L’india ha intensificato la sua produzione record dell’olio di ricino e se ne giova l’esportazione in Paesi a regime neofascista, largamente impiegato per punizioni-tortura dei dissidenti. Tra i Paesi che ne importano a iosa, secondo il ministero del commercio indiano, l’Italia sarebbe seconda solo alla Russia di Putin, alle prese con un crescente dissenso interno. Vero o falso? Giudizio in sospeso, non c’è ancora un’inchiesta di ‘Report’. Degli effetti dell’olio di ricino hanno memoria i bambini del ’900, messi in fila da mamme e papà, costretti a mandar giù una cucchiaiata del nauseante purgante. Ne sanno di più gli antifascisti: somministrare olio di ricino agli avversari politici era una delle violenze delle squadracce di Mussolini, delle camicie nere.
[Da Wikipedia, con molte scuse per l’esplicita, aspra, ma giusta citazione dei dettagli: “Sequestravano gli avversari politici e li costringevano a bere una grande quantità di olio di ricino (‘purga del sovversivo’), causando una violenta scarica di diarrea. La vittima veniva costretta a defecarsi addosso, imbrattando in modo evidente i suoi pantaloni. Successivamente era costretta a girare in pubblico con le camicie nere che lo schernivano. Se era sposato, veniva mostrato in quelle condizioni indignitose alla moglie, rendendo l’esperienza ancora più degradante e umiliante]. Il truce messaggio di questo gesto: “L’avversario se la fa addosso, quindi non è un vero uomo””.
Un presunto sondaggio on line con accorsate farmacie rivelerebbe che la richiesta e la vendita di quel potente, disgustoso lassativo, fa registrare un + 37, 3%. Ci sarebbe chi ne fa scorta, ove mai gli italiani decidessero di fare vera opposizione al governo della destra-destra, di rendere operativo il dettato costituzionale antifascista. Una talpa, infiltrata a Palazzo Chigi, avrebbe colto brandelli del chiacchiericcio di noti esponenti dell’esecutivo sulle precauzioni programmate per respingere tentativi di rigenerazione democratica dell’Italia, somministrazione di olio di ricino compresa. Estranea al progetto, sarebbe l’amica di Vox, Orban e camerati sparsi qua e là nel mondo: perché disinformata, in altre faccende affaccendata, tutta casa e famiglia in pausa-vacanza? Errore. Ella sa, sente, vede, ma non parla. O peggio, dà voce al suo selfie di “Yo soy donna, madre, italiana, patriota” per assolvere e benedire personaggi a lei vicini e lontani, come garante del ruolo di mater gloriosa che assolve tutti i peccati delle sue pecorelle smarrite (Nordio, Piantedosi, Valditara…) e da ultimo dell’ex terrorista nero De Silvestri, alter ego di Rocca, presidente del Lazio per conto di Fratelli d’Italia, che di conseguenza non si dimette. Un rapido giro di telefonate dal resort dov’è in relax: sarebbe partito da Giorgia il consiglio-ordine-imperativo di assolvere De Angelis, negazionista a voce alta dell’accertata matrice fascista della strage di Bologna, degli esecutori materiali. Senza offesa, ma le famose tre scimmiette (‘non vedo, non sento e soprattutto non parlo”) si rammaricano. Non sono più il paradigma storico di chi non parla per salvare l’insalvabile. Il silenzioso, determinante “te absolvo” di Giorgia è manna del cielo per il negazionismo di De Angelis, un chiaro input per la farsa delle scuse anti-dimissioni, perfezionata con la conferma di “Continuo a pensarla così”, con grave offesa al presidente della Repubblica, che ha condannato l’attentato stragista come prologo di un colpo di Stato fascista, impedito dalla risposta democratica del Paese.
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