ATTACCO HACKER ALLA VOCE. QUANDO LE MAFIE TI COLPISCONO VIA NIGERIA

Ennesimo attacco informatico alla Voce. Stamattina la nostra posta elettronica è andata letteralmente in tilt. L’indirizzo e-mail vocedellevoci@mail.com risultava (e risulta) scritto in un idioma incomprensibile e leggibile solo in senso inverso, ossia da destra verso sinistra. Contemporaneamente, dallo stesso indirizzo è partito un fiume di messaggi di contenuto delirante (ovvio il tentativo di screditarci), inviati praticamente a tutto il nostro indirizzario. Non è finita: perchè ora quell’indirizzo di posta è evidentemente inutilizzabile, in entrata e in uscita. E, cosa ancor più grave, è andato perso tutto l’archivio di posta elettronica degli ultimi mesi.

Sono pressochè all’ordine del giorno i mini attacchi a base di spam, montagne di messaggi anche stavolta incomprensibili (i caratteri più strani e contenuti senza senso). Ma stavolta siamo ad un hackeraggio in piena regola, il terzo in tre anni. Abbiamo denunciato i due precedenti alla polizia postale, ma non abbiamo ottenuto alcun riscontro: per la serie, ogni pirateria informatica, nel Belpaese, è uno sport lecito e quotidiano, senza che nessuno muova un dito. O prenda lo straccio di un provvedimento. Caso mai per identificare chi sono i bricconcelli che ti distruggono un archivio dati e si infilano nella tua posta elettronica come un piccolo-grande tsunami. No problen: tutto è ormai possibile nel Paese della Banane.

Dove, però, la Privacy di lorsignori viene tutelata col rigore più inflessibile. Riporti brani di conversazioni dove il politico di turno tratta le sue mazzette quotidiane? O parla amabilmente col camorrista o mafioso amico? Oppure incappi in mattonari che si spartiscono gli appalti caso mai ridacchiando sui freschi cadaveri sotto le macerie? Violata la privacy, profanati i sacri altari della Politica e della Libera Impresa. Poco importa se siano lorsignori a usare le Istituzioni Pubbliche e il Sacro Mercato come un orinatoio, a ridurre i consessi democratici ad un mercato delle vacche.

Dal 2001 al 2005 siamo stati spiati – noi della Voce, insieme ad un gruppetto di magistrati, ad alcuni siti di controinformazione e a pochi giornalisti indipendenti – dai servizi made in Nicolò Pollari (al suo fianco il fido Pio Pompa), intenti a documentare con qualsiasi mezzo (a partire da quelli informatici, ma non solo) le attività degli “anti Berlusconi”, il quale era appena diventato premier. La circostanza venne fuori per caso, durante l’inchiesta della procura di Milano sul rapimento dell’imam Abu Omar. Gli autori di quegli illegali spionaggi e dossieraggi fino ad oggi l’hanno fatta franca – al processo di Perugia – perchè protetti dal “segreto di Stato” innalzato come una insormontabile barriera da tutti i governi che si sono succeduti negli anni (Berlusconi, Prodi, Ri-Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi, il quale adesso vorrebbe privatizzare la cibersecurity affidandola al suo testimone di nozze Carrai). Ma chissenefrega dei diritti e della più elementare privacy di qualche magistrato che lotta per verità & giustizia, e di un manipolo di giornalisti rompiscatole!

Il primo forte attacco di tre anni fa venne preceduto da alcuni precisi “avvertimenti”. Abbiamo descritto le circostanze e fornito gli adeguati ragguagli, così come quando abbiamo fatto nomi, cognomi e indirizzi di chi ritenevamo autore della distruzione della nostra auto oppure di alcuni allarmi bomba alla nostra redazione (come dettagliò il docufilm ‘O Sistema). Niente: il silenzio più assoluto. Indagini e ricerche zero.

Stavolta, perciò, abbiamo deciso di denunciare quanto successo alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Perchè venga accertato, una volta per tutte, chi si muove dietro a certe sigle “nigeriane”. Chi tira i fili di certi hackeraggi. Non lo facciamo solo per noi. Crediamo sia nostro dovere farlo per tutti coloro che subiscono da anni danni e bavagli nella più totale impunità dei criminali che li impongono. Ne va della credibilità del Paese, dello Stato e delle nostre forze dell’ordine.

E’ notizia di stamattina, 29 gennaio. Magistratura e forze dell’ordine si stanno muovendo sul fronte informatico. “Giornali in Rete”, titola Repubblica a pagine 23, “i pm oscurano dieci siti pirata”. Leggiamo: “Dieci siti web illegali sequestrati, cinque oscurati, cinque persone denunciate per illecita diffusione di copie digitali di quotidiani nazionali: è il bilancio dell’operazione ‘Fenice’, coordinata dalla procura di Roma e condotta dal Nucleo speciale per la radiodiffusione e l’editoria della Guardia di Finanza”. Benissimo. Siamo perciò in attesa di operazioni analoghe sul fronte dei non meno dannosi hackeraggi, che attaccano siti e postazioni di lavoro di quel poco d’informazione autonoma e antimafia rimasta sul campo. Saremo ben lieti di poter commentare una prossima “Fenice 2”.


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