SABRA & SHATILA 1982 / PERCHE’ NESSUNO RICORDA QUEL MASSACRO DI PALESTINESI INNOCENTI?

18 settembre 1982.

Durante la notte le truppe falangiste (e fasciste) libanesi & quelle dell’esercito israeliano irrompono nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila, alla periferia sud di Beirut.

Un’operazione studiata per settimane in modo scientifico, e che provocò un numero impressionante di vittime tra i palestinesi, un numero mai accertato in modo definitivo: con ogni probabilità la cifra non è inferiore ai 3.000 morti. Quanti quelli delle Torri Gemelle.

Qualche dettaglio in più.

Ariel Sharon. Sopra, il massacro di Gaza e, a destra, quello di Sabra e Shatila

Ai primi di giugno di quel tragico 1982, era iniziato l’assalto delle truppe israeliane a Beirut, per dar la caccia, casa per casa, a oltre un migliaio di attivisti dell’OLP, l’allora organizzazione capeggiata da Yasser Arafat, il quale chiese subito, via ONU, l’invio di un contingente internazionale per fermare la furia militare israeliana, all’epoca capeggiata – in qualità di ministro della Difesa – da Ariel Sharon, un massacratore seriale, tanto che per lui verrà (inutilmente) richiesta l’imputazione davanti alla ‘Corte internazionale dell’Aja per i crimini contro l’umanità’ (un tribunale che negli anni si è dimostrato totalmente inutile, un vero ectoplasma).

Proseguiamo con quella breve ricostruzione dei fatti. Il 1 settembre i 1.500 uomini dell’OLP lasciarono Beirut, come stabilito da precisi accordi internazionali tra le ‘grandi potenze’.

Il resto è storia. Quel patto venne tradito, e l’esercito israeliano fece ‘carne di macello’ di tanti inermi cittadini palestinesi, donne e bimbi ben compresi.

Un altro ‘tassello’ di quel sanguinoso e tragico scenario da rammentare: il giorno prima della strage, l’esercito israeliano si premurò bene di “sigillare ermeticamente” – così dettagliarono i resoconti dell’epoca – quel campo profughi, che si trasformò in un vero Olocausto.

 

NON PERDERE MAI LA MEMORIA

E’ perfettamente logico e giusto, oggi, che i media parlino della strage firmata da Hamas e l’assassinio di tanti israeliani innocenti.

Ma al tempo stesso si pongono, inevitabili, tanti interrogativi che dovrebbero avere una risposta.

Come poter dimenticare i quotidiani massacri compiuti dalle forze israeliane di occupazione e regolarmente dimenticati dai media, ‘oscurati’ dal mainsteam?

Vuol dire che cinque assassini al giorno non valgono mai le luci della ribalta?

Significa che lo stillicidio che quelle popolazioni palestinesi sono costrette a subire ogni giorno, per 365 giorni all’anno, da mezzo secolo non valgono un bel niente?

Arafat

Perché – è bene che tutti lo abbiano ben presente – la famigerata guerra dei 6 giorni, quelli dello ‘Yom Kippur’, finì con l’occupazione totalmente illegale da parte di Israele di intere fette di territorio palestinese, come racconta in modo emblematico la tragica storia della striscia di Gaza.

Possibile mai che in cinquant’anni – 50 anni, non un battito di ciglia – non sia mai stato possibile per le ‘superpotenze’ (o quelle che un tempo si chiamavano così) non siano riuscite a trovare un accordo per garantire comunque una pace e una stabilità in quei martoriati territori?

E’ da tempo immemorabile che si sente, di tanto in tanto, la solita litania: bisogna creare uno Stato palestinese, capace di convivere con il vicino Stato d’Israele.

Come mai niente è stato mai fatto in quella direzione?

Sempre e solo parole, promesse e fumi al vento?

 

COPIONE SIMILE PER L’UCRAINA

Di tutta evidenza non esiste, a livello internazionale, e quindi tra le cosiddette superpotenze, una reale volontà di pacificare quella regione bollente.

