La domanda d’obbligo dopo gli ultimi provvedimenti sul taglio dei fondi europei è: cosa e quante strutture saranno tagliate dal PNRR. A cominciare dalle risorse destinate a migliorare il nostro SSN e ad organizzare una buona Sanità Territoriale? Quante Case e Ospedali della Comunità rimarranno? E, infine, che ne sarà di progetti innovativi come la telemedicina?
Proviamo a elencare ciò che rimarrà in piedi dopo le disposizioni contenute nel piano di riorganizzazione presentato dal Governo. Forse capiremo a cosa dovremo rinunciare … se proprio non vogliamo credere alla menzognera promessa di finanziare gli obiettivi cancellati con fondi ordinari. Fondi che, sappiamo bene, non bastano mai e quindi non potranno essere disponibili. Nel frattempo, il Governo ha formalmente ammesso che l’attuale contesto presenta difficoltà insormontabili. Quindi non si potranno aprire molte strutture sanitarie intermedie (Case e Ospedali di Comunità, Ospedali sicuri e sostenibili) previste ma indispensabili per avviare la transizione ad una buona sanità territoriale; ma non solo, non si porteranno a termine nemmeno alcuni progetti per la digitalizzazione (salteranno per questo motivo anche una parte della rete di telemedicina, la sostituzione di apparecchiature ospedaliere, la digitalizzazione dei dati degli ospedali, compresi quelli dei DEA di I e II livello). E, dulcis in fundo, non sarà possibile raggiungere nessuno degli obiettivi che richiedono un minimo di lavori edili di supporto per allestire, ristrutturare o semplice rendere fruibili nuovi locali.
Si è deciso allora di operare una consistente riduzione degli interventi finanziati con risorse europee, forse solo perché si dovevano realizzare entro il 2026, pena la perdita dei relativi fondi. I tagli sono motivati con l’aumento dei relativi costi. Vogliamo però ricordare che il grosso degli interventi era stato programmato al sud per recuperare l’enorme gap strutturale e che la massima parte delle risorse tagliate saranno poi utilizzate su progetti da sviluppare prevalentemente al nord, per cui ci troveremo a dover gestire una ulteriore divaricazione del divario assistenziale e un conseguente incremento dei trasferimenti di pazienti e risorse verso i più attrezzati presidi del nord. Unici attrezzati per fornire assistenza ai pazienti affetti dalle patologie più complesse, quelle che negli ospedali del meridione raramente trovano risposte adeguate. Un risultato che alla fine risulterà essere diametralmente opposto ai propositi alla base del PNRR. Ma sarà poi questo l’esito voluto? Pensiamo proprio di sì, se vogliamo credere ai propositi da tempo espressi dalla Lega, poi fatti propri dalle altre componenti dell’attuale governo di destra, che governa ormai deprivato di un centro capace di equilibratore le pulsioni antimeridionali. Un governo che appare sempre più condizionato dal perenne ricatto di Salvini e della Lega. Quel Salvini che sta vincendo proprio quando ha sostanzialmente perso le elezioni e la sua leadership a favore di Giorgia Meloni e del suo partito Fratelli d’Italia.
Assisteremo così alla definitiva affermazione della Sanità Privata nei confronti di un Sistema Sanitario Nazionale che appare incrementare la sua sofferenza organizzativa. Tutto ciò sarà accentuato dalla riforma in corso di incrementare quell’autonomia differenziata, che consentirà di scippare ancora ulteriori risorse al meridione, dirottandole verso le regioni del nord del paese (e verso quelle regioni del centro complici di tale disegno, anche quelle ipocritamente governate da partiti della sinistra).
Sta già accadendo, silenziosamente e nell’indifferenza generale. Il silenzio fa rumore quando viene da un’opposizione che continua opportunisticamente a proporsi divisa e lacerata dalle tentazioni collaborazioniste di qualche partitino, disperatamente alla ricerca di spazio politico. Ma anche da quella parte di destra sociale nostrana che ha costruito la sua fortuna proprio nei territori più poveri del sud e tra quei ceti sociali sinora rappresentati dai partiti della sinistra.
È stato forse anche per questi motivi che, questo governo, è riuscito far passare nel paese una sorta di odiosa guerra alla povertà. Povertà vista come una colpa di chi non ha nulla.
Il governo ha cancellato quasi completamente un Reddito di Cittadinanza, fatto male e senza controlli preventivi, quindi contrabbandato come un enorme spreco di danaro pubblico. Lo ha fatto dilatando mediaticamente il numero dei truffatori che lo avevano percepito illecitamente, ma senza mai veramente perseguirli. Come d’altronde ha fatto favorendo spudoratamente l’evasione fiscale quando agita da partite IVA, tassinari, balneari e piccoli e grandi imprenditori propensi alle truffe, arrivando a parlare addirittura di “pizzo di stato”. Lanciando sostanzialmente segnali ambigui quando prospetta sconti fiscali e sanatorie tombali. Mortifica così proprio quei cittadini, pensionati e lavoratori onesti che le tasse le hanno sempre pagate regolarmente, finanziando un welfare di cui fruiscono tutti. Politici come Salvini hanno riproposto, invocandoli pubblicamente scorciatoie e privilegi. Il tutto senza mai accennare ai tanti scandali e alle truffe a cui abbiamo assistito nel corso di tutti questi anni. Hanno invece dato spazio anche sui media pubblici (ormai completamente occupati) a quel percettore di reddito, generalmente intervistato sottolineando l’accento meridionale e l’aspetto da delinquente. Quando non si è optato per un giovane percettore che così è riuscito a sottrarsi all’indegno sfruttamento del lavoro precario in settori come il turismo o l’assistenza agli anziani.
Intanto questo solerte ed efficientissimo governo ha ridotto il numero delle Case di Comunità da realizzare portandole da 1350 a 936, degli Ospedali di Comunità portandoli da 400 a 304 e riducendo da 600 a 524 le Centrali Operative Territoriali, necessarie per coordinare tutte le attività territoriali e per aprirsi finalmente a forme di ospedalizzazione domiciliare.
Queste strutture servivano alla realizzazione di una buona sanità territoriale. Una modalità di gestione che avrebbe contribuito a salvare la sanità pubblica arginando lo strapotere del privato speculativo. Avrebbe anche contribuito a riequilibrare l’offerta prestazionale al sud rispetto a quella garantita nel resto del paese.
Pazienza! Dovremo continuare a migrare verso i presidi di quelle regioni per trovare una risposta decente a bisogni assistenziali per patologie croniche gravi, purtroppo sempre più diffuse. Ma anche per ricevere i nuovi trattamenti innovativi, spesso risolutivi ma estremamente costosi. E ciò senza contare il diritto a ricevere un’assistenza alberghiera perlomeno decente e non da terzo mondo, come spesso accade nei migliori presidi destinati all’utenza del sud.
Infine, vogliamo ricordare il rallentamento che si prospetta per l’attivazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Di conseguenza sarà ancora difficile essere curati in altre sedi ospedaliere diverse da quelle di primo impatto … e bisognerà rifare tutte le indagini già fatte, con inutili moltiplicazioni di costi. Con la stessa logica si spostano in avanti i tempi di realizzazione della telemedicina, che avrebbero risolto il problema delle consulenze più complesse non erogabili in situ.
Tutto ciò è stato esplicitato dal governo punto per punto nel documento di revisione del PNRR.
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