“Poi si vedrà…”

Per chi ha l’obiettivo di capire il back stage di quanto accade non c’è nulla di sorprendente nell’omofobia, nel sessismo di un servitore dello Stato indegno dei gradi di generale che esibisce anziché nascondersi nell’ombra dell’anonimato. Roberto Vannacci è stato il capo dei parà della ‘Folgore’, corpo speciale ritenuto universalmente il nucleo fascista delle Forze Armate. Pisa che l’ospita ricorda le spedizioni punitive degli allievi paracadutisti contro i giovani di sinistra e non si è spenta l’eco della violenza brutale di due ex parà che hanno torturato Emanuele Scieri, soldato di leva, appena arrivato in caserma a Pisa dalla Sicilia e subito ‘scomparso’.  Dopo tre giorni il corpo senza vita del soldato (dopo un volo di 12 metri) è stato ritrovato ai piedi della torretta dove è stato costretto ad arrampicarsi, con i lacci delle scarpe legati insieme, ferite ai piedi, segni di scarponi sulle mani, un dito fratturato: colpito per farlo cadere.  È un caso estremo di ‘nonnismo’, di un macabro rito di iniziazione in un ambiente in cui la violenza e la prevaricazione vengono spesso sottaciute, se non apertamente incoraggiate, ancora oggi. Vannacci, ora alla guida dell’Istituto Geografico Militare, è l’autore di un libro autoprodotto in cui si sommano insulti triviali contro lega di omo e transessuali, i migranti, le femministe, ambientalisti, marxisti. Scrive Vannacci: “Cari omosessuali, normali non lo siete”. Toni e frasi ingiuriose sono in linea con la propaganda della destra al governo, che induce il generale e non solo lui a uscire allo scoperto, incoraggiato dalla tolleranza per ogni manifestazione di neofascismo. Di Paola Egonu, pallavolista della Nazionale italiana dice “È evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”. Tace la Meloni, tace il governo e Crosetto, ministro della Difesa,  annuncia un altro “Poi si vedrà”, modello permanente per  sfuggire alla responsabilità dell’esecutivo. Ma il poi qualche volta diventa un boomerang. È rimasto indelebile lo spot elettorale della Meloni che, ferma a un distributore di benzina, giura, una volta al governo, di eliminare le maledette accise sul carburante. Le tasse sono ancora lì e il ministro Urso completa il disastro dell’autogol: “La nostra benzina costa meno che altrove (non è vero). Ma c’è di peggio: “È colpa dell’Opec (falso) e le accise non i possono eliminare, i soldi ci servono per le famiglie” (cioè per le stesse famiglie che pagano la benzina più di duecento euro al litro e devono affrontare il conseguente aumento dei prezzi dei generi di prima necessità!)


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