Abu Omar, buchi neri & clamorosi autogol. Da Lisbona arriva un provvedimento che mai e poi mai Roma avrebbe voluto ricevere, un pacco natalizio terribilmente indigesto. Rispedirlo al mittente? Masticarlo fantozzianamente e nasconderlo in tasca? Operazione difficile, ma per gli 007 di casa nostra – abituati a ben altre impossible missions – forse un giochetto da ragazzi. Soprattutto adesso che stanno per essere rinnovati tutti i vertici istituzionali dei nostri “sistemi di sicurezza”, Servizi compresi, un complesso mosaico appena avviato con la nomina di Francesco Carrai, fedelissimo di Matteo Renzi (testimone di nozze e segretario particolare quando il premier era al vertice della Provincia di Firenze), come responsabile della “cibersecurity”, che prevede uno stretto coordinamento fra attività targate Aise, Aisi e Dis, nonché quanto oggi compete a Interni e Difesa (su Carrai pesa però un “conflitto” non da poco, avendo creato la CYS4, una sigla con soci israeliani e statunitensi che si occupa proprio di sicurezza informatica).
Ma torniamo al giallo dell’Iman rapito a febbraio 2003, che la Voce ha più volte raccontato, anche perchè indagando su quella storia i pm milanesi sono riusciti a scovare il super archivio del Sismi targato Nicolò Pollari in via Nazionale, a Roma, dove venivano accatastati i dossier relativi alle decine e decine di spionaggi ordinati dal governo Berlusconi dell’epoca, 2001-2006, a carico degli “oppositori”, in particolare magistrati e giornalisti (in pole position, come risultava proprio da un grafico disegnato dal braccio destro di Pollari, Pio Pompa, c’era propria la Voce, che allora si chiamava “la Voce della Campania”). Oscure e inquietanti manovre su cui tutti i governi (Berlusconi, Prodi, ri-Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) hanno fatto calare – incredibile ma vero, non trattandosi di problemi di sicurezza nazionale – la scure del “segreto di Stato”. E’ ancora in corso un processo a Perugia, ma fino ad oggi Pollari, Pompa & C. l’hanno fatta franca, e alle vittime non resta che una lunga battaglia “civile” per il risarcimento dei danni subiti (e poi per lorsignori – tutti viole mammole – si sbandiera la “privacy” violata…).
Per il rapimento Abu Omar, invece, la giustizia riuscì a emettere qualche vagito, con la condanna di alcuni agenti Cia arruolati dal Centro spionistico a stelle e strisce di Milano. Condanne a sette anni di galera, che col passar del tempo hanno portato a una serie di mandati di cattura europei. Al solito, però, il Belpaese è anche buono e generoso, e se può chiudere un occhio fa presto a chiuderne due. Così prima il presidente Giorgio Napolitano, poi Sergio Mattarella hanno concesso la grazia agli agenti birbanti: nell’arco degli anni, a partire dalla strage del Cermis (durante un’allegra esercitazione a bassa quota, quei bad boys tranciarono i cavi della funivia facendo una carneficina), sono ben 25 i militari presi con le mani nel sacco ma liberi come candidi fringuelli.
Ecco il colpo di scena. La Corte d’Appello di Lisbona concede a inizio gennaio l’estradizione nel nostro Paese di Sabrina De Sousa, ex agente Cia portoghese e allora in servizio a Milano. La polizia lusitana, infatti, ad ottobre l’aveva arrestata all’aeroporto di Lisbona, proprio in forza di quel mandato europeo datato 2006. Quasi dieci anni trascorsi, ma un piccolo tassello di giustizia, una volta tanto, va al posto giusto.
Un pugno nello stomaco, però, per i nostri vertici istituzionali. Che non s’aspettavano un Uovo di Pasqua anticipato e con tanto di maledetta sorpresa. Che fare adesso, con un Mattarella che vola tra poche settimane, a febbraio, nei super alleati States? Cosa racconterà ad Obama? Gli potrà mai consegnare un farwell gift, un regalo d’addio avvelenato? Forse è il caso di partorire una Grazia bis: gli scienziati quirinalizi del diritto sono al lavoro….
Nella foto, Nicolò Pollari e, a destra, Abu Omar
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