APPALTI & SUBAPPALTI A GO GO / IL GIALLO DI FIRENZE. E SPUNTA UN ANGELINO, ALFANO

Siamo, tragicamente, alle solite. La ormai consueta strage bianca di lavoratori massacrati nei cantieri privi delle più elementari norme di sicurezza.

Il solito bla bla, le consuete proteste dei sindacati che starnazzano per ore, fanno uno sciopericchio e dopo qualche giorno tutto come prima. E peggio di prima.

Quante volte, per fare un altro esempio, abbiamo sentito un Giorgio Napolitano o un Sergio Mattarella parlare delle troppe morti bianche nei cantieri di casa nostra, delle quelle morti inconcepibili per un paese civile e via continuando?

E’ mai successo qualcosa?

Si è mai mosso qualcuno per arginare la strage, ormai di ben oltre 1000 morti all’anno, da vero bollettino di guerra?

Peggio, anzi, dicevamo. Visto, per fare solo un altro esempio che può lampante non si può, come questo governo ha dato un’ulteriore mano a chi vuol tagliare le spese sulla sicurezza, consentendo quei ‘subappalti a cascata’, una vera manna per chi fa crescere i suoi profitti. D’altra parte, nessun mezzo in più per i controlli, con fondi insufficienti e uno scarso numero di addetti per gli ispettorati del lavoro, poveri Donchisciotte in un deserto di deregulation & norme ‘regolarmente’ violate ogni giorno.

LE PRIME INCHIESTE DELLA ‘VOCE

Ricordiamo che alcune nostre prime inchieste di fine anni ’80 riguardavano proprio il bollente tema di appalti & subappalti, con un focus anche su quel ‘codice’ sempre invocato (per stabilire regole inderogabili e, soprattutto, da far rispettare senza se e senza ma) e mai realizzato (e ora peggiorato in modo criminale, viste le continue ‘morti bianche’).

Aldo De Chiara. Nel fotomontaggio in apertura, il crollo di Firenze e l’ex ministro Angelino Alfano

E rammentiamo le interviste con l’allora mitico pretore antiabusivismo di Napoli, con un chiodo fisso proprio per le norme sugli appalti: Aldo De Chiara, per anni toga di frontiera (quelle che oggi mancano tanto e venivano chiamati ‘pretori d’assalto’ solo perché facevano rispettare le leggi e perseguivano i responsabili, vuoi camorristi, vuoi faccendieri, vuoi colletti bianchi), e per anni firma di punta della ‘Voce’ con i suoi imperdibili fondi.

E proprio la Campania, con il terremoto del 1980, è stato il vero laboratorio per elaborare, sperimentare e poi mettere ‘regolarmente’ in campo tutti quei ‘trucchi’ per svaligiare le casse dello stato, rendere gli appalti e subappalti una manna continua, far in modo che le opere pubbliche diventassero spesso e volentieri quasi ‘eterne’ per mungere la vacca all’infinito.

E’ infatti ai primi anni ’80 che inizia la ‘fiera’, con la ricostruzione post sisma su cui hanno puntato i riflettori, 10 anni dopo, la ‘Commissione Scalfaro’; una maxi inchiesta della procura di Napoli (con un pool di quattro pm impegnati) finita in un clamoroso flop (perché non venne trovata traccia di quella camorra che invece aveva partecipato al tavolo della ‘spartizione’!); mentre la ‘Voce’, proprio nel 1990, pubblicò il libro-j’accuse ‘Grazie Sisma – Pomicino, Scotti, Gava, De Mita & C. Dieci anni di potere e terremoto’.

In quel volume, ed in tante inchieste della Voce, abbiamo dettagliato gli ‘strumenti operativi’ per portare a termine la rapina del secolo, andata ben oltre la già stratosferica circa, per allora, di 65 mila miliardi di vecchie lire. Fior tra fiori, ecco spuntare le ‘varianti in corso d’opera’ che consentono una lievitazione continua dei fondi per rimpinguare i capitolati d’appalto; poi le miracolose ‘sorprese geologiche’ che permettono di allungare i tempi dei lavori a dismisura; le ‘commissioni di collaudo’ taroccate; i ‘ribassi’ continui; quindi la fisiologica catena di appalti e subappalti a raffica in modo tale che le opere vengano sempre smistate dalle big del mattone alla sfilza di sigle quasi sempre controllate dalla camorra, of course.

