Si domanda Cocciante: “Se stiamo insieme ci sarà un perché…” e De Caro, il più stimato sindaco d’Italia, presidente illuminato dell’ANCI (associazione nazionale comuni italiani) fa suo il poetico interrogarsi del cantautore. Gli frulla in testa l’infelice, incomprensibile, falsa esternazione del ‘compagno’ di partito Michele Emiliano, funambolico governatore della Puglia, che butta lì, come fosse niente, di aver accompagnato De Caro, minacciato dal boss mafioso Capriati, a casa di sua sorella Lina. Prima ipotesi: fosse successo davvero, perché fornire alla destra il pretesto per un attacco pre elettorale al Pd? Seconda ipotesi: la memoria di Emiliano è in tilt geriatrico e De Caro, come conferma la donna in questione, non si è mai sognato di andare a casa sua. Proprio Lina Capriati dichiara di non averlo mai visto e lo dice con il disprezzo di sorella di un mafioso che non avrebbe alcun motivo di fornire alibi a chi fa dell’antimafia pratica quotidiana, a un ‘nemico’. Del ‘caso’ profitta la destra, per giustificare l’iniziativa dell’ultra meloniano Piantedosi, che su richiesta di elementi della destra pugliese annuncia l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta per svelare infiltrazioni mafiose nel comune di Bari e scioglierlo. De Caro, basito, trasforma “Se stiamo insieme ci sarà un perché” in “Se non possiamo stare insieme ci sarà un perché”. Terza ipotesi: Emiliano teme di essere sopraffatto dalla visibilità di De Caro e prova a discreditarlo, ma finisce per suicidarsi politicamente. Fosse vero che ha accompagnato in casa del mafioso l’allora assessore, minacciato perché avrebbe danneggiato Capriati con la chiusura alle auto private del centro storico, dove traeva profitto dai parcheggi, avrebbe pubblicamente ammesso di aver tentato una mediazione con la mafia locale, anziché denunciare il boss alla Procura della Repubblica. La certezza: il caso Puglia è con buona probabilità una delle motivazioni che bloccano la sinistra a un modesto 20% di consensi, per autolesionismo, che impediscono di decapitare la destra, a guida della premier del nulla, impedita dai suoi trascorsi a condannare i fascisti per la strage delle Fosse Ardeatine, a reprimere gli innumerevoli esempi di rigurgito del Ventennio. Anche quest’anno Meloni cancella la responsabilità dei fascisti per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Il presidente dell’Associazione nazionale partigiani italiani Gianfranco Pagliarulo: “Non parla della responsabilità dei fascisti italiani, a cominciare dal questore Caruso che fu condannato a morte per aver approntato la lista di 50 persone da sopprimere alle Ardeatine, non dice che le vittime furono in grande maggioranza antifascisti ed ebrei. È la solita rilettura, capziosa, della storia che tende sempre a coprire le responsabilità dei fascisti e a negare il valore dell’antifascismo”
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