Serve, invece, mantenerla ‘instabile’, per tutta una serie di motivi. Primo fra tutti, la solita industria delle armi, la macchina militare che deve sempre marciare a mille: e sempre su imput degli Stati Uniti, la prima nazionale guerrafondaia alla sua radice, perché le aziende belliche sono il vero motore dell’economia a stelle e strisce, che rifornisce a getto continuo l’alleato di turno.

Da Israele all’Ucraina. Perché gli attuali tragici fatti firmati da Hamas (su cui andrà poi sviluppato un discorso a parte, molto simile alla story che porta fino ad Osama bin Laden, una ‘creatura’ inventata dalla CIA per gli interessi militari degli States) portano ad un’altra convergenza da non poco.

Come mai la politica occidentale praticamente in blocco proclama il suo incrollabile sostegno ad Israele, letteralmente fregandosene delle ragioni dei palestinesi?

Come mai tutti i tiggì – parliamo di quelli nostrani, come al solito ‘cloroformizzati’ al punto giusto, come è stato per tre anni e passa di pandemia e un anno e mezzo di conflitto in Ucraina – non dedicano uno spazio, anche minimo, per ricordare ad esempio la strage, il massacro di Sabra e Shatila?

Sembra proprio il copione che porta a Kiev.

Pari pari. Tutti, in coro, politicanti di turno & media genuflessi alla Casa Bianca, a raccontare i ‘crimini’ del macellaio Vladimir Putin. Dimenticando, oscurando, censurando totalmente la ‘storia’ degli ultimi 30 anni. Ossia quegli accordi della primavera 1991 ‘traditi’ (proprio come è successo per la tragedia di Sabra e Shatila) tra le grandi potenze (Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania) e la Russia di Gorbacev affinchè la NATO non oltrepassasse, dopo la caduta del Muro di Berlino, il confine dell’Oder.

Zelensky

In soldoni, perché non si ‘allargasse’ ad Est. Patti traditi perché da allora in poi – è storia – ben 14 ex nazioni dell’impero sovietico o comunque gravitanti in quell’orbita, sono passate sotto l’ombrello NATO, alterando profondamente tutti gli equilibri e – in sostanza – provocando la reazione di Mosca che si è sentita accerchiata, con i missili puntati contro da paesi come Polonia e Romania.

Come mai nessuno racconta questa storia?

Troppo imbarazzante?

E quindi forse capace di ‘scoraggiare’ quel continuo invio di armi, armi, armi al presidente-fantoccio (degli Usa) Volodymyr Zelensky?

Lo stesso copione va in scena in queste ore, con la tragedia delle vittime sia israeliane che palestinesi. Causate sempre da quei motivi di potere geopolitico e militare (ribadiamo, per foraggiare la sempre più famelica industria delle armi, star negli Usa ma non solo).

Come mai nessuno ricorda il sangue palestinese sparso ogni giorno su quei territori, continuato a scorrere in modo criminale e vergognoso per tutti gli anni, dal massacro di Sabra e Shatila in poi?

Come mai l’ONU tace sempre in modo totalmente complice?

Perché la UE ne sta da anni zitta e muta?

Come mai l’Italia non ha mai fatto un passo per denunciare quei crimini e per contribuire alla distensione nella zona?

Benjamin Netanyahu

Abbiamo sempre denunciato, in tanti anni di storia della ‘Voce’, i crimini perpetrati dai governi israeliani contro i palestinesi: mai abbiamo inteso attaccare il popolo, i cittadini israeliani, vittime di premier-carnefici come un tempo Ariel Sharon e oggi Bibi Netanhiau. Il quale non avrebbe mai e poi mai dovuto guidare l’esecutivo, con il peso delle gravissime accuse di corruzione di cui prima o poi dovrà rispondere.