E il copione, dallo scenario principe del post sisma, viene tranquillamente adattato, perfezionato e potenziato con altre grandi opere pubbliche.

Dalla famigerata Terza corsia Napoli-Roma per la gioia dei nascenti clan dei Casalesi; agli eterni lavori per la Salerno-Reggio Calabria, con una spartizione scientifica dei lotti, chilometro per chilometro, tra ‘ndrine e clan di camorra.

Per poi arrivare alla Torta Maxima, il più gigantesco appalto pubblico della nostra storia, ossia il ‘Treno ad Alta Velocità’, partito ‘lento’ nel ’90 con un propellente da 26 mila miliardi di lire, e poi lievitato in modo esponenziale fino a livelli letteralmente incalcolabili.

E il TAV è con ogni probabilità la super inchiesta alla quale stavano lavorando Giovanni Falcone ePaolo Borsellino prima d’essere ammazzati: la famosa ‘PISTA APPALTI’ (e il particolare il dossier del RosMafia-Appalti’) storicamente indicata da Fiammetta e Lucia Borsellino, nonché dall’avvocato Fabio Trizzino (marito di Lucia e legale della famiglia), come il vero movente per le stragi di Capaci e via D’Amelio.

L’avvocato Fabio Trizzino

Una pista battuta con una mole di più che probante documentazione da due grandi firme, ossia Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato, due colonne della ‘Voce’, autori nel 1999 dell’imperdibile ‘Corruzione ad Alta Velocità’ che non solo denuncia in modo inoppugnabile la sequela di sperperi & illegalità nell’Operazione TAV, il più grosso scandalo di casa nostra, ma soprattutto l’altrettanto scientifica Operazione di Depistaggio e Insabbiamento delle inchieste che avrebbero potuto portare all’accertamento della verità e all’individuazione dei responsabili (del saccheggio delle casse pubbliche e forse anche delle stragi): e fecero anche il nome del magistrato-affossatore, Antonio Di Pietro.

Questo rapido tour tra le maxi opere mangia-miliardi made in Campania (e poi diventate nazionali, come il TAV) non può fare a meno di una chicca.

Quella del metrò più lungo, con ogni probabilità, di tutte le opere pubbliche al mondo. E il più caro.

E’ quello di Napoli, iniziato – udite udite – quasi mezzo secolo fa, nel 1976, tanto che la ‘storica’ Voce (poi diretta da Michele Santoro) scrisse quell’anno un memorabile pezzo per la posa della prima pietra. E sulla quale, poi, la ‘nuova’ Voce ha continuato a scriverne a partire dal 1984 e per tutti gli anni ’90 e 2000. Un’opera ancora ben lontana dal vedere la sua fine, continuando a divorare palate da milioni di euro che ormai non si contano più, un vero bancomat a cassa continua per progettisti (dello sfascio), ingegneri, imprese, big del mattone, avvocati, faccendieri, colletti bianchi mentre la politica sta a guardare (sic).

Il geologo Riccardo Caniparoli

Tre anni fa abbiamo collaborato al pamphlet-j’accuse (che trovate sul nostro sito) ‘La Metrocricca’, pubblicato dalle ‘Assise di Palazzo Marigliano’, una costola del prestigioso ‘Istituto Italiano per gli Studi Filosofici’ fondato e animato per decenni dall’avvocato Gerardo Marotta, uno dei pochi presidi di legalità e tutela autentica del territorio. A curarlo, in particolare, il geologo partenopeo Riccardo Caniparoli: l’unico ricercatore, autentica mosca bianca, che ha puntato i riflettori con anni di anticipo sui disastri ‘annunciati’, lo scempio del territorio napoletano, gli sperperi miliardari, insomma tutto quanto ha fatto e continua ancor oggi a perpetrare il metrò killer (un anno e mezzo fa addirittura ha ‘sfondato’ le cappelle del cimitero di Poggioreale!). Proprio per questo il coraggioso ma totalmente inascoltato e osteggiato nella sua Napoli, Caniparoli, anni fa ha pensato bene di far fagotto e trasferirsi nella meno turbolenta Massa Carrara.

