Giornalisti minacciati & censurati. Dalle mafie o dai colletti bianchi, con aggressioni fisiche, intimidazioni oppure per “via giudiziaria”. I numeri sono in continua crescita e lì a testimoniare che in Italia, oggi, il diritto all’informazione – pilastro per ogni democrazia – è seriamente messo in pericolo, spesso e volentieri nel più totale silenzio istituzionale e mediatico.
La denuncia emerge con forza dalla due giorni su “La censura in maschera. Come individuarla, riconoscerla e combatterla” promossa da “Ossigeno per l’Informazione” alla Biblioteca centrale nazionale di Roma, in collaborazione con l’“European center for press e media freedom” di Lipsia, l’Ordine nazionale dei giornalisti e l’Associazione stampa romana. “Non rituali e non formali i messaggi di apprezzamento arrivati dal Capo dello Stato e dai presidenti di Camera e Senato – sottolinea il direttore e vera anima di Ossigeno, Alberto Spampinato, fratello di Giovanni, il giornalista ucciso dalla mafia – per l’azione svolta dalla nostra associazione: un lavoro controcorrente, fatto per portare alla luce quell’Italia in cui centinaia di giornalisti subiscono minacce, intimidazioni, querele pretestuose e altri abusi senza che la politica e i media dedichino attenzione, senza che coloro che ricevono informazioni mutilate e censurate se ne rendano conto e reagiscano”. “Per questo – aggiunge Spampinato – è necessario formare nelle scuole e nelle redazioni degli osservatori in grado di riconoscere queste subdole violazioni della libertà di stampa e di considerarle per quel che sono: violazioni di un diritto umano inviolabile”.
Altissima la partecipazione di giornalisti e studenti, oltre 900, che hanno potuto rendersi conto in modo concreto di come si svolga l’attività di monitoraggio effettuata dall’associazione, in particolare attraverso il “Rilevatore della Censura di Ossigeno”, un metodo attraverso il quale è possibile testare il grado di censura spesso e volentieri, appunto, mascherata, verificare le “violazioni che a occhio nudo non si riescono a vedere. Un meticoloso lavoro che ha consentito, nel corso degli anni, di compilare “un elenco di oltre 2.600 nomi di operatori dell’informazione – commenta Spampinato – che hanno subito intimidazioni e minacce in Italia dal 2006 (quando nasce Ossigeno, ndr) ad oggi, un elenco incontestato, più volte validato dalla Commissione Parlamentare Antimafia”. Commissione che, nel suo ultimo rapporto annuale, ha dedicato ampio spazio alle minacce di stampo mafioso contro i giornalisti: notizie di grande interesse ma incredibilmente oscurate dagli stessi media!
“Per affrontare il problema della censura mascherata – osserva Giuseppe Federico Mennella, segretario di Ossigeno e docente di deontologia della professione giornalistica – occorre parlarne, diventarne consapevoli, scriverne: tutto ciò deve diventare patrimonio culturale e arrivare ai cittadini. Ma il compito è soprattutto di noi giornalisti: non dobbiamo aspettare che la risposta arrivi da altri, dalla politica ad esempio, che pure potrebbe fare molto di più”. Mennella punta l’indice contro i veri nemici dell’informazione e di chi lotta sul campo: i Poteri: “Non i poteri forti né quelli deviati: i Poteri, in senso politico, economico, finanziario o della stessa magistratura”
Da Jane Whyatt, per anni docente di giornalismo in Inghilterra e ora project manager del centro di Lipsia, una serie di informazioni – è il caso di dirlo – sugli attacchi all’informazione in alcuni paesi europei: dal caso della Grecia, dove per la diffamazione ci può essere anche la galera, a quello dell’Olanda, in cui chi offende i membri della famiglia reale rischia grosso; per passare poi all’Inghilterra, dove è di moda quel “diritto all’oblio” (di pretto stampo Ue) che fa spesso e volentieri capolino nelle ipotesi di nuova (e da mesi e mesi in eterna incubazione in Italia, senza che venga partorito un topolino) legge sulla diffamazione; fino alla Danimarca, dove esiste una particolare e ai più sconosciuta censura, che colpisce le notizie sul mondo della “salute” (censurato, ad esempio, un docu-film sugli effetti di alcuni vaccini). Per finire con una chicca: in alcuni paesi europei “la diffamazione – spiega Whyatt – è classificata come segreto di Stato ogni qualvolta si menzioni un’informazione militare, di sicurezza o di intelligence. In Germania per più di dieci anni Netzpolitik, un blog politico fondato da due giornalisti investigativi, ha sfidato questo processo per informare il pubblico e formare i legislatori. Nel 2015 i due sono stati accusati di alto tradimento. Ma è intervenuta la Corte più alta, e il ministro della Giustizia ha chiesto al pubblico ministero di dimettersi”.
Ley Mordaza, legge Bavaglio, invece, in Spagna, dove l’informazione vive momenti bui. Cifre e storie da brivido. “Dall’inizio della crisi economica nel 2008 – spiega Mario Garcia de Castro, docente di Informazione audiovisiva alla facoltà di Scienza delle Comunicazioni dell’Università Juan Carlos di Madrid – più di 11 mila giornalisti hanno perso il lavoro e più di cento media in Spagna hanno dovuto chiudere. La precarietà è oggi la caratteristica comune: il 67 per cento dei giornalisti ha vissuto una ERE (una sorta di precariato istituzionalizzato, chiamato “espediente per la regolarizzazione del lavoro”) nella propria azienda negli ultimi cinque anni e il 76 per cento una riduzione del salario. Il queste condizioni l’esercizio rigoroso della professione giornalistica è messo fortemente in discussione”. Approvata pochi mesi fa dal governo Rajoi, la Ley Mordaza è una vera minaccia – spiega de Castro – per il giornalismo critico e indipendente, oggi messo in gravissime difficoltà, prevedendo tra l’altro pesanti sanzioni pecuniarie per chi la infrange. E aggiunge: “In Italia un giornalista che scrive notizie sgradite viene minacciato, intimidito. In Spagna viene licenziato su due piedi e non trova altro lavoro. Questa è la differenza”. Braci & padelle.
Nella foto Alberto Spampinato
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