A seguire, vi proponiamo la lettura di diversi reportage, soprattutto esteri, per cercare di capire meglio quanto sta succedendo. E per trovare delle chiavi di lettura, in uno spettro di analisi quanto più ampio possibile: restando, però, dentro i confini della contro-informazione, perché affidarsi, oggi, ai media ‘ufficiali’ è un autentico suicidio, come vi è visto – lo abbiamo già sottolineato – con il caso della pandemia (prima del Covid poi dei vaccini) e del conflitto in Ucraina.

Per aprire, tre articoli appena pubblicati da tre ottimi siti internazionali, ‘Responsible Statecraft’, ‘Observateur Continental’ e ‘Common Dreams’. Ve li proponiamo nella traduzione in italiano, ma in basso potete trovare i link che vi portano alle versioni originali.

A seguire altri link non poco istruttivi. Tra cui quello di ‘The Cradle’, animato da un grande reporter come Pepe Escobar.

E quello relativo ad una lunghissima analisi storica pubblicata da ‘Consortium News’ e firmata da un ex alto ufficiale dei Marines, Scott Ritter, titolata “L’enorme fallimento dell’intelligence di Israele”.

 

Palestina oggi

 

Perché Hamas ha attaccato e cosa succede dopo

La violenza arriva nel contesto degli accordi di “pace” con gli stati arabi, e niente di tutto ciò porrà fine al conflitto tra Israele e palestinesi

 

PAUL R. PILASTRO

 

La prima risposta adeguata all’attacco di questa mattina da parte di Hamas contro Israele è, secondo le parole della dichiarazione del presidente Biden sull’argomento, quella di “condannare inequivocabilmente” l’assalto. Non ci sono dubbi sull’iniziatore di quest’ultimo round di guerra arabo-israeliana. Le prime vittime includono civili innocenti.

Le vittime di entrambe le parti già nelle prime ore di questo round lo rendono uno degli episodi più mortali del conflitto arabo-israeliano degli ultimi anni. Il numero delle vittime diventerà sicuramente molto più alto. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso di reagire in un modo in cui “il nostro nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto”. Anche se la risposta di Israele duplica ciò che il suo nemico sa bene dai precedenti  attacchi israeliani alla Striscia di Gaza, ciò significherà vittime palestinesi, tra cui molti civili innocenti, molte volte superiori a quelle israeliane.

E niente di tutto ciò avvicinerà qualcosa che assomigli alla pace tra israeliani e arabi.

Hamas si sta esponendo al risentimento degli abitanti di Gaza che incolperanno il gruppo – che funziona come il governo de facto della Striscia di Gaza – per aver provocato la distruzione derivante dagli attacchi di ritorsione israeliani. Nei precedenti scontri con Israele, Hamas ha dovuto bilanciare questo rischio con qualunque sostegno sperasse di ottenere presentandosi come il più convinto sostenitore del nazionalismo palestinese e oppositore dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi. Capire perché i calcoli di Hamas questa volta hanno fatto pendere la bilancia a favore di un attacco richiede molteplici spiegazioni.

Un portavoce di Hamas ha fornito un’ampia motivazione per l’attacco, dicendo: “Vogliamo che la comunità internazionale fermi le atrocità a Gaza, contro il popolo palestinese e contro i nostri luoghi santi come Al-Aqsa. Tutte queste cose sono la ragione per cui è iniziata questa battaglia”. Il complesso della moschea di Al-Aqsa, che gli ebrei conoscono come il Monte del Tempio, è stato sempre più un punto dolente, con la rottura delle precedenti intese che limitavano la preghiera ebraica nel sito e un raid israeliano all’inizio di quest’anno contro i fedeli palestinesi nella moschea. Anche la violenza israeliana contro i palestinesi in Cisgiordania ha registrato un aumento, per mano sia dell’esercito israeliano che dei coloni della Cisgiordania .

