Il Censis ha recentemente pubblicato, ha presentato l’esito di un’ampia indagine di popolazione, condotta dall’Osservatorio “Ital Communications”, sul tema della disinformazione di massa e per approfondire soprattutto la capacità degli intervistati di riconoscere una notizia falsa. La ricerca è titolata “Disinformazione e fake news” ed è accompagnata da un significativo sottotitolo che mette in relazione il sistema dell’informazione con il lavoro dell’intelligenza artificiale.
Si monitora quanto accade in Italia nell’ambito della comunicazione istituzionale. Ne risulta un paese che è oggi il più esposto al mondo all’influenza della diffusione di fake news. Oggi, dicono i dati raccolti, oltre il 76% degli italiani dichiara di non saper distinguere una notizia vera da una falsa, tra le tante informazioni che circolano nella rete … e che contribuiscono alla formazione dell’opinione di massa. Ma il dato più preoccupante è quell’oltre 30% di persone che negano l’esistenza di “bufale”, che non le riconoscono come tali. Una persona su tre non sa o non vuole riconoscerle come notizie false e per questo motivo le rilanciano senza remore, attraverso la rete, ad amici e conoscenti, contribuendo a farle avanzare nelle gerarchie degli algoritmi senza capire, quando sono in buona fede, che contribuiscono così a creare stigma e pregiudizi.
Spesso però – e qui impera la malafede – queste notizie sono rilanciate anche da alcuni politici e, come se non bastasse, anche da qualche operatore dell’informazione. In questi casi sono gli anziani e quella parte della popolazione più sprovveduta e con bassa scolarizzazione, le prime inconsapevoli vittime di questa propaganda truffaldina, in quanto costituiscono la parte più vulnerabile e soccombente della popolazione di fronte a questa mole di falsità. Immaginate quali e quanti danni si possono creare a causa di questa disinformazione quando ci si riferisce a eventi quali una pandemia, una campagna vaccinale o se si parla degli effetti sociali della crisi economica o dell’uso della violenza pubblica e privata. Dalla ricerca del Censis risulta che l’Italia è il paese che subisce più di tutti i condizionamenti della disinformazione e nel quale la maggioranza della popolazione ne risulta più influenzata. Questo accade anche perché alcuni leader politici, avendone valutata l’efficacia, contribuiscono alla diffusione di fake news per acquisire consenso elettorale. Così ha fatto, in passato, continua a farlo ancora oggi chi governa il paese.
Perché? Probabilmente per coprire presso l’opinione pubblica i propri limiti nella gestione di quegli ambiti di interesse sociale affrontati nel corso delle loro campagne elettorali, e per cui avevano assunto solenni impegni.
Questa disdicevole consuetudine già avviata all’inizio degli anni ‘90 dalla destra di Silvio Berlusconi. Questi, grazie anche alle sue grandi disponibilità finanziarie, aveva commissionato alle più accreditate agenzie del settore centinaia di sondaggi sulle aspettative degli elettori. I risultati di queste indagini furono poi regolarmente riversati nei suoi programmi elettorali e utilizzati nei comizi, senza alcuna preoccupazione di essere conseguente, anzi pronto a rinnegarli trasferendo sugli altri la responsabilità dei fallimenti. E allora giù con promesse roboanti quanto insostenibili perché, se rispettate, avrebbero rischiato seriamente di mandare in bancarotta il paese. Questa prassi politica è proseguita con gli apparati della comunicazione politica della Lega di Salvini, un gruppo di esperti della comunicazione molto curato, attività trasferita al servizio della premier Meloni. Questi professionisti della comunicazione hanno utilizzato sistematicamente le informazioni false immesse nella rete, generalmente loro stessi. Lo hanno fatto per strizzare l’occhio ai movimenti no vax ed a tutta i gruppi della propaganda negazionista, quella che diffonde le più stravaganti verità e che lavora per diffamare gli avversari politici, i dirigenti dello stato, i partiti dell’opposizione, i leader sindacali e finanche le organizzazioni umanitarie e di volontariato. È forse anche per questo motivo che proprio ora che governa la destra non sentiamo più le loro deliranti comunicazioni. Ormai sono pienamente un patrimonio governativo.
Ma la considerazione più grave e che più ci preoccupa è quella che fa riferimento alle modalità di alimentazione informativo utilizzato dalle macchine dedicate alla IA.
I contenuti informativi di queste macchine si basano sulle notizie raccolte nella rete e da tutto quanto è stato già pubblicato in tutto il mondo. Queste “macchine intelligenti”, hanno un’enorme capacità di immagazzinare informazioni e producono report formalmente impeccabili e ben scritti. Ma i loro contenuti sono acritici e si basano solo su ciò che già si trova nella rete. Se prevalgono false informazioni o se una falsa notizia è stata rilanciata all’infinito, allora la IA produce report che contengono quelle informazioni false e fuorvianti. Sono condizionati dalla statistica, essendo privi di capacità di elaborare una autonoma riflessione critica, che non possono avere, perché non producono alcun ragionamento innovativo o comunque intellettualmente originale.
Questo aspetto è molto pericoloso anche perché pochi sanno che le considerazioni che derivano dal lavoro della IA, spesso ritenute affidabili, proprio come accadeva un tempo per le affermazioni diffuse dalla televisione. In realtà quelle informazioni sono spesso solo il frutto di una elaborazione di tipo esclusivamente statistico.
Un vecchio adagio diceva saggiamente “… ripetere più e più volte una bugia consapevole, la farà percepire da chi ascolta come una verità assoluta”.
Questo vale per tutte le affermazioni che non possono essere filtrate da uno spirito critico e che non sviluppano pensiero innovativo. Tipo di pensiero tutto umano, proprio perché e svincolato dalla reiterazione delle macchine.
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