In estrema sintesi – ma farete bene a leggere le inchieste della Voce dell’epoca e anche ‘La Metrocricca’ – quali i documentati capi d’accusa lanciati dal geologo e dalla Voce in tanti anni?

Ricerche geognostiche del tutto insufficienti e totalmente incapaci di prevedere quel che sarebbe successo con quei lavori criminali. Sperperi colossali tanto che – per fare solo un esempio sulle spese pubbliche – il costo a chilometro del metrò partenopeo risulta triplo di quello romano (eppure il sottosuolo non è più archeologico rispetto a quello della capitale) e doppio rispetto al Tunnel della Manica, lavori un tantino più complessi e completati in soli 7 anni, mentre a Napoli continuano senza fine. Quanto ai lavori iniziali, sono stati un’autentica manna per i big napoletani del mattone ed anche per gli emergenti clan della camorra, soprattutto casalese, visto che le ruspe per i primi movimenti terra erano di sigle griffate Michele Zagaria. Non ne parliamo poi dei progetti: addirittura la tesi di laurea di uno studente ad Ingegneria, quindi negli anni duemila affidate alle cure dello studio dell’ex ministro Lunardi. Peggio che andar di notte con le autorizzazioni e la VIA(Valutazione Impatto Ambientale) prevista per le opere pubbliche: documenti taroccati, furti di documenti a Palazzo San Giacomo (sede del Comune) inventati, una successiva autorizzazione a lavori iniziati ormai da tempo.

Insomma, un autentico museo degli orrori, sul quale incredibilmente la magistratura partenopea non ha mai voluto mettere il naso (solo un’inchiesta finita in flop una quindicina d’anni fa) e i media locali hanno regolarmente ‘dimenticato’.

LE CATENE GRIFFATE ESSELUNGA

Per finire, torniamo al punto di partenza, cioè al fresco crollo di Firenze che ha causato per ora quattro morti e che presenta non poche zone d’ombra e pone una serie di interrogativi da novanta.

Ed anche in questo caso, tanto per cambiare, assistiamo alla stessa, folle catena di appalti o, se preferite, di ‘subappalti a cascata’, come si usa dire nell’odierno linguaggio tecnico: che però rappresenta la tomba per tante, troppe vite stroncate e sulle quali vengono da tutti regolarmente versate lacrime di coccodrillo.

Partiamo da un dato, fino a questo momento poco ‘valutato’. Pur se in modo molto ridotto, la stessa scena, con gli stessi protagonisti, si è presentata per ben due volte meno di un anno fa a Genova, che ancora piange le sue vittime per la tragedia del Ponte Morandi, altro maxi crimine per il quale si corre il concreto rischio che i veri colpevoli la facciano franca (e intanto i vertici Benetton festeggiano).

A febbraio 2023 e poi ad aprile sempre 2023, per la realizzazione di una struttura a un passo dalla famosa ‘Lanterna’ di Genova e griffata ‘ESSELUNGA’ (la catena della Caprotti dinasty) si è alle fasi finali.

Ma succede un primo incidente per la rampa di un parcheggio che crolla, alcuni feriti tra gli operai e tre indagati tra i responsabili della catena-subappalti. Indaga il Servizio di prevenzione e sicurezza sul lavoro dell’ASL 3.

Ad aprile collassa un grosso cancello, finisce in testa ad un operaio che viene ricoverato nel reparto di neurochirurgia del ‘San Martino’. Il cantiere viene messo sotto sequestro. Ma a quanto pare per un lasso di tempo molto breve, perchè le cronache genovesi parlano di un taglio del nastro per l’inaugurazione della struttura addirittura il 24 maggio successivo. Un autentico miracolo, visti i consueti tempi dei lavori pubblici: ma in questo caso vanno in scena i privati, come il colosso ESSELUNGA.