Molti di questi aspetti di un esacerbato confronto israelo-palestinese hanno coinciso con il mandato, a partire dallo scorso dicembre, dell’attuale governo israeliano di estrema destra. È possibile che l’operazione di Hamas fosse in fase di pianificazione dall’inizio di quest’anno, dopo che la direzione del governo israeliano divenne chiara.

Un fattore scatenante più specifico potrebbe essere stato il negoziato USA-Israele-Arabia Saudita finalizzato alla piena normalizzazione delle relazioni diplomatiche israelo-saudite – negoziati che ad alcuni occhi sembrano prossimi a dare i loro frutti. Dal punto di vista palestinese generale, qualsiasi accordo diplomatico a tre sarebbe un passo indietro verso l’autodeterminazione palestinese, perché un obiettivo israeliano è quello di godere di tali frutti senza fare la pace con i palestinesi. Dal punto di vista di Hamas, la rivale Autorità Palestinese assume un atteggiamento straordinariamente compiacenteatteggiamento verso la prospettiva di rafforzati legami tra Arabia Saudita e Israele, apparentemente contento di rimanere nel suo ruolo di ausiliario dell’occupazione israeliana. Ciò lascia ad Hamas il compito di opporsi attivamente a questo passo indietro. L’interruzione della diplomazia volta alla normalizzazione israelo-saudita potrebbe essere stata una delle motivazioni dell’attacco di Hamas.

Né il governo israeliano né quello statunitense si lasceranno scoraggiare dal loro sforzo di normalizzazione, e l’attacco potrebbe addirittura aumentare il desiderio dell’amministrazione Biden di concludere un simile accordo. La variabile chiave è la posizione del regime saudita. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (MbS) quasi certamente vorrebbe ancora raggiungere un accordo che soddisfi la maggior parte delle sue richieste in materia di garanzie di sicurezza, vendita di armi e assistenza nucleare. Ma qualsiasi ulteriore spargimento di sangue tra israeliani e arabi rende più difficile per qualsiasi governante arabo, compreso MbS, raggiungere nuovi accordi con Israele. Indipendentemente dai suoi sentimenti al riguardo, MbS deve considerare l’opinione pubblica saudita e lo speciale interesse che suo padre, re Salman, nutre per la questione palestinese.

L’attacco odierno di Hamas prevedeva non solo una raffica di razzi, ma anche un’incursione di terra che ha portato alla cattura di israeliani che Hamas ha riportato nella Striscia di Gaza. Israele conferma che cittadini israeliani, compresi evidentemente soldati e civili, sono stati presi in ostaggio, con numeri incerti ma probabilmente nell’ordine delle dozzine. I servizi di sicurezza israeliani senza dubbio non risparmieranno alcuno sforzo per cercare di salvare i propri cittadini, ma Hamas in passato si è dimostrato abile nel nascondere i suoi prigionieri.

Ciò implica che, una volta che le acque della battaglia si saranno calmate, inizieranno i negoziati, forse tra le altre cose, sulla restituzione degli ostaggi. Acquisire merce di scambio in tali negoziati probabilmente è stata un’ulteriore motivazione di Hamas per l’attacco. Liberare i palestinesi che Israele ha incarcerato è un ovvio quid pro quo. Si stima che nelle carceri israeliane si trovino circa 4.500 prigionieri. Gli scambi passati tra Hamas e Israele hanno visto la liberazione di un gran numero di palestinesi in cambio di un numero molto minore di israeliani. Un alto funzionario di Hamas si è vantato del fatto che l’attacco di oggi ha dato al gruppo abbastanza ostaggi da liberare tutti i prigionieri palestinesi attualmente nelle carceri israeliane.

La merce di scambio umana potrebbe anche dare ad Hamas la leva per ottenere altre concessioni, comprese varie forme di sollievo dal blocco israeliano di Gaza. Qualsiasi vittoria che Hamas riuscirà a ottenere in questo senso, oltre alla liberazione dei prigionieri palestinesi, potrebbe aiutare a compensare qualunque risentimento il gruppo soffra da parte dei residenti di Gaza per la distruttiva risposta israeliana al suo attacco.

