. Uno di questi è la politica. E da quando se ne è accorto, il Partito ha voluto assicurarsi che rimanesse lui l’unico autorizzato a fare informazione, che è un modo per continuare a fare politica dall’alto.

In Cina si accede a internet attraverso filtri strettamente sorvegliati che trasformano la rete in una gigantesca intranet nazionale. A un utente che non sia esperto di proxy e vpn saranno preclusi più di ventimila siti. E non è tutto. Una censura più selettiva oscura con precisione chirurgica le pagine che contengono parole che rimandano ai cosiddetti “temi sensibili”. Si tratta di un numero infinito di algoritmi, applicati per combattere la diffusione di “idee pericolose” tra la cyber comunità più vasta del mondo. Ogni 4 giugno la ricerca di semplici parole come “oggi”, “domani” e “ieri” non dà alcun risultato. Stessa sorte per tutte quelle combinazioni di numeri che possono rimandare al 4/6/89. Bloccati: per non dimenticare, tributo silenzioso, commemorare e tutto ciò che possa anche vagamente essere messo in correlazione con “l’incidente”. Addirittura vengono disattivate dalle piattaforme di messaggistica istantanea le emoticon con la candela. Il 4 giugno del 2012, la borsa di Shanghai ha chiuso a – 64,89. E per questo, nel giorno del ventitreesimo anniversario di Tian’anmen, non era consultabile neanche l’indice della borsa.

Da www.tiananmenduizhi.com

E non ci sono solo controlli automatici. Ci sono decine di migliaia di tecnici impegnati a tempo pieno a setacciare la rete. I blog, i tweet, le chat o i forum che contengono argomenti “sensibili” possono essere cancellati in pochi minuti. Ma gli utenti cinesi sono ormai abituati alla scomparsa dei contenuti interessanti. Li copiano e li condividono immediatamente su piattaforme diverse. A volte trasformano direttamente i testi in un formato di immagine pur di non incappare nella rete della censura. Anche per questo nascono costantemente epiteti che giocano su assonanze e giochi di parole, difficilmente traducibili. Ma c’è una data che è immediatamente comprensibile a tutti: il 35 maggio. Un giorno di fantasia, l’isola che non c’è della libertà d’espressione. Ma sopratutto un pratico strumento per parlare di Tian’anmen senza usare nessuna delle parole contenuta nelle liste nere. Come ha detto Yu Hua, uno dei più brillanti scrittori cinesi, “la libertà del 35 maggio è una forma d’arte”. E così per mantenere l’ordine, la grande Repubblica popolare si trova nella situazione ridicola di dover censurare una data che non esiste.

[Questo è il capitolo conclusivo dell’ebook uscito a settembre 2013 per la casa editrice BeccoGiallo]

 

CECILIA ATTANASIO GHEZZI


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