Né carne, né pesce i mini partiti di amici, parenti e qualche timorato di Dio che una notte sì e l’altra pure si sveglia di soprassalto, il respiro corto, la bocca secca, perle di sudore freddo sulla fronte, occhi sbarrati: il risveglio mette fine all’incubo, ma il cuore ha bisogno di tempo per rallentare il battito accelerato. Si spegne il video onirico vissuto con terrore di due figure spaventose una contro l’altra, di un omaccione in tuta rosso sangue e fregio avanti-retro di falce e martello, mentre addenta il braccio di un bambino atterrito e di un fanatico SS che dà fuoco a una donna con in testa il kippāh degli ebrei. Con esagerazione narrativa ecco lo stereotipo dell’elettore super moderato, della fedeltà a soggetti politici che finora hanno vissuto di miraggi e fatica nel proporsi come via di mezzo tra destra e sinistra. A tenere in vita Azione (4,1%) e Italia Viva (3,1%) stentano due politici di lungo corso, non dilettanti allo sbaraglio. L’Italia che conserva la lucidità per ragionare di politica, si è chiesta “Ci sono, o ci fanno? Cosa motiva la scelta di marginalità senza futuro di Calenda e Renzi?” Forse narcisismo politico: si tratta di due abili soggetti, dotati di incisiva dialettica e capacità di districarsi nel fitto labirinto della partitocrazia. E però, che senso ha essere contemporaneamente esclusi dall’ambizione di compartecipare al governo del Paese? Una spiegazione attendibile l’ha data probabilmente il voto della Sardegna. L’esito, di là dal ribaltone che punisce clamorosamente il delirio di onnipotenza di Fratelli d’Italia e la pessima candidatura di Truzzu, imposta dalla premier, condanna con tutta evidenza la velleità dei mini partiti di competere in solitudine. La batosta di Salvini è clamorosa, La Lega crolla al 3,7 per e Calenda-Renzi hanno contribuito alla sconfitta di Soru, che non guadagna neppure il pass per accedere al nuovo consiglio regionale. Ne consegue: la guerriglia di Salvini contro la leadership di Fratelli d’Italia si misurerà con il duello finale e a soccombere sembra tocchi alla Lega. In vista delle elezioni in Abruzzo la rissa nel centrodestra potrebbe replicare la sconfitta della Sardegna, ma preoccupante per la Meloni è anche di più l’assemblarsi del ‘nemico’, in coalizione larghissima, a sostegno del sodalizio bipolare Pd-5Stelle, la svolta strategica di Azione e Italia Viva aggregati alla lista che propone la candidatura autorevolmente prestigiosa di Luciano D’Amico, Rettore emerito dell’Università degli Studi di Teramo, Professore Ordinario di Economia Aziendale nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione. Il curriculum per esteso riempirebbe un paio di pagine dei quotidiani.
CI VOLEVA LO CHOC DEL VOTO IN SARDEGNA per tradurre l’assioma di “L’unione fa la forza” nello stare politicamente insieme, nel capire che l’intesa, come la matematica, non è un’opinione, ma il semplice due+due=quattro. Meglio tardi che mai.
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