SI’, MA TROPPO TARDI

Arriva l’auspicata condanna, forte, senza sconti, coniugata con parole dure di indignata risposta all’episodio di Acca Larentia,  che smaschera il perché dell’assodante silenzio di chi governa l’Italia antifascista a Palazzo Chigi: le raffazzonate smentite, di  affiliati secondari al cerchio per nulla magico di Fratelli d’Italia, nulla tolgono alla pericolosa deriva della destra che include mezzo governo e il dilagante substrato di mezze figure dislocate, o in corso di ‘sistemazione’ nell’intricato scacchiere dei luoghi di potere, primo per potenziale politicamente rilevante il pianeta dell’informazione. L’Italia dell’antifascismo, quasi silente da decenni si è privata, per misteriose, incomprensibili motivazioni, del diritto costituzionale di reprimere la minaccia di ritrovarci con un ‘duce’ in versione femminile. Servirebbe un libro bianco, anzi nero, per elencare il ripetersi incontrastato di raduni all’insegna del fascio, della croce celtica, del saluto a braccio teso, di sfregi alla memoria di chi ha liberato l’Italia dal devastante ‘Ventennio’ , le solidarietà ideologiche ed elettorali, che hanno  rastrellato il mare tossico dei cosiddetti nostalgici, dei qualunquisti obnubilati da subcultura e affascinati dal racconto dei propri vecchi sulla puntualità dei treni, della casa con la porta aperta, di qualche  buon esempio di architettura di regime realizzata da progettisti obbligati a dichiararsi mussoliniani per lavorare, degli illusi di emulare il potere colonialista dell’Europa con l’annessione bellica dell’Africa nostra dirimpettaia. In evidente parallelismo hanno convissuto i neofascisti delle mentite spoglie di partito della destra ‘legittimata’ dal diritto di esprimere liberamente idee, opinioni e le organizzazioni eversive, il terrorismo nero, le stragi, il proselitismo degli scontenti, la strategia ideologica dell’uomo forte, risolutore di ogni deficit della guida democratica del Paese. Molta teoria, poca concretezza, complicità istituzionali, colpevole tolleranza, forze di polizia e ministri degli interni, hanno favorito il progetto, prima latente, poi sempre più esplicito, di certificare la legittimità della destra, di inglobare crescita elettorale ed estremismo, razzismo e omofobia, rigurgiti di neofascisti ‘moderati’ in scalata a ruoli istituzionali e picchiatori, ultrà del calcio, sessisti, fino al famigerato assalto alla sede della CGIL. La magistratura, l’Italia democratica, per essere espliciti la sinistra, avrebbe potuto e dovuto impedire che la destra si legittimasse, le manifestazioni come il raduno dei ‘camerati’ di Acca Laurentia, lo sfregio alla democrazia della nostra Repubblica antifascista di La Russa che nega il reato e la conferma della patologia politica della premier, che urla quando fa comizi e perde la voce se, come sarebbe suo dovere istituzionale, deve prendere le distanze da casi di conclamato neofascismo o da ministri e comunque da esponenti di Fratelli d’Italia, dell’alleato leghista, colpevoli di inciampi e reati. No, non è concesso contestare i fatti di Acca Laurentia con inedito vigore perché siamo in fase di aperta campagna elettorale per il voto delle Europee. Il rischio, così raccontano la cronaca e la storia, è che ‘passato il santo, passata la festa’, che il rigore democratico e antifascista torni a esaurirsi nel post elezioni. In margine: qualcuno spieghi l’onnipresenza televisiva di Cacciari. Ieri sera, ospite di Marco Damilano a ‘Il Cavallo e la Torre’ ha esternato questo fantastico assist alla destra: “Il fascismo non esiste, la Meloni non è fascista, pensiamo a cose più serie”.


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