Le conseguenze politiche in Israele sono più prevedibili di quelle nella Striscia di Gaza. Anche se ci saranno le consuete recriminazioni su un “fallimento dell’intelligence” e sulla questione se il governo avrebbe dovuto essere meglio preparato all’attacco, l’escalation sanguinosa del conflitto tra israeliani e arabi, almeno nel breve termine, intensificherà l’estrema destra corso di estrema destra del governo israeliano di estrema destra e aiuta a reprimere qualsiasi pensiero su concessioni significative ai palestinesi. La nuova guerra costituirà una distrazione unificante dalla controversa revisione giudiziaria del governo e dal caso di corruzione contro Netanyahu. Sotto questo aspetto Hamas potrebbe aver fatto un favore politico a Netanyahu con questo attacco.

Considerando una prospettiva più ampia, gli eventi di oggi e la guerra che ne è seguita dimostreranno ancora una volta che, nonostante gli sforzi volti a ridimensionare il conflitto israelo-palestinese e a mettere da parte la questione attraverso accordi di “pace” con gli stati arabi, il conflitto e le sue conseguenze destabilizzanti le conseguenze non scompariranno. Le frustranti aspirazioni nazionaliste non fanno scomparire le aspirazioni stesse, né eliminano il risentimento per il trattamento oppressivo di un popolo. Questa volta la risposta violenta è stata orchestrata da Hamas; la prossima volta la risposta violenta potrebbe assumere qualche altra forma. Anche prima degli eventi di oggi, molti osservatori informati vedevano un’alta probabilità di una nuova intifada , o rivolta popolare, in Cisgiordania.

 

 

Palestina oggi

Netanyahu ha indebolito la difesa di Israele?

Il ritorno al potere di Benjamin Netanyahu in coalizione con diversi partiti di estrema destra e ultra-ortodossi sarebbe un missile sotto la linea di galleggiamento degli Accordi di Oslo, continuando la campagna sistematica di insediamenti illegali e rappresentando una minaccia per la successiva democrazia. liquidare l’attuale separazione dei poteri. 

La minaccia alla separazione dei poteri nella democrazia liberale israeliana sarebbe segnata dall’annuncio da parte di diversi membri del nuovo governo di approvare la cosiddetta “clausola di annullamento” che consentirà al nuovo Parlamento ebraico di attuare leggi contrarie alla Magna Carta ed eliminare la capacità della Corte Suprema di ribaltarlo.

Ciò significherebbe la fine della separazione dei poteri di una democrazia liberale e l’emergere di un governo autocratico con chiare connotazioni teocratiche. Per questo l’amministrazione americana ha condannato queste intenzioni, avvertendo che “con una simile iniziativa la democrazia israeliana sarebbe in pericolo”. Quindi, il presidente Biden ha detto : “L’attuale governo israeliano è composto da alcuni dei membri più estremisti che abbia mai visto”. Ha criticato il sostegno agli insediamenti in Cisgiordania e ha invitato Benjamin Netanyahu a “mostrare una certa moderazione nelle riforme del sistema giudiziario”.

Avverte una lettera alla Corte Suprema firmata da quasi 1.200 veterani dell’aeronauticacontro il pericolo rappresentato dalla coalizione esecutiva guidata dal Likud di Benjamin Netanyahu e che avrebbe come principali alleati il ​​sionismo religioso, il potere ebraico e Noam. Secondo i firmatari di questa lettera: “Veniamo da tutti i ceti sociali e da tutti gli schieramenti politici e ciò che abbiamo in comune oggi è la paura che lo Stato democratico di Israele sia in pericolo”. Allo stesso modo, una dichiarazione firmata dai leader del partito di opposizione, tra cui Yair Lapid, ha espresso il loro rifiuto del nuovo governo di Benjamin Netanyahu affermando che: “Quando torneremo al potere, promettiamo di abrogare qualsiasi legislazione estremista che mini la democrazia, la sicurezza, l’economia o la società israeliana .

