E’ davvero penoso dover tornare, per 41 anni di seguito, sulle stesse cose.
E’ penoso dover sentire, a 41 anni dall’eccidio di via D’Amelio, un capo dello Stato-robot che ripete stucchevoli parole del tipo “bisogna colpire le zone grigie delle complicità mafiose”.
E’ penoso vedere la solita trafila di rituali commemorazioni alle quali prendono parte tanti, troppi che hanno coperto, occultato, depistato, ricoprendo importanti cariche istituzionali.
Ha ragione il marito di Lucia Borsellino, Fabio Trizzino, che è anche il legale della famiglia: “Non ne posso più di queste commemorazioni”.
Come è possibile, in un Paese che osa dichiararsi civile ma assolutamente non lo è, anche e soprattutto sotto il profilo giudiziario, che una vicenda ormai molto chiara ‘storicamente’, non riesca a tradursi neanche in uno straccio di sbocco giudiziario?
Possibile, più in concreto, che una storia ormai ben nota, con tanto di ‘depistatori’ al seguito, non riesca a trovare finalmente, dopo quasi mezzo secolo, una sentenza degna di questo nome?
La ‘Voce’ ha seguito il caso con decine e decine di inchieste. Ne potete trovare alcune cliccando sui link in basso: altrimenti, come al solito, basta andare alla casella CERCA in alto a destra della nostra home page, digitare PAOLO BORSELLINO e ne troverete, di articoli e inchieste, a bizzeffe.
Vogliamo solo sottolineare, ancora una volta, un paio di fatti (il resto, appunto, lo trovate in quanto abbiamo scritto dal 1993 in poi, e solo per motivi tecnici troverete nostri articoli dal 2015 in poi, perché da allora la Vocecartacea è passata sul web).
Il nodo-base, lo ripeteremo all’infinito, come del resto fanno da anni le indomite sorelle Borsellino (Lucia e Fiammetta), nonché Fabio Trizzino, è uno solo: quel rapporto ‘MAFIA-APPALTI’ redatto dal ROS dei carabinieri nel 1990, finito sulla scrivania di Giovanni Falcone e che – per l’esplosività delle notizie contenute – costituì il vero, unico MOVENTE per il tritolo di Capaci prima e di via D’Amelio subito dopo.
Perché, ancora oggi, nessuno se ne fotte?
Perché?
Perché?
Perché?
In quel monumentale rapporto (890 pagine) veniva minuziosamente ricostruita la mappa dei rapporti tra grosse imprese del Nord (ma anche del Sud) e i pezzi da novanta di Cosa Nostra (ma anche della camorra). Venivano fatti, in quel dossier-bomba, nomi di società, di pezzi da novanta della politica, ricostruite tutte le connection: insomma, altro che Tangentopoli! Una vera Mani pulite, in grado di alzare il sipario su affari & rapporti inconfessabili: non quella pilotata dalla CIA e gestita da Antonio Di Pietro & C. di un paio d’anni dopo!
E, guarda caso, chi sarà mai il magistrato che ‘affosserà’ letteralmente l’inchiesta sull’Alta Velocità, la quale rappresentava il piatto forte del grande accordo tra POLITICA, IMPRESE e MAFIA? Proprio don Tonino, che dopo quel depistaggio-affossamento lascerà la toga e si tufferà in politica.
Tutta la ‘sceneggiata’ viene perfettamente e minuziosamente descritta in un libro che tutti gli italiani dovrebbero leggere, a quasi un quarto di secolo dalla sua uscita: ‘Corruzione ad Alta Velocità’, firmato nel 1999 da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato.
Un vero j’accuse nei confronti del mito di Mani Pulite, proprio Di Pietro, il quale – guarda caso – esattamente 30 anni fa avrebbe dovuto raccogliere la verbalizzazione, alla procura meneghina, di Raul Gardini: che invece quella stessa mattina si sparò un colpo di revolver alla tempia.
Un altro dei tanti, troppi buchi neri di casa nostra mai chiariti.
Circa il depistaggio griffato Di Pietro per l’inchiesta sul TAV la Voce ha scritto molti articoli e inchieste che potrete trovare con lo stesso metodo: casella CERCA, digitate ANTONIO DI PIETRO oppure TAV o ALTA VELOCITA’ e ne compariranno per tutti i gusti.
Da un Depistaggio all’altro il passo è breve.
E torniamo a ‘bomba’.
Come mai, dal processo proprio sul ‘Depistaggio’ per la strage di via D’Amelio, fino ad oggi non è stato cavato neanche un ragno dal buco?
O meglio, alla fine, forse, le uniche condanne riguarderanno dei pesci piccoli, piccolissimi, ovvero al massimo due-tre poliziotti messi alla sbarra e colpevoli unicamente di aver eseguito ordini che – di tutta evidenza – arrivavano dall’alto, ossia dai diretti superiori.
Come mai nessuno ha pensato di disturbare quei superiori? Perché i ‘manovratori’ da noi devono sempre, regolarmente, invariabilmente restare a volto coperto?
E totalmente impuniti?
Tanto per restare in tema di ‘Depistaggi’ che gridano vendetta, ne vogliamo ricordare un altro, del quale ormai non si parla più, s’è perso nel solito ‘porto romano delle nebbie’, vale a dire la procura capitolina.
Come mai da due anni e passa il gip Andrea Fanelli che ancora ha in mano il caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi anche loro quasi 40 anni fa, non prende una decisione finale?
Perché, in soldoni, non decide di archiviare una volta per tutte il caso?
Oppure, invece, opta per portare a termine quelle indagini e arrivare a una svolta finale?
E pensare che ormai quattro anni fa il tribunale di Perugia, con una storica sentenza, ha deciso di scagionare il povero somalo che, da perfetto innocente, s’è fatto 16 anni di galera.
E, nella stessa sentenza, il tribunale perugino parla senza mezzi termini di ‘Depistaggio’ e ricostruisce tutti i tasselli del puzzle. Perché il gip di Roma non ha il coraggio di proseguire su quella pista indicata da Perugia, interrogare i depistatori e arrivare a un processo, anche se con 40 anni di ritardo?
Meglio tardi che mai.
E, soprattutto, meglio una luce di tanto in tanto rispetto al buio nero come la pece di questi decenni.
LINK VOCE
DEPISTAGGIO BORSELLINO / LE RESPONSABILITA’ POLITICHE E ISTITUZIONALI
STRAGI FALCONE E BORSELLINO / “MAFIA E APPALTI” IL MOVENTE. ALTRO CHE TRATTATIVA !
IL DOSSIER “MAFIA-APPALTI” / PERCHE’ E’ STATA INSABBIATA LA VERA PISTA DELLE STRAGI FALCONE E BORSELLINO?
PAOLO BORSELLINO E ILARIA ALPI / IL DEPISTAGGIO DI STATO CONTINUA
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