E da qui si dirama la catena, la stessa che – a quanto pare dai primi riscontri di cui peraltro i media danno zero o scarnissime notizie – corre lungo il cantiere di Genova e quello di Firenze. Per le due creature made in Esselunga (sembra che per molti altri ipermercati il copione fosse lo stesso) viene allestita la seguente trafila: primattore è la sigla VILLALTA spa, controllata al 100 per cento oggi da Esselunga, che ha acquisito mesi fa il 35 per cento delle azioni ancora detenute da Unicredit.

Ad eseguire i lavori smistati da Villalta è una società che ha già ricevuto molte commesse, la ‘AEP’, acronimo di ‘Attività Edilizia Pavese’ che ha sede legale a Pieve del Cairo, non in Egitto ma nella prima regione d’Italia, la Lombardia, e per la precisione in provincia di Pavia.

E l’agile AEP, more solito, avvia a sua volta la catena dei ‘subappalti a cascata’. Niente da stupirsi, perciò, se in queste ore si vedono in rete news su operai in nero, o di carnagione scura: è la prassi ‘fisiologica’ da sempre e ancor più oggi, pur con tutti i provvedimenti governativi ad hoc. E’ il ‘MERCATO’ bellezze!, commenterebbe oggi il grande Giorgio Bocca.

E arriviamo alla classica, imperdibile ciliegina sulla torta.

 

E L’ANGELINO VOLA

Sapete chi è il presidente di Villalta?

Un nome, una storia: Angelino Alfano, il fedelissimo di Silvio Berlusconi come Guardasigilli ai tempi d’oro; poi transitato tranquillamente ai lidi ‘progressisti’ (sic), in qualità di ministro dell’Interno nei governi guidati da Enrico Letta prima e Matteo Renzi poi, quindi volato agli Esteri con l’esecutivo capitanato da Paolo Gentiloni. Ottimo e abbondante.

Ma non è certo finita qui. Perché il suo pedigree, lasciata ufficialmente la politica, si fa ancor più denso di cariche e impegni.

Nel 2018 entra a vele spiegate nel mega studio legale milanese ‘Bonelli eredi-Pappalardo’, la più importante ‘law firm’ italiana. E’ chiamato a dirigere il ‘Focus Team’ Diritto Pubblico Internazionale e Diplomazia Economica. Solo un antipasto, perché tre anni dopo, nel 2021, diventa socio del prestigioso studio, proprio come nei film americani.

Marina Silvia Caprotti

A febbraio 2023 viene scelto come presidente, appunto, di ‘Villalta spa’: a quanto pare per i suoi ottimi rapporti con la timoniera del gruppo dopo la morte del padre e fondatore Bernardo, ossia Marina Silvia Caprotti.

Un anno dopo, aprile 2023, un’altra poltrona da novanta: l’ASTM, infatti, lo vuole sullo scranno più alto, ossia come presidente dell’autostrada Torino-Milano. ASTM è guidata dal potente Gruppo Gavio, da sempre protagonista assoluto sul ricco fronte delle infrastrutture autostradali in Italia.

Ma ci vuole, tanto per gradire, anche un tocco ‘accademico’: ed ecco che oggi l’Angelino nazionale è volato su una prestigiosa cattedra della LUISS, per insegnare ai discepoli “Regione Euro-Mediterranea: Immigrazione, Sicurezza e Integrazione”.

Forse Guido Carli starà facendo la trottola…

P.S. Per saperne di più su personaggi e sigle citati nel pezzo, come al solito, vi invitiamo ad andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page. A questo punto dovete digitare nome e cognome del personaggio che si interessa, da FERDINANDO IMPOSIMATO ad ANTONIO DI PIETRO, da GIOVANNI FALCONE a PAOLO BORSELLINO oppure FABIO TRIZZINO, tanto per rimaner fra toghe. Buone letture.


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