“Israele uccide i giornalisti e massacra la verità”, denuncia l’associazione umanitaria ‘Alfateresa’.
“I missili israeliani non hanno risparmiato nessuno, né le troupe televisive né le redazioni giornalistiche, in palese violazione del diritto internazionale”.
“Sono 77 i giornalisti palestinesi appartenenti ad emittenti tv locali e internazionali assassinati dal 7 ottobre. E chi non è stato ammazzato, ha dovuto sopportare la perdita di molti familiari, uccisi in raid mirati negli appartamenti”.
Potete in seguito leggere l’intera nota, che contiene anche la convocazione di un sit in a Palermo per il pomeriggio di sabato 16 dicembre.
Ma ecco qui subito – per ‘spiegare’ più in dettaglio l’orrore di cui gli stessi media occidentali non parlano e non mostrano – quanto è appena successo al cinquantatreenne Wael Al-Dahdovh, capo dell’ufficio di ‘Al-Jazeera’ a Gaza.
Mentre è in onda per documentare i quotidiani massacri dell’esercito israeliano, riceva la notizia che la moglie, i due figli e una nipotina sono stati assassinati nel rifugio a Nuseirat, a sud di Wadi Gaza.
La famiglia, infatti, si era trasferita dalla zona nord proprio in seguito all’ordine di evacuazione impartito delle milizie di Tel Aviv.
Informato della tragedia, Wael è stato subito portato dai compagni all’ospedale Al-Aqsa a Deir al-Balah, dove ha potuto abbracciare i poveri resti dei corpi.
Dopo un’ora le prime parole, tra le lacrime: “Quello che è successo è chiaro: si tratta di una serie di attacchi mirati contro donne e bambini. Quando ho saputo, stavo riferendo che a Yarmouk c’era stato un attacco simile. Avevamo i nostri dubbi che l’occupazione israeliana non avrebbe lasciato andare queste persone senza punirle. Ed è quello che è successo. Questa sarebbe l’area ‘sicura’ di cui parlava l’esercito israeliano di occupazione”.
“Un giornalista veterano coraggioso”, lo ricorda il direttore di Al-Jazeera, Mohamed Moawad.
Commenta una collega che lo conosceva bene, Joumma Elsayed, corrispondente per Al-Jazeeradalla Striscia di Gaza: “Non ha lasciato Gaza City. E’ rimasto, nonostante le minacce. Ha detto che doveva essere qui, per raccontare di queste persone che vengono bombardate ogni giorno. E’ straziante sapere quanto è successo alla famiglia di Wael e vedere quanto sia distrutto. Ma lui, non ci crederete, cerca di calmare tutti, ci parla come un fratello maggiore, certo non come un capufficio”.
Qualche giorno prima, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, aveva chiesto al primo ministro del Qatar di ‘attenuare’ i toni di Al Jazeera nei suoi servizi sulla guerra a Gaza: “La copertura di Al Jazeera è intrisa di retorica anti-israeliana e ho chiesto al Qatar di abbassare i toni”.
Si sono visti ‘in tempo reale’ i risultati.
Sotto potete leggere il testo della nota diffusa da AlfaTeresa.
Se ci sono giornalisti coraggiosi e con la schiena più che dritta a Gaza, da noi abbondano quelli genuflessi davanti al Potere, e soprattutto a un Partito.
Ne ha fornito una dimostrazione che più esemplare non si può alla carnevalata organizzata da Fratelli d’Italia ad Atreyu, non un corrispondente di periferia o un cronistello di primo pelo, ma un pezzo grosso della RAI griffata Meloni.
Si tratta di Paolo Corsini, un lungo ‘corso’ a Viale Mazzini (28 anni) e voluto proprio dalla premier come vicedirettore di RaiDue con delega all’Informazione e vicedirettore della direzione Approfondimenti Informativi (ossia il vice di Mario Orfeo, l’uomo ovunque, da anni, di Viale Mazzini).