Questa iniziativa legale del governo di Benjamin Netanyahu provocò il rifiuto di ampi settori della società israeliana che, grazie a massicce manifestazioni di piazza e al tentativo di indire uno sciopero generale del sindacato di maggioranza per paralizzare il paese, avrebbero ottenuto il temporaneo sospensione di detta riforma giuridica.

Netanyahu ha indebolito la difesa di Israele? Tuttavia, le proteste contro la suddetta riforma legale avrebbero avuto l’effetto collaterale di creare crepe nel campo della difesa e dell’intelligence israeliana, a causa del rifiuto di un numero significativo di riservisti di unirsi a posizioni vitali per la difesa israeliana, molti dei quali raggruppati nel “ Blocco “Fratelli e sorelle in armi”.

Così, secondo diversi media israeliani, circa 4.000 riservisti hanno firmato  lettere pubbliche in cui esprimono il desiderio di non tornare alle loro funzioni di volontariato, tra cui spiccano 400 volontari del commando d’élite Sayeret Matkal, 200 piloti dell’aereo, 50 operatori del controllo del traffico aereo, 40 operatori di droni e un numero imprecisato di ufficiali dell’intelligence, tutti essenziali per il funzionamento ottimale della difesa israeliana.

Approfittando di queste falle di sicurezza, il braccio armato del gruppo islamico Hamas ha lanciato la più grande offensiva militare dal 2007, con l’infiltrazione di decine di suoi membri nelle città israeliane e il lancio di 5.000 proiettili contro vaste aree, tra cui Tel-Aviv e Gerusalemme. . Non è escluso che l’offensiva si estenda fino al confine libanese con l’ingresso di Hezbollah.

Questa offensiva avrebbe completamente sorpreso un Israele concentrato solo sui suoi problemi interni. Amos Yadlin, ex capo dell’intelligence dell’IDF, ha parlato  di echi della guerra dello Yom Kippur – un altro attacco segnato da un “fallimento dell’intelligence” quando il nemico ha avviato il conflitto.

Benjamin Netanyahu, sfruttando la dittatura invisibile della paura del terzo Olocausto, sia di Hamas, Hezbollah o Iran, coglierà l’occasione per dichiarare lo stato di guerra (difesa della sicurezza di Israele) e innescare una nuova offensiva di terra a Gaza (Striscia di Gaza). rilanciando l’operazione Protective Edge del 2014.

Benjamin Netanyahu spera in una rapida vittoria che gli permetterà di aumentare la popolarità perduta a causa della sua proposta di riforma legale e permetterà alla nebbia dell’oblio di coprire il processo legale in cui è accusato di corruzione, frode e abuso di fiducia e che , secondo le sue parole, sarebbe solo un “colpo di stato giudiziario per rimuoverlo dal potere”. Non si può escludere un’ulteriore regressione della democrazia israeliana sui generis.

Germán Gorraiz López, analista politico

 

 

 

Un enorme crimine di guerra: Israele annuncia il blocco totale della Striscia di Gaza

 

“Affamare 2 milioni di persone che non possono muoversi e che sono sotto assedio terrestre e blocco navale è un genocidio.”

JAKE JOHNSON

 

Lunedì il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato un “assedio completo” della Striscia di Gaza, impegnandosi a bloccare l’ingresso di cibo e carburante nell’enclave occupata e a tagliare l’elettricità al territorio, misure che esperti di diritto internazionale e altri osservatori hanno denunciato come un chiaro crimine di guerra. che devasterà i civili.

 

“Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto è chiuso”, ha detto Gallant.

 

Usando una retorica che un commentatore ha definito “palesemente genocida”, Gallant ha aggiunto che “stiamo combattendo gli animali umani e ci comportiamo di conseguenza”.

