Fellini e Napoli, i 2 film sognati

«Jammocenne, jammo int’America!», supplica Celestina al fratello Carmine, davanti alla nave piena di emigranti che dal porto di Napoli sta per salpare verso New York. «A Napoli non ci voglio tornare cchiù», insiste la ragazza, che nella sua città ha conosciuto fin da bambina il dolore, la fame e la degradazione morale provocata dalla guerra, attraversando ambienti e situazioni che sembrano usciti dalle pagine più crude del romanzo La pelle di Malaparte. Dall’altra parte dell’oceano Celestina sogna di trovare finalmente una vita normale e una prospettiva di benessere, e magari di ritrovare Agnese, la sorella appena più grande di lei che il Grande Viaggio lo ha già fatto. Ma il Paese dei sogni, fin dal primo impatto allo scalo di Ellis Island, si rivelerà per Celestina e Carminiello molto meno roseo di quello che avevano immaginato…

Che film straordinario sarebbe stato Napoli-New York se Federico Fellini, che ne aveva scritto la sceneggiatura con Tullio Pinelli, avesse potuto portare a termine questo progetto cinematografico elaborato nell’immediato dopoguerra, quando nella città erano ancore vive le ferite della guerra. Nessuno come il maestro di Rimini avrebbe saputo sviluppare quella storia di emigrazione sul doppio binario del realismo e della dimensione onirica, che Fellini sapeva maneggiare con impareggiabile maestria.

Fortunatamente, quel progetto irrealizzato non è completamente perduto. Il ritrovamento dello scriptfra le carte dell’archivio di Pinelli, grazie alla ricerca di Augusto Sainati, docente di Storia del Cinema all’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, che ne ha curato con competenza filologica la pubblicazione nel libro Napoli-New York. Una storia inedita per il cinema (Marsilio), ha ispirato uno dei maggiori registi italiani, Gabriele Salvatores, che nel trentennale della scomparsa di Fellini sta per completare un film tratto da quel soggetto, con lo stesso titolo, in una produzione della Paco Cinematografica, con l’attore italiano più famoso del momento, Pierfrancesco Favino, e i due giovanissimi esordienti Dea Lanzaro e Antonio Guerra.

Salvatores con i tre attori

La sceneggiatura di Napoli-New York, come attesta Sainati, era stata commissionata dalla Lux a Fellini e Pinelli da un soggetto di Gianni Franciolini, che avrebbe dovuto esserne anche il regista. Oggi dimenticato, Franciolini era all’epoca uno dei giovani registi più quotati, con all’attivo un film importante come Fari nella nebbia (1942). A sua volta, Fellini era all’epoca già molto apprezzato come sceneggiatore, soprattutto per il successo internazionale dei capolavori di Rossellini che portano anche la sua firma: Roma città aperta e Paisà.

Il re di Poggioreale

Meno probabile che si possa concretizzare l’altro progetto su Napoli di Fellini: un film su Giuseppe Navarra, il “re” di Poggioreale, di cui ci dà testimonianza lo stesso Pinelli in una intervista del 1999 a Tullio Kezich: «Poi siamo andati a Napoli per conoscere il re di Poggioreale. Volevamo fare un film sull’ambiente in cui un camorrista vecchio stampo era considerato come il re. Riceveva su una gran poltrona, a Napoli disponeva di tutto e di tutti, e con noi è stato gentilissimo. Abbiamo frequentato un ambiente di ladri e di scippatori, tutti gentili con noi».

Quel film venne in effetti realizzato, nel 1961, ma da un altro regista, Duilio Coletti, che per Il re di Poggioreale potè avvalersi di uno sceneggiatore del calibro di John Fante e di un attore da Oscar come Ernest Borgnine, con un esito artistico apprezzabile ma decisamente lontano dagli standard di Fellini.

 

In apertura Federico Fellini a Napoli nel 1960


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