Ebbene, Corsini è stato voluto dalla premier come moderatore dei talk politici in corso ad Atreju. Solo che alla prima ‘uscita’ ne ha combinate davvero di tutti i colori, anzi di un sol colore, il Nero, che ha sempre tanto amato e continua ad amare, dichiarandolo al mondo intero.
Nella sua prima ‘moderazione’, infatti, ha parlato di “nostro partito” (con ovvio riferimento a FdI); di se stesso come “un militante” sempre di quel partito; e ha chiesto ai tanti camerati presenti, in modo ammiccante, “come sta il nostro partito?”.
Non contento, è partito all’attacco del già arci-malandato segretario nazionale del PD, Elly Schlein, la quale aveva declinato l’invito per partecipare alla kermesse. Riferendosi a quelli che non sono venuti, Vate Corsini ha osservato: “Hanno preferito occuparsi di come vestirsi e di che colori utilizzare, piuttosto che confrontarsi”.
Probabilmente il vicedirettore RAI – grande esperto di comunicazione – non si è reso conto di quel che stava dicendo: forse le parole gli sono uscite di bocca così naturali e spontanee che praticamente non se ne è nemmeno accorto, come lavarsi i denti la mattina.
Ci sono volute 24 ore per uscirsene con una pezza a colori (sempre nera?) ancor peggiore: “Mi dispiace davvero che alcune mie frasi abbiano generato fraintendimenti. Nei miei brevi interventi introduttivi non c’era alcun intento politico o polemico”. Ancora, di tutta evidenza, non capisce…
Pari pari il copione della scorsa estate, con il portavoce (ossia il responsabile stampa) del presidente della Regione Lazio, un tempo direttore de ‘Il Secolo d’Italia’, Marcello De Angelis, che uscì di testa e pubblicamente sbraitò contro la sentenza per la strage alla stazione di Bologna, che ha definitivamente inchiodato i fascisti di Ordine Nuovo. Innocenti, secondo lui, viole mammole. E ci sono volute alcune settimane prima che il portavoce contacazzate epiche rassegnasse le dimissioni, però rimarcando con fierezza: “Rivendico il diritto al dubbio e al dissenso”.
In basso potete rileggere quella story ai confini della realtà.
Oggi superata in tromba dalla ‘sparata’ del fascista ai vertici RAI.
Per finire, una nota diramata dal sindacato dei giornalisti, ‘Usigrai’ sintetizzata in una domanda: “Nella Rai in cui tutti i giornalisti devono essere autorizzati per partecipare a eventi pubblici, anche se a titolo gratuito o per fini benefici, può un direttore andare su un palco di una manifestazione di un partito, col ruolo di moderatore, e cogliere l’occasione per rivendicare la propria appartenenza a quella parte politica e attaccare un partito d’opposizione?”.
Perfino la sempre asettica Wikipedia si vede costretta a notare, in tempo reale: Corsini “ha fondato l’associazione di giornalisti Lettera 22 ‘per un’informazione non omologata’: solo che ad Atreyu afferma: ‘Noi di Fratelli d’Italia’, smentendo la sua non-omologazione giornalistica”.
Incredibile ma vero.
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STRAGISTI & SFASCISTI / UN PRESENTE SEMPRE PIU’ ‘NERO’
La nota diffusa da AlfaTeresa
ISRAELE UCCIDE I GIORNALISTI E MASSACRA LA VERITA’
Sono trascorsi tre mesi dall’inizio del massacro della popolazione civile di Gaza. I martiri, escludendo chi è ancora sotto le macerie, hanno superato quota 17.000, il 68% dei quali sono donne e bambini. I morti palestinesi sono dimenticati e oscurati. Proprio come la verità. Dal 7 ottobre, infatti, sui media mainstream abbiamo assistito a servizi, articoli giornalistici ed ospitate televisive ingozzate di narrative unilaterali che hanno scientemente tentato di nascondere il “genocidio”, come l’ha definito l’ex procuratore generale della Corte Penale Internazionale. Di contro, l’opinione pubblica è stata inondata di fake news di Stato aventi lo scopo di dipingere Israele come Stato oppresso e quindi legittimato a difendersi. I grandi giornali e le grandi televisioni continuano a sottolineare il diritto alla difesa di Israele, accettando che due milioni di persone vengano costrette a vivere in condizioni disumane o a scappare per non essere eliminate. Questo è criminale.
Come è criminale il fatto che, dopo aver spento letteralmente la Striscia, tagliando i rifornimenti di corrente elettrica (per non parlare di acqua, cibo e carburante), Israele abbia impedito ai palestinesi che vivono nell’enclave di denunciare al mondo i crimini di cui sono tuttora vittime distruggendo o oscurando le antenne di reti di telecomunicazione. Cronisti, fotografi, operatori tv e attivisti sono stati più volte silenziati. E’ stato impedito loro di testimoniare, giorno dopo giorno, ciò che accade accanto a loro. E ciò che, purtroppo, loro stessi vivono. I missili israeliani, infatti, non hanno risparmiato nessuno, né le troupe televisive, né le redazioni giornalistiche. Questo in palese violazione del diritto internazionale. Sono 77 i giornalisti palestinesi appartenenti ad emittenti tv locali e internazionali assassinati dal 7 ottobre. E chi non è stato ammazzato, ha dovuto sopportare la perdita di molti familiari, uccisi in raid mirati negli appartamenti. Si tratta di massacri che hanno il sapore di vendetta per il prezioso lavoro di copertura mediatica svolto e fungono ad abbattere definitivamente il morale di questi eroi che già lavorano in condizioni al limite della sopportazione umana: senza sonno, senza cibo e in un contesto di morte e devastazione come quello in cui prestano servizio.
Se da un lato il regime sionista cannoneggia la stampa palestinese – o con veri e propri colpi d’artiglieria, o con l’oscuramento dei profili social dei cronisti – dall’altro esercita una censura di Stato terrificante nei confronti della stampa estera. Ricordiamo che ai giornalisti internazionali è stato consentito l’ingresso nella Striscia solo nelle ultime due settimane e solo a condizione di sottostare alle regole della propaganda israeliana, ovvero con un controllo certosino dei contenuti preposti alla divulgazione. Di tutto questo la Rai, la tv di Stato italiana, e gran parte dei media mainstream – a partire da Repubblica – hanno deciso di non proferir parola, rendendosi complice di una narrativa fuorviante e unilaterale dei fatti. Il primo polo televisivo in Italia, da tre mesi, sta nascondendo la polvere sotto il tappeto per evitare di imbarazzare il governo israeliano. Mentre Repubblica, assieme ad altre testate giornalistiche, continuano a fare propaganda di guerra filo-israeliana, spesso deumanizzando la popolazione palestinese.
Si sono genuflessi alla “Hasbara” sionista, una politica del governo israeliano che mira a diffondere all’estero solo informazioni positive su Israele e le sue azioni. I crimini israeliani nella Striscia di Gaza, a partire dalle uccisioni dei 77 colleghi palestinesi, sono stati scientemente oscurati proprio per questo scopo. L’”apocalisse” in corso nella Striscia di Gaza – come l’ha definita l’Unrwa – non viene raccontata al grande pubblico.
Ed è per tale ragione, quindi, che la comunità palestinese di Palermo, l’associazione “Voci nel silenzio”, insieme alla “Rete siciliana per la Palestina”, organizza un sit-in di protesta davanti alla sede de “la Repubblica – Palermo” sabato 16 dicembre (ore 17:00, in via Principe di Belmonte, n 103/C); a Catania ci sarà un presidio di fronte la sede Rai ( via Passo Gravina 158) alle ore 10, 30 .
La tv di Stato e la stampa italiana non possono più fungere da grancassa della propaganda sionista, occultando la sofferenza del popolo palestinese.
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