REPORT / E ADESSO LO ‘SCOOP’ SULLE MAFIE AL NORD

Puntata a tutte mafie per i nuovi scoop griffati ‘Report’ della domenica sera.

Ecco, calda calda, ‘Mafia e tre teste’, focus a Milano dove – annunciano gli autori (Giorgio Mottola, con la collaborazione di Greta Orsi e Norma Ferrara) – “’ndrangheta, camorra e cosa nostra si sono federate in un unico consorzio”.

Così prosegue la nota Rai. “All’ombra della Madonnina, esponenti apicali delle tre importanti organizzazioni mafiose pianificano insieme affari e agganci con la politica. Un sistema criminale che negli ultimi anni è riuscito a infiltrare settori economici e finanziari strategici del territorio milanese e sono riusciti a entrare in contatto con alcuni politici lombardi più in vista di Fratelli d’Italia che attualmente ricoprono incarichi di governo e nelle istituzioni europee”.

L’arresto di Matteo Messina Denaro

Accantonato l’anacoluto, così proseguono gli autori: “Della cupola milanese trasversale alle tre mafie avrebbero fatto parte anche rampolli di antiche famiglie di cosa nostra lombarda, parenti stretti di Matteo Messina Denaro, capi delle locali di ‘ndrangheta ed emissari di un potente clan di camorra”.

Sintetizza il senso del reportage Sigfrido Ranucci nel succoso trailer: ecco a voi “l’infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale e politico del nord”.

Finalmente, era proprio ora, si torna a parlare di mafie, argomento ormai tabù per media e politici di casa (casa, non cosa) nostra, tema totalmente sparito dai radar del governo, che di tutta evidenza ha ritenuto il problema non più esistente, men che mai attuale, non degno della minima attenzione. Finalmente abbiamo battuto la mafia, le mafie!!

 

Sigfrido Ranucci

Le cose, purtroppo, non stanno così. Lo documenta – sul fronte milanese – Report. Fatto è che le mafie sono totalmente cambiate, non siamo più – come invece si vuol ancora far credere – ai tempi dei pizzini, dei covi segreti, delle rape a colazione.

Le mafie si sono globalizzate, internazionalizzate da decenni ormai. Per la precisione a partire dalla caduta del Muro di Berlino, con la prima conquista dei paesi dell’est. Mafie in perfetto colletto bianco, capaci di muovere enormi masse di capitali da un capo all’altro del mondo, perfettamente mimetizzate, padrone dei mercati finanziari, coperte da paraventi quasi inaccessibili, tra sigle off shore, paradisi fiscali, fiduciarie del caso e gli ormai consueti ‘fondi speculativi’ dentro ai quali c’è di tutto e di più. Inaccessibili soprattutto se manca una reale, effettiva volontà politica di contrastarle sul serio, queste mafie ‘invisibili’. E quella volontà politica manca del tutto, sia nei paesi d’origine che in quelli che le vedono, ormai da anni, prosperare a dismisura. I famigerati riciclaggi d’un tempo sono storia quotidiana, e parliamo oggi di capitali ‘quasi puliti’, perché a furia di sciacquarli e lavarli è praticamente quasi scomparso il ‘profumo’ iniziale.

Ma torniamo alle mafie formato esportazione (sia a livello interregionale che estero).

Sotto questo profilo ‘Report’ scopre un’acqua che più tiepida non si può. Perché, appunto, è dalla caduta del Muro di Berlino, e quindi dal 1989, che le mafie hanno preso il volo.

Una breve ricognizione temporale, sul filo di alcune inchieste pubblicate dalla ‘Voce’, potrà rendere meglio il concetto.

Proprio a fine ’89 un servizio su un grosso clan della camorra partenopea che mette su un commercio di jeans con un paio di città dell’ex DDR, ossia la Germania dell’Est, Berlino compresa. E subito vengono acquistate alcune fabbriche per quattro soldi, e lorsignori possono pagare cashsenza problemi.

Ad inizio anni ’90 gli affari non si contano più.

Partiamo da quelli al centro-nord.

Giancarlo Siani

Un bel giorno riceviamo una telefonata da un funzionario dell’Ente Fiera di Rimini. Vuol avere notizie circa una società che opera nel settore delle pulizie a Napoli. All’epoca gli articoli non viaggiavano certo via internet, comunque il nostro interlocutore afferma di aver letto un paio di nostri pezzi su una sigla napoletana che ha preso parte ad una gara d’appalto alla Fiera. E’ preoccupato perché sulla Voce (della Campania, allora) quella società veniva descritta come controllata dal potente clan Nuvoletta, a sua volta legato con i vertici di Cosa nostra (come era già emerso nel giallo dell’omicidio del giovane reporter Giancarlo Siani).

Un’altra telefonata, mesi dopo, ci arriva da Torino, sempre per una gara d’appalto, stavolta indetta dall’Istituto autonomo case popolari. Al bando infatti partecipa una società che, in una nostra inchiesta, abbiamo ricondotto al clan Galasso di Poggiomarino, a sua volta legato all’allora emergente clan Alfieri.

E’ in un paesino della lucchesia, in Toscana, dove invece trasferiscono il loro quartier generale, dopo le bufere partenopee, i fratelli Sorrentino, trait d’union imprenditoriale tra vecchia e nuova camorra, in ottimi rapporti con ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino. Una dinasty che aveva consolidato le sue fortune mattonare soprattutto con l’affare Monteruscello, la torta miliardaria che viene equamente suddivisa tra grandi imprese nazionali (un esempio per tutti, la fiorentina Pontello costruzioni), locali e siciliane, tra cui spicca l’astro dei Costanzo, uno dei 4 ‘cavalieri dell’apocalisse mafiosa’, secondo la definizione de ‘I Siciliani’.

Amato Lamberti

Un salto in Terra di Lavoro, per la precisione a Mondragone, dove detta legge il clan La Torre. E all’epoca (parliamo sempre d’inizio anni ’90) firmò per la Voce uno stupendo reportage il grande sociologo e fondatore dell’Osservatorio sulla camorra (dove aveva mosso i suoi primi passi proprio Siani) Amato Lamberti. Il quale descrisse per filo e per segno i maxi riciclaggi griffati La Torre in quel di Aberdeen, Scozia, dove aveva rilevato una sfilza di ristoranti, night e locali per il tempo libero. Ci mancava solo una puntatina al lago di Lockness…

Ma le mafie formato esportazione sono fresche fresche, stando agli scoop made in Report.


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