 

Israele ha imposto un blocco terrestre, aereo e marittimo sulla Striscia di Gaza per quasi due decenni, impoverendo gran parte della popolazione dell’affollata enclave e negando a milioni di persone un accesso sufficiente all’acqua pulita e ad altri beni di prima necessità. I bambini, che costituiscono circa la metà della popolazione di Gaza, sono stati colpiti in modo sproporzionato.

 

Un’intensificazione del blocco contro Gaza – spesso descritta come la più grande prigione a cielo aperto del mondo – sarebbe illegale e catastrofica, avvertono gli analisti.

 

“Fare la fame a 2 milioni di persone che non possono muoversi e che sono sotto assedio terrestre e blocco navale è un genocidio”, ha scritto sui social media la scrittrice pakistana Fatima Bhutto. “Questo è un crimine di guerra.”

 

Tom Dannenbaum, studioso di diritto e professore associato di diritto internazionale presso la Fletcher School of Law and Diplomacy, concorda con tale valutazione, facendo riferimento agli statuti della Corte penale internazionale.

 

“Gallant sta ordinando un enorme crimine di guerra (ICC 8(2)(b)(xxv)) e molto probabilmente un crimine contro l’umanità (ICC 7(1)(b), 7(2)(b) [sterminio] / 7 (1)(k) [atti disumani]),” ha scritto Dannenbaum. “La presenza di combattenti all’interno di una popolazione civile non influisce sul suo carattere civile (AP I 50(3)). La CPI ha giurisdizione.”

L’annuncio del blocco totale su Gaza arriva mentre Israele si prepara a un’invasione di terra del territorio palestinese e chiede agli Stati Uniti di aumentare il sostegno militare in seguito all’attacco mortale di Hamas di sabato, che ha ucciso più di 700 persone.

 

Da allora Israele ha lanciato un’ondata di attacchi aerei su Gaza, uccidendo più di 500 persone e ferendone migliaia. Secondo quanto riferito, dozzine di palestinesi sono stati uccisi lunedì da un attacco israeliano al più grande campo profughi di Gaza.

 

“L’intenso bombardamento ha finora provocato lo sfollamento di oltre 120.000 persone nell’enclave palestinese assediata”, ha riferito Al Jazeera.

 

Un’analisi pubblicata all’inizio di quest’anno dal gruppo per i diritti umani Euro-Med Monitor stimava che il blocco israeliano, durato 16 anni, “ha impoverito più del 61% della popolazione totale di Gaza” e “ha lasciato quasi il 53% della popolazione alle prese con l’insicurezza alimentare”.

 

In una dichiarazione di lunedì, il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem ha affermato che i funzionari israeliani “che ora chiedono di uccidere, distruggere, schiacciare, schiacciare e persino affamare i residenti della Striscia di Gaza” in seguito all’attacco di Hamas “dimenticano che questa è già la politica israeliana.”

 

“In questo momento, Israele sta attaccando nella Striscia di Gaza, quando è chiaro che ancora una volta molte delle vittime sono civili, tra cui donne, bambini e anziani”, ha aggiunto il gruppo. “Il danno deliberato ai civili è sempre sbagliato e proibito. Non può esserci alcuna giustificazione per tali crimini, non quando vengono commessi come parte di una lotta per la libertà e la liberazione dall’oppressione, e non quando sono giustificati come lotta contro il terrorismo.”

 

 

LINK ORIGINALI

 

 WHY HAMAS ATTACKED AND WHAT HAPPENS NEXT  da Reponsible Statecraft

 

NETANYAHU a-t-il AFFAIBLI LA DEFENSE D’ISRAEL  da Observateru Continental 

 

A MASSIVE WAR CRIME: ISRAEL ANNOUNCES TOTAL BLACKADE IN GAZA STRIP

da ‘Common Dreams’

 

 

 

 

ALTRI LINK

 

THE WAR HAS STARTED

 

 

SCOTT RITTER: ISRAEL MASSIVE INTELLIGENCE FAILURE”  

 

 

I misteri del nuovo Yom Kippur. Cui prodest